Riparatori e manutentori


di Achille Tagliaferri    
Farsi riparatori e manutentori di legami di senso, chinandoci sulle vite fragili e inquiete che cercano e ri-cercano quel senso del possibile
Sento il desiderio, quasi il dovere, sicuramente il piacere, di inserirmi nel dibattito in atto sulle Acli che vogliamo, che auspichiamo, che immaginiamo, e per le quali siamo coerentemente disposti a metterci o a stare in gioco.
E lo faccio, voglio precisarlo con vigore, sapendo che abbiamo una ‘dote’ di 70 anni di storia, di visi e volti, di parole e azioni, di grandi narrazioni collettive,impastata, questa dote, di volta in volta, in lontane periferie, in anonimi agglomerati, in rumorose fabbriche o in silenziosi luoghi domestici. E sapendo che la nostra storia non è sempre stata segnata da luminosità, ma a volte i segnali e le segnaletiche ci apparivano non ben distinguibili.
E ciò nonostante siamo qui; il primo atteggiamento da dismettere è quello di non usare unicamente lo specchietto retrovisore per incedere nel cammino.
Una prima riflessione verte sul fatto che, nell’oggi, e in particolare in questi ultimi due decenni, è notevolmente aumentata l’esposizione alla debolezza, singola e collettiva.
Due fattori, due capisaldi sono , in particolare stati “minati” il lavoro e l’economia.
Il lavoro è, da sempre stato vissuto , oltre che come fonte di sopravvivenza e, non raramente, fonte di” identità aggiuntiva” Il lavoro che non c’è ha aperto varchi di enormi sofferenze, soprattutto in quei gangli della società già di per sé esposta a crisi . le famiglie, i giovani, i pensionati.
L’economia si è disvelata in tutta la sua crudezza : il capitale di per sé tende ad autoaccumularsi in modo sfrenato e sfrontato. Il post-capitalismo e il neo- liberismo : effige molto lucida di vecchi briganti divenuti nuovi mercanti.
Non sono certo io a sapere/possedere soluzioni che solo si avvicinino alla certezza, ma proprio i camminamenti di questi miei anni mi inducono a dire che esiste una dote ampiamente consolidata che va semmai maggiormente presa in carico e collettivamente accompagnata, ma vi è l’urgenza di intuire e rischiare alcune nuove rotte.
E allora, nell’oggi, mi sembra che per le Acli , pur nel travaglio di ogni nuova fecondità, si presentano, con lucidità, alcuni scenari del tutto inediti:
  • L’attesa di un futuro, che peraltro è già presente, che è dentro le fratture; donne e uomini, giovani e vecchi che vivono il dramma dell’esclusione, le ferite lasciate da fratture relazionali, lavorative, di appartenenza a qualcosa e/o qualcuno. Già in questi anni abbiamo visto e vediamo, anche all’interno della nostra famiglia aclista, tanta solitudine, fatica, sofferenza, personale e collettiva. Le Acli sono state per tanti di noi una “buona promessa”; oggi tanti, forse troppi, pensano, anzi sentono, che le Acli non hanno mantenuto quella promessa. Da ciò la disaffezione, la stanchezza, rilevabile anche da numerose ritualità rese insignificanti dal non-senso; Ciò ha alimentato una cultura della sospettosità, un disagio tangibile tra le persone, il mormorio reciproco, lesivo della dignità; non perché non sia auspicabile il dissenso e la differenza di idee e comportamenti, ma perché viene agito in luoghi inappropriati; anche perché i luoghi/momenti/spazi più appropriati sono sviliti e depotenziati.
  • L’irriducibilità della vita associativa e relazionale (che per antonomasia è libera e gratuita) a progetti, ruoli, numeri, risultati, punteggio, in una sola parola l’aziendalizzazione di tutto l’universo associativo. Le Acli sono una unione di corpi diversi e diversificati vita sociale, relazioni, ma anche imprese, servizi. Si è vieppiù assistito ad una sorta di modificazione genetica della dirigenza aclista : sempre più proveniente dai Servizi, e con bassa esperienza associativa. E qui si apre il denso campo del volontariato, che va coniugato con la sussistenza delle persone.
  • Si stanno aprendo tanti “luoghi nascenti di comunità”; eravamo abituati a vivere comunità strutturate, localizzabili, con una targa ben leggibile (la Parrocchia, il partito, la scuola, la stessa famiglia, la fabbrica/luogo di lavoro) e invece ci troviamo, oltre che di fronte a pluri appartenenze, allo sfaldarsi dei luoghi, fisici e simbolici, dello stare insieme ( la “gente che felicemente conviene ed è lieta di vivere” di B. Brecht).Non viviamo più il piacere, il desiderio di stare insieme. Allora forse occorre sos-stare sull’uscio e ricomporre una forma pattizia nuova e inedita che dia senso allo stare insieme, a giocare, a lavorare, a pregare, a fare politica. E questo non avviene se non è vivificato, alimentato da una “ passione per…”A questo sfaldamento si aggiunga anche il modificarsi delle stesse condizioni fisiche: l’indebolirsi delle condizioni fisiche, psichiche e relazionali, richiama e rimanda ad una prossimità anche tra sconosciuti, ma che sappia sostenere non solo l’intervento di cura (la prestazione di un servizio) ma anche la ricerca di senso e la riabilitazione ad una nuova partecipazione (associativa, ecclesiale, politica, ecc.)
  • Uno sguardo acuto, sensibile ed anche un po’ raffinato a tante fioriture finora impreviste; Tanti, ma proprio tanti aclisti, dal centro alle periferie più sperdute (nazionali ed internazionali) si aspettano ( e, direi io, giustamente esigono ) questa attenzione non solo ai numeri, ma alle loro fatiche, ai desideri. Ritorna qui il quasi obsoleto “i care” mi tocca, mi riguarda, mi interessa. Se una persona vive un disagio, magari inesprimibile, perché non è permesso, non posso non pormi io il problema sul cosa abbia generato quella condizione. Le fioriture impreviste sono i nuovi cittadini, gli immigrati con tutto il portato di saperi capacità e competenze ma anche voglia di prendere parte, gioiosità di appartenere. E per fare questo, è innegabile, servono, oltre che nuove sensibilità, nuove capacità e competenze. LE “Acli, scuola di formazione popolare” sono proprio questo. Una formazione che sia, nel contempo cura della persona in contesti organizzativi e associativi. Forse occorre rivedere il nostro modo di fare e diffondere cultura, il fare formazione per i giovani ma anche per i Quadri e Dirigenti…
  • Non è pensabile e/o auspicabile una nuova figura per il nostro mondo associativo: “l’ agente di sviluppo di comunità” ove il cuore, il centrocampo del gioco è la Comunità, sono le mille e mille comunità sparse in luoghi sperduti; Comunità di donne e uomini con cui è possibile stringere una forma pattizia particolare… “le Acli sono in questo territori, e vogliono essere qui con voi perché…..
Tanto,   davvero tanto altro vorrei dire ed esprimere ma chiudo con quello che sarebbe dovuto essere un incipit: lo smarrimento che è avvenuto, che vedo e sento, della Parola di Dio, la sola che porta a quella radicalità evangelica che appartiene alle Acli; per queste Acli io personalmente sarei il primo a voler seminare e praticare la “buona coltivazione”. E mi darei il tempo dell’attesa, perché i frutti ci saranno; Poco importa chi li raccoglierà.

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