Ogni generazione è un nuovo popolo


di Santino Scirè 
Ogni tempo come ogni era o periodo storico lascia inevitabilmente dei segni.
Così, ritengo sia doveroso per noi Aclisti interrogarci su cosa lasciamo a chi verrà dopo di noi.
L’indifferenza, l’individualismo, l’interesse personale contrapposto al bene comune e alla coesione del tessuto sociale sono senz’altro i principali mali di questo nostro tempo e questi temi si associano quasi naturalmente al personalismo, alla competizione esasperata e alla ricerca del successo.
Come uomini e come donne delle Acli, occorre attuare una profonda analisi introspettiva, lavorando su noi stessi e puntando al cambiamento affinchè i significati di cui si è rivestita negli ultimi decenni la società tornino ad essere, anziché privilegio e convenienza, prima di tutto e soprattutto servizio reso alla comunità, impegno profuso per la polis e per il suo benessere, atto d’amore verso l’altro, che sono i principi da cui muove il nostro essere.
A 150 anni dall’Unità d’Italia penso che c’è bisogno di un nuovo Risorgimento, che aggiorni culturalmente e politicamente il Paese e gli consenta di darsi obiettivi forti e condivisi da perseguire concretamente sul piano politico, economico e sociale per la propria rinascita. La nostra è un’epoca difficile ed esigente, che richiede coraggio e dedizione, e proprio per questo rappresenta una sfida entusiasmante, che va vinta per noi e per le future generazioni.
Dobbiamo pensare ad attivare un programma politico di costruzione della resilienza per le nostre Acli, il che vuol dire investire sempre più sull’autosufficienza e autorganizzazione della nostra comunità Associativa, insomma garantire a tutti i territori il necessario per mantenere un livello di vita associativa dignitoso e abbandonare i progetti inutili e gli sprechi assurdi, perché con questo si fa crescita e sviluppo.
È proprio sul modello di sviluppo che queste nostre Acli possono e devono indicare la via del cambiamento e diventare la punta avanzata nella revisione del precedente.
Alle Acli serviamo semplicemente noi. Gli Aclisti. Gli Aclisti che operano per le Acli e per il bene comune.
Siamo noi che facciamo la politica e la storia di questa associazione, e niente ci fa esimere dalla nostra responsabilità. 
Questo compito, faticoso e meraviglioso insieme, appartiene soprattutto ai giovani delle Acli e alle nuove generazioni: introdurre, con la loro carica ideale e senza farsi travolgere dalla disillusione, elementi di mutamento nella società, ispirati dalla passione per la vita associativa e per la comunità geografica e umana a cui apparteniamo.
Il tema della responsabilità sociale costituisce, inevitabilmente, una delle tematiche che particolarmente mi sta a cuore, e lavorare con progettualità volte al bene comune, rappresenta il valore aggiunto del nostro“intendere e fare le Acli”.
Mi sento, quindi, chiamato dall’invito di Papa Francesco nell’ultima Enciclica Laudato sìa reagire contro la «perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile».Per questo pongo l’attenzione sull’esercizio della nostra responsabilità anche e soprattutto nei confronti delle nuove generazioni e delle famiglie perché le vulnerabilità e il disorientamento di oggi, non voglio che rappresentino le premesse del domani.
E se vogliamo che le idee diventino città, allora è necessario reinventare le parole della politica perché si realizzi un territorio ricco di capitale sociale, che è dato dall’insieme delle relazioni che si attivano tra la pubblica amministrazione, le imprese, le organizzazioni di rappresentanza e la società civile, e dove la fiducia, la comprensione reciproca e i valori condivisi colleghino gli attori della comunità in una rete che rende possibile la cooperazione e la gestione delle relazioni tra i soggetti che devono confrontarsi in modo costruttivo e pensare ad un interesse che può diventare comune, capace di far convivere economia, ambiente e rispetto per la persona.
Un sistema con la famiglia al centro. Il modello di sviluppo che mi auspico, prevede un cambio di rotta. Bisogna spostare l’attenzione dal profitto alla persona e al bene comune. Occorre tornare a percepire il lavoro come un valore, e in questa logica le Acli dovrebbero essere prese come modello di sviluppo esercitando quel ruolo fondamentale di collante che è la ragione prima della nostra esistenza.
Penso a quanto siano attuali le parole di Amintore Fanfani nel suo intervento del 1947 all’Assemblea costituente: “…dicendo che la Repubblica è fondata sul lavoro si esclude che possa fondarsi sul privilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulla fatica altrui e si afferma invece che si fonda sul dovere, che è anche diritto a un tempo per ogni uomo, di trovare nel suo sforzo libero la sua capacità di essere e di contribuire al bene della comunità nazionale”.
Questo deve essere l’approccio con cui guardare al domani, per tutte quelle categorie che mi impegno e ci impegniamo a rappresentare.
Dunque, rimpiangere il passato è illogico oltre che inutile. Ogni tempo ha le proprie istituzioni e i propri ordinamenti, di cui nel migliore dei casi si può dire che siano adeguati e confacenti alle necessità del momento storico nel quale sono stati creati. E questo tempo ha bisogno di noi.
Alexis de Tocqueville sosteneva che “nei Paesi democratici, ogni generazione è un nuovo popolo” ed ogni popolo ha il diritto e la responsabilità di sviluppare gli strumenti migliori per rispondere alle mutate condizioni e ai mutati bisogni della propria epoca, preservando i contenuti validi del passato piuttosto che le forme anacronistiche.
Mi auguro davvero che con un lavoro di ricostruzione e rielaborazione interna le nuove generazioni possano guardare al futuro e trovare le condizioni ideali per governare questo cambiamento, perché penso a delle Acli non solo più giuste, ma più forti, più dinamiche, più coraggiose e più responsabili.
Guardando al futuro il mio pensiero di uomo, di aclista, di lavoratore e di padre vola alla prima cellula della società a cui instancabilmente dedichiamo il nostro impegno; la famiglia che difendiamo con forza, la famiglia che ci sta sempre a cuore e che deve stare sempre al centro del nostro operare, non solo perché è il centro degli affetti, ma perché è il luogo dove le persone si ritrovano, si rigenerano e si rifugiano.
Sono certo che insieme condividiamo la convinzione che alla stabilità della famiglia è legata la stessa qualità della condizione umana. Nella famiglia risiedono le preghiere più intime per un futuro migliore, e per questo non ci stanchiamo di interrogarci e impegnarci per fare più belle le nostre Acli.


Se non ha ciò di cui hai bisogno cambia

"Se non ha ciò di cui hai bisogno cambia. Partner. Negozio. Banca". Va bene che i rapporti non siano tutti eterni. Però che il cam...