Il rapporto con il dentro


È strano. 

Da un lato soffriamo l'impossibilità di uscire, dall'altra sembra che la casa sia stata invasa dal mondo...
Da un lato soffriamo l'isolamento, dall'altro patiamo l'impossibilità di ritagliarci qualche spazio di solitudine...
Non sarà uguale per tutti.
Dipende...da con chi si é, cosa si fa, che spazio si abita e con che livello di connessione.
Ma ho l'impressione che non sia solo il rapporto con il fuori da ridisegnare.
Anche il rapporto con il dentro e con l'idea stessa di casa é in trasformazione.

Quale è l'obiettivo del fare scuola in questo modo strano di oggi?



La riflessione che serve oggi alla scuola a me pare: quale è l'obiettivo del fare scuola in questo modo strano di oggi? 

- Far sentire la presenza di chi era nella nostra quotidianità e oggi non lo vediamo?
- Ricreare una situazione in qualche modo di gruppo?
- Far sentire ai ragazzi che sono pensati da altri adulti? - Tenere impegnata la testa?
- Riempire il vuoto? 
- Tenere in qualche modo caldo ciò che si era appreso?
- Completare il programma?
- Cogliere l'occasione per imparare cose nuove che prima non erano previste?
- Avere documentazione sufficiente per considerare concluso l'anno anche senza il numero dei giorni necessario?
- Raccogliere materiale per poter dare dei voti?
- Giustificare lo stipendio dei docenti?
- Fare esperienza che si può rischiare di sperimentare?
- Far vedere ai ragazzi che anche i docenti sanno studiare e imparare cose nuove?
...
I docenti che si sono fatti questo tipo di domande si stanno costruendo una personale composizione mixata di risposte...
Se io fossi il Ministero investirei su questo. 
Non riesci nemmeno a imparare (e a scegliere) gli strumenti se non capisci a cosa ti servono... 

Le linee delle nostre esperienze sono come le curve dei grafici di questi giorni...


Non stiamo vivendo tutti la stessa cosa. Le linee delle nostre esperienze sono come le curve dei grafici di questi giorni. Simili, ma sfasate temporalmente. 
C'è chi ancora lotta per accettare il cambio di scenario.
E fatica a crederci, a ciò che sta accadendo. 
C'è chi é ormai consapevole che tutto è cambiato.
Ma è ancora focalizzato sull'adattarsi alla libertà perduta.
C'è chi ha iniziato a metabolizzare. E sente crescere la paura. Fuori c'è il nemico invisibile. Restare dentro in fondo diventa rassicurante. 
C'è chi il mostro l'ha già visto in faccia, almeno un po'. Circondato da sirene e campane. E parenti, vicini, amici che non ci sono più. 
C'è chi se lo porta addosso. Senza sintomi o stando male. E il timore diventa paura. L'isolamento diventa solitudine. 
C'è chi, per errore, ogni tanto si sporge a guardare al futuro. E si spaventa, sia pensando a sé, che pensando al tutto. 
Non stiamo vivendo tutti la stessa fase.
Né tutti reagiamo allo stesso modo.
In trincea si piange, si vomita, si inventano barzellette...
Al di là del modo con cui lo esprimiamo e della fase in cui siamo, tutti stiamo facendo fatica.
Può essere che i canti, le luci, gli striscioni... abbiano senso per alcuni e non per altri. Non importa.
É la fatica di vivere questo tempo ciò che ci accomuna.
E ci accomuna tutti. È la vulnerabilità che fa comunità.

Stamattina siamo andati a New York


Stamattina siamo andati a New York. 
Usando la mappa abbiamo girato per il museo. 
Giovanni: perché non l'abbiamo mai fatto prima?
Pietro: prima o poi ci dobbiamo andare davvero.

MET Metropolitan Museum New York (mappa per orientarsi e link per visitare)

Un passo alla volta


Considero valore il fatto che tutti ci si stia provando, a sperimentare nuovi terreni e nuovi modi. 
Auspico però che finisca presto questa prima fase (fisiologica) un po' troppo da ansia di prestazione e da bisogno di riempire tutto di tutti.
Non c'è bisogno di andare a mille, pure dentro casa, per dimostrare a tutti che non ci siamo fermati, anche fermandoci.
Di fare sentire a tutti la vicinanza, forse per contrastare il timore di sparire dalle loro vite. 
Fare tutto da dentro, come se si fosse fuori, non si può.
Fare tutto in contemporanea, non si può.
Fare scuola da casa, meglio che se fosse a scuola, non si può.
Ma non ci é nemmeno chiesto. 
Si fa ciò che é importante, per chi é per noi importante (vicino o lontano che sia fisicamente).
E si cerca di fare ciò che si può, nella situazione in cui siamo, rispetto a ciò che é nostro compito.
Alzando il livello di attenzione all'altro.
Ed abbassando il livello di attesa sul risultato.
Per il momento. 
Un passo alla volta.

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