In principio venne la Thatcher



di Stefano Barbagallo (Acli Como)
In principio venne la signora Thatcher; alla base di tutte le ricette ultra-liberiste, della ritirata dalla gestione da parte dello Stato delle attività economiche e sociali stava un presupposto preciso: tra l’individuo e lo Stato non c’è nulla.
Di fatto è ancora lo stesso assunto che anima l’agire dei nostri principali leader politici del momento, da Renzi, a Grillo e Salvini, tutti in qualche modo continuatori del ventennio berlusconiano: non conta avere un partito di circoli e militanti alle spalle, non occorre impegnarsi a confrontarsi con l’opinione pubblica organizzata, con le associazioni o le organizzazioni di categoria, non si maturano le scelte e le decisioni attraverso il dialogo e la relazione con i portatori di interesse.
Quello che importa è avere le slide da mostrare in televisione, fare in modo che questa parli sempre dei leader e, al limite, mettere in scena una parvenza di partecipazione democratica, si tratti di primarie o di fantomatiche consultazioni on line.
Questa è la domanda più importante: l’organizzarsi dei cittadini in associazioni e gruppi, il fare in modo che persone e famiglie possano in qualche modo avere voce in capitolo nelle scelte e nei comportamenti che determinano la qualità e il senso della loro vita, è ancora vitale oppure è solo un residuo di un passato da lasciarci alle spalle?
Posta cosi’ la questione, per le ACLI la risposta è obbligata: tutta la nostra storia, a cominciare dall’intuizione originale di Achille Grandi, ci muovono verso l’idea che la società civile si costruisce sulle relazioni che le persone, da sole o in gruppi grandi e piccoli, liberamente intrecciano fra di loro, e che la società politica deve avere a cuore e coltivare questo tessuto connettivo indispensabile.
Le ACLI dovrebbero ritornare continuamente a questa consapevolezza, riconoscendo che oggi professionalità e servizi sono indispensabili per dare risposte concrete ai bisogni della società, che la comunità può essere ri-costruita proprio a partire da iniziative che rendano le persone più aperte alla solidarietà, più consapevoli delle proprie scelte e possibilità, più attrezzate a leggere insieme i bisogni e trovare le risorse per soddisfarli.
Si tratta perciò di fare una forte leva sulle esperienze diverse e nuove di servizi e attività sociali delle ACLI, da quelle più tradizionali a quelle più innovative, facendo in modo di coinvolgere nella progettazione e realizzazione del lavoro tutti i soggetti possibili: gli utenti, i militanti e i circoli del territorio, le altre realtà aggregate, i vari portatori di interesse.
L’obiettivo comune dovrebbe essere non la semplice salvaguardia dei posti di lavoro, ma l’essere parte attiva di una comunità che si costruisce nella prossimità ed è in grado di farsi carico del benessere di tutti.
Mi conforta il poter constatare, proprio nella terra della signora Thatcher, nella quale abito da due anni, come questa organizzazione sociale “dal basso” sia molto più viva e vitale rispetto all’Italia: certo molto dipende dalla diversa storia e tradizione culturale, ma indubbiamente sta a dimostrare che, in condizioni economico-politiche tutto sommato simili, “più società” è possibile.

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