Il futuro non esiste, va creato



di Matteo Bracciali – Coordinatore Nazionale Giovani delle ACLI
Quale futuro vogliamo per il nostro Paese?
Se non rispondiamo a questa domanda, tutto quello che abbiamo pensato sul futuro della nostra associazione e’assolutamente inutile, autoreferenziale, passatista. Ma non perche’ ci sia qualcosa di male in quello che siamo stati, anzi. Ma perche’ non piu’ riproducibile.
L’esempio piu’ calzante e’ proprio la nostra unita’ di base, il circolo. 50 anni fa, era la risposta a due domande: aggregazione, in un tempo in cui era l’unico luogo di incontro della comunita’, e tutela, quando la chiave valoriale che rappresentiamo era sufficiente per generare appartenenza.
Penso che ancora oggi quel modello tradizionale sia strategico, ma il presente lo ha superato; su come sia cambiata l’aggregazione non mi dilungo, ma e’ evidente che non siano piu’ solo i luoghi fisici quelli da presidiare in modo capillare. Sulla tutela e sull’appartenenza mi fermo un attimo: la tutela diventa soluzione del bisogno materiale di una persona (purtroppo sempre piu’ spesso solo questo) e la nostra base valoriale diventa fondamento per la scelta del bisogno e della soluzione. Su questo abbiamo una grande opportunita’ per ricostruire appartenenza.
Siamo riconosciuti dalle nostre comunita’ nella misura in cui riusciamo ad incidere nella quotidianita’ della vita delle persone. E diventiamo riferimento politico non per la C o per la L del nostro acronimo, ma per la capacita’ di incarnare i nostri carismi in risposte concrete, misurabili e a tempo alle necessita’ del nostro tempo.
Il futuro sara’ sempre piu’ dematerializzazione dei rapporti e il nostro carisma sui servizi di comunita’ e di sostegno potrebbe avere una chiave di sviluppo molto interessante: riuscire a tenere insieme la modalita’ online per la costruzione di reti di relazione e quella offline per l’offerta di servizi che saranno sempre piu’ ad alto impatto sociale, come la cura di chi rimane solo, il sostegno alle dinamiche familiari sempre piu’ flessibili (o precarie, per verita’) e l’orientamento alle opportunita’.
Questo non significa perdere politicita’, tutt’altro. Ma non possiamo pensare di esprimerla solo dentro agli organi dell’associazione. I partiti, proprio per l’incapacita’ di tenere insieme idea/azione non esisteranno piu’ tra qualche tempo, per essere sostituiti da contenitori di individui anzi, di individualita’. Il nostro ruolo sara’ determinante nella promozione di una societa’ solidale, giusta ed accogliente se saremo capaci a rendere coerente sempre di piu’ la nostra azione sociale e la nostra capacita’ di elaborazione politica. Mi soffermo un attimo su questo punto.
Siamo dotati di una rete territoriale formidabile fatta di persone che non solo vivono l’associazione, ma sono opinion leader locali che possono costruire, per un pezzetto, reti e visibilita’. Abbiamo competenze e strumenti per essere protagonisti del mainstream di questo Paese, ma siamo troppo tradizionali nella costruzione delle campagne di opinione che promuoviamo. Ed il rischio e’ molto alto: quello di non essere piu’ un movimento popolare, ma identificato come una elite culturale, aggrappata al proprio passato, lontana dal dibattito pubblico.
Piu’ orizzontali, piu’ semplici, piu’ ACLI. A queste sfide si risponde con una rivoluzione organizzativa. Abbiamo bisogno di un soggetto economico e politico territoriale di riferimento che abbia capacita’ di lettura del contesto, elaborazione di soluzioni, gestione dei servizi erogati. Autonomo, ma accompagnato dal livello nazionale per evitare derive che la nostra associazione purtroppo ha gia’ vissuto. Abbiamo bisogno un organo di governance nazionale formato e snello in grado di dare indirizzi nei tempi di vita delle persone e non piu’ nei tempi delle ACLI. Abbiamo bisogno di persone che si appassionino alle nostre scelte, che sottoscrivano i nostri appelli, che partecipino alle nostre campagne d’opinione. C’e’ bisogno di piu’ societa’ e noi siamo la risposta. Perche’ il futuro non esiste, va creato.

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