La cresima


"Quanto più riuscirete ad essere docili allo Spirito, tanto più la vostra vita sarà felice e piena di gioia". ❤
26.11.22 Cresima di Pietro

La giacca del judoji

Madre: ricordati che oggi devi dare la giacca del judoji nuova alla maestra, per mettere il backnumber. Tu intanto metti quella vecchia a lezione.
Figlio: non posso mettere quella nuova a lezione e dargliela dopo?
Madre: no, se no gliela dai tutta sudata...
Figlio: la maestra ha detto di darla pulita, non ha detto di non darla sudata...

Venire, come in un luogo sacro

Venire, come in un luogo sacro, conosciuto da sempre e che tanto ha scavato nella mia vita e nella storia di molti.

Il priore era obbediente


Il priore era obbediente.
Ma esiste l'obbedienza passiva.
Ed esiste l'obbedienza attiva.
Nell'obbedienza passiva tu stai nei luoghi in cui stai (da cittadino, ma anche nell'associazione, nel partito, nella chiesa...) senza approfondire nulla. Votando quello che ti dicono di votare. Seguendo.
L'obbedienza passiva è la premessa per la dittatura.
Nell'obbedienza attiva tu studi, approfondisci, ragioni.
Sai cosa ti ha portato ad essere parte di dove sei (paese, associazione, partito, chiesa...). Sai cosa cerchi in quella esperienza. Dici ciò che pensi e che, dopo averci pensato, ritieni giusto. Se serve lo dici anche "riprendendo" i tuoi superiori e pagando il costo in prima persona.
Gli obbedienti attivi sono rompiscatole.
Il priore era un rompiscatole.

Spiegare Barbiana ai figli


Ieri sera a cena spiegavo ai miei figli dove sarei stata oggi e perché. Facendolo mi sono resa conto che dire Barbiana, don Milani, Lettera a Pipetta, lettere ad una professoressa, scuola popolare, l'obbedienza non è più una virtù, sortirne insieme è politica, i care, parti uguali tra disuguali... Ognuna di queste parole apre mondi di ricordi e riflessioni, in me e in molti della mia generazione. Ma non dice esattamente nulla a loro.
Cosa vuol dire venire a Barbiana con un gruppo di ragazzi in servizio civile?
Con loro, come con i miei figli, c'è bisogno di riempire le parole di significato, senza dar nulla per scontato.
Ma alla fine, attraverso la scuola, don Milani aveva un solo obiettivo: formare persone, dare loro strumenti ed opportunità, perché possano essere persone libere, perché sappiano accorgersi delle ingiustizie e mettere il proprio sapere a servizio di tutti (come scelta di giustizia e restituzione, non come generosità e beneficenza), perché siano pienamente cittadini (del loro Paese e del mondo), perché siano rivoluzionari di una rivoluzione nonviolenta e non immediata, perché riconoscano che nulla di questo può essere fatto da soli.
A 50 anni dalla legge che riconosce la possibilità di obiezione di coscienza al servizio militare (e che quindi istituisce il servizio civile) venire a Barbiana vuol dire riconoscere che, per noi, l'anno di servizio civile dovrebbe essere qualcosa che si tende in quella direzione.
Dopo anni che come Acli accogliamo ragazzi in servizio civile, venire qui assieme ai ragazzi, credo voglia dire anche interrogarci su cosa possiamo fare, per andare maggiormente in quel senso.

Si avvicinava a tutti senza alcun tipo di pregiudizio

"Si avvicinava a tutti senza alcun tipo di pregiudizio. E per questo riusciva a vedere nelle persone cose che noi non vediamo".
É una di quelle qualità che rendono una persona davvero preziosa.
Ci pensavo, ieri, a questa generazione di donne intelligenti, sapienti e forti, che hanno incontrato i mariti nell'impegno sociale ma che, come era ovvio a quei tempi, in quell'impegno non sono state valorizzate quanto loro.
Se ci penso dal punto di vista associativo, vedo che abbiamo perso tanto, tantissimo.
Se ci penso dal punto di vista familiare, di parrocchia, di quartiere, di comunità...vedo che spesso quella non valorizzazione di vertice non è restata uno spreco. Ha permesso un enorme rovesciamento di energie alla base.
Certo, la divisione uomo/donna altezza/base non ha senso ed oggi é impossibile non vederlo. Ma le comunità non stanno assieme solo con le altezze. E la cura delle relazioni orizzontali, più prossime, nei luoghi, non richiede meno intelligenza, sapienza, forza...
Non so se l'uscita è l'alternanza differenziata tra uomo e donna. Non so se é una diversa divisione di tempi di vita e lavoro (ed impegno sociale e politico), la nostra generazione di donne é già altro da loro, e ancora diverse sono le generazioni successive.
...per ora mi soffermo sul sentire che quella generazione di donne ha fatto il Paese e noi per come siamo. E mi sento grata.

Diano


La fotocamera non mi funziona più, per cui devo accontentarmi di foto altrui recuperate, mentre tutte quelle che "ho visto" mi sono restate negli occhi. 70 persone ad aspettare un pullman. La fila per registrarsi in una casa ornata di bandiere. Le foto di Vezza, appese ovunque. La bandiera Ucraina, quella con le firme. Lo striscione pace, lavoro, dignità, quello della manifestazione. I gruppi di lavoro. Il tavolo con i cioccolatini. I cartelloni con le scritte. La mostra sul tema dell'identità nei migrare che ti riporta subito a Bruxelles. I figli piccoli che gattonano in corridoio. I padri, che si alternano alle madri nella cura. Il tavolo dei giovani. La riunione di circolo anche nella pausa. E i volti...Quello che non ti conoscevi, ma hai cantato assieme "il disertore" l'altra settimana. Quello che fa la guida ovunque. Quello che é nuovo ma é venuto perché è curioso. Quelli che sono ragazzi e raccontano come fosse nulla della musica strumento di riabilitazione. Quello che dice che gli sono tornate domande e progetti e si chiede se é giusto, vista l'età. Quelli che c'erano anche in pezzi di vita precedenti...
Ci sono tante suggestioni e tante piste di lavoro che riporto. Ma le principali sono 3, credo:
- la necessità di proseguire (e incrementare) la riflessione sulla pace. Senza timore di far emergere i diversi punti di vista, e andando, tutti, più a fondo.
- la sensazione netta di vedere che alcune cose di oggi sono il punto di sviluppo di cose iniziate (anche da altri) anni fa.
- 130 persone che impegnano 3 giorni gratuitamente in riflessione, preghiera, studio ed approfondimento. Sono davvero una cosa preziosa. Che chiede una responsabilità di cura.

In quale carta intravedi il tuo sogno?

In quale carta intravedi il tuo sogno?
Come vorresti fossero "le tue Acli" tra 5 /10 anni?
Cosa serve al tuo sogno per avverarsi?

Marcinelle




Visitare Marcinelle e approfondire la sua storia nel 2022, con ciò che sta accadendo in questi giorni in Italia, è un po' spaesante.

Lavoro, sicurezza, migrazioni, accordi tra Stati e ricadute sulla vita delle persone. Distanza tra attese pre partenza e realtà d'arrivo. Integrazione che poi avviene comunque, a prescindere da tutto, ma il costo è troppo alto.


Per una pace integrale - Emiliano Manfredonia


Per una Pace integrale
Questa piazza è la voce della Pace.
La guerra è il male che ricorre nella storia e ci corrode.
Da quando la Russia si è assunta la responsabilità di invadere un paese sovrano, l’Ucraina e innescare la spirale di odio e di violenza, siamo stati tutti inghiottiti dal senso di impotenza e smarrimento.
Ma non è mai venuta meno la nostra vicinanza e il sostegno al popolo ucraino, per chi è morto sotto le bombe, per chi fugge con la sola disperazione, per chi resiste nella propria terra.
Non siamo stati sul divano di casa a tweettare e criticare chi parlava di Pace.
Siamo andati in Ucraina e siamo stati il volto della solidarietà, della vicinanza, dell’amicizia. Siamo stati l’unica speranza a cui aggrapparsi nel momento del terrore.
Tanti, difronte a questo dolore hanno aperto le proprie case all’accoglienza
Rifiutiamo la logica della guerra. Questa piazza si rifiuta di credere che la soluzione del conflitto sia la guerra!

Mirsada - Pace Ora - Lorenzo Cantù

Dal Diario di Lorenzo Cantù.

Introduzione di Giambattista Armelloni e Gianni Bottalico: Era l’estate 1993. La guerra nella ex-Jugoslavia infuriava creando morte e miseria. Sarebbe una semplificazione affermare che dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale e con l’istituzione della Comunità Europea, la pace abbia regnato nel vecchio continente. A poche centinaia di chilometri dai nostri confini le cose sono andate tutt’altro che in questo modo, spesso nell’indifferenza del ceto politico e di coloro che ben altro avrebbero potuto fare per evitare la degenerazione del conflitto. In tale contesto prende piede l’idea di una “marcia pacifica di interposizione” (MIR SADA, pace subito) per richiamare ai governanti, ai media e all’opinione pubblica la gravità della situazione e l’importanza di interventi pacificatori: la presenza di tanta gente, di tanti giovani, per far risuonare un chiaro e deciso no alla guerra. Si potrebbe senz’altro parlare di “diplomazia popolare”: laddove i passi ufficiali sembravano bloccati, toccava alla gente dare voce al desiderio di pace di intere nazioni. Una diplomazia popolare che che magari non sarebbe stata in grado di raggiungere obiettivi grandissimi, ma che per molti aspetti appariva come l’unica via– quella appunto della testimonianza – per uscire dallo stallo e fare qualche passo avanti.

Contributo di Giovanni Bianchi: Sarajevo doveva essere la meta finale di un inedito pellegrinaggio di pace. La spinta e la lezione? Quelle suggerite da Martini: “mettersi in mezzo”. Leggere gli uomini invece che i libri. Rischiare la vita là dove altri la rischiano. Faticare con chi fatica. È un atteggiamento propedeutico alla Speranza, che non ha nulla da spartire né con l’ottimismo delle ideologie né con quello delle psicologie.

Contributo di Tommaso Vitale: La politica era velleitaria, autoreferenziale, ripiegata su sé stessa, disattenta a ciò che accadeva fuori dalle frontiere nazionali. La società civile, e il mondo variegato dell’impegno pacifista, non erano velleitari, ma navigavano a vista. Ad ogni modo, nel mondo molteplice dell’impegno per la pace si discuteva apertamente di velleitarismo. Un’etica delle conseguenze, tutta politica, rimaneva forte. C’era tanta testimonianza, tanta ricerca di “coerenza”, ma anche un’enorme urgenza per ottenere cambiamenti palpabili. (...) Sapevamo la nostra inadeguatezza. Cercavamo di percorrere delle strade, non avevamo alcuna bussola per capire se eravamo sulla buona strada. La marcia per la pace Mir Sada è stata parte di questo travaglio. (...)  Era già successo tutto, sul piano sociale. I tempi di vita di lavoratori atipici e le carriere de-standardizzate erano già diventati terribili, affaticando le persone nel profondo. Se ne erano accorti i lavoratori, e chi come Lorenzo ascoltava quotidianamente i lavoratori. Tardavano ad accorgersene le scienze sociali, latitavano i giornalisti. Molte delle esperienze di azione collettiva avevano già perso credibilità, e l’etica veniva sempre più considerata dai cittadini ordinari come un campo per scelte individuali di consumo. Mettersi insieme per fare solidarietà con una pretesa politica non era un comportamento automatico: non lo era mai stato, e in quegli anni agli ideologi faciloni cominciava a sembrare anacronistico. Una cosa come una guerra, poi, con i suoi opachi intrecci di interessi, decisioni, azioni incontrollabili e controllo ferreo delle situazioni faceva tremare la terra sotto i piedi. Cosa fare? Su quale formula provare a influenzare i decisori? Troppo difficile, i più ripiegavano su una delega generica, un onesto stare a galla dichiarando contrarietà morale e impasse politico.

Quando alle Acli pensammo che era arrivato il momento di testimoniare con i nostri corpi una priorità per la pace subito, pensavamo alle tre fedeltà che gli aclisti negli anni hanno cercato di mantenere. Quel periodo ce ne ribadì la necessità. Un’idea alta di politica, luogo democratico di partecipazione in cui contribuire a indirizzare lo sviluppo, correggendo le strutture e i fallimenti dei mercati, con il grande obiettivo di ridurre il linguaggio delle armi, fidandosi del potere di altri mezzi, nonviolenti. La politica per costruire la pace chiede un forte coinvolgimento democratico, che solo una comunicazione diffusa può legittimare. E richiede che le intelligenze politiche e istituzionali si fidino dell’ascolto di piccoli e poveri. Senza scappare quando le cose diventano troppo, troppo difficili.

Il testo del Diario: Mir Sada.- Pace ora



I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...