I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini


I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nuclei (aggregazioni nei luoghi di lavoro) sono il luogo dell’attività pre-sindacale e para-sindacale, ma tutto il resto è in capo al circolo, tanto è vero che è per lo più il circolo a promuovere la nascita di un nucleo sul proprio territorio e che il segretario del nucleo fa parte di diritto della commissione del circolo e non viceversa.

Perché questa centralità del circolo? Quando le Acli nascono, le fabbriche sono uno spazio già occupato dal sindacato, per non entrare subito in rotta di collisione meglio prenderla da un’altra parte. Ma ci sono anche motivi più profondi e che segnano lo sviluppo anche successivo, del circolo.  Il circolo è sul territorio, in città, in paese. In uno spazio che va tra il campanile e la fabbrica. Il circolo rimanda ad un’idea di lavoratore che è prima di tutto persona, non funzione. Il circolo assegna, dalla nascita, lo spazio civico come orizzonte alle Acli. Lo fa già prima che l’ipotesi di sindacato unitario naufraghi e che ci si trovi a ridisegnarsi. 

Il primo Circolo nasce a Roma, 15 soci, a Valle Aurelia. Accanto al circolo sorge una cooperativa di consumo.  Il giornale dei lavoratori (primo organo di stampa aclista) registra l’apertura di un circolo a Molfetta (Bari) con un centro di assistenza profughi, prigionieri ed ex combattenti, un circolo a Frattamaggiore (Napoli) con la Befana per famiglie, 3 circoli a Taranto che organizzano corsi serali di taglio e cucito e avviano una cassa di risparmio. Il circolo di Jesi (Ancona) costituisce una filodrammatica di lavoratori e il circolo di Massa Marittima apre una palestra e una libreria circolante. La varietà e specificità di ogni storia di circolo è tratto distintivo dalla nascita, non una deformazione successiva. 

Il segretariato del popolo (esperienza mutuata dall’esperienza cattolico-sociale del periodo prefascista) è spesso la base di presenza solida sulla quale nasce, come logica conseguenza, il circolo di lavoratori. In una delle prime circolari del Patronato il segretariato del popolo viene definito “Punto di partenza e fulcro principale dell’azione sociale” con l’addetto sociale che agisce “Un rapporto umano, non solo tecnico o burocratico, che si sviluppa attorno ad una pratica”. Nel 2022 poi l’addetto sociale si trasforma in Promotore sociale, per andare a rappresentare, già dal nome, la consapevolezza di un ruolo che gli deriva da quello che sfocia nella riforma del Patronato da un lato (legge 152 del 30 marzo 2001) e dalla legge sulle associazioni di promozione sociale dall’altro (7 dicembre 2003 n. 383). 

Cosa vuol dire pensare?- Marianella Sclavi



Uno degli strumenti che ci viene rifilato più di frequente oggi è il sondaggio di opinione. La sanità, la riforma… chiamo individualmente un campione di persone e ad ognuno chiedo: cosa ne pensi? Ed ognuno risponde. L’esito del sondaggio è che il 36% pensa così, il 12% pensa cosà etc… e chi ha il potere (e tutti i cittadini) osservano quei numeri e dicono: vedi come pensa la gente? La gente pensa questo… 

Quello che ha fatto Fishken è prendere le stesse persone intervistate per un sondaggio di opinione, invitarle ad incontrarsi in un posto per un paio di giorni a discutere di quello stesso tema. Alla fine porre la stessa domanda. E il 70% aveva cambiato opinione. E Fishken questo non l’ha fatto una volta sola, l’ha fatto tantissime volte, in un’indagine scientifica sistematica e ormai assodata. 

Cosa vuol dire pensare? La risposta al sondaggio di opinione non è ciò che la gente pensa. E’ ciò che la gente risponde alla domanda. Pensare è un’altra cosa. Pensare vuol dire dialogare. Dialogare, in primo luogo, innanzitutto, con noi stessi. Pensare è mettere in dialogo varie voci dentro di noi. Dibattere. Il pensiero è dialogo. Il sondaggio di opinione non è pensiero. E’ un’altra cosa. Una cosa che se vogliamo può essere divertente, giocosa… in altri casi è di manipolazione… dipende, ma è cosa totalmente diversa dal rilevare ciò che le gente pensa… 

Se siamo consapevoli che tra opinione grezza e opinione informata c’è un abisso di differenza, perché la nostra Università, ad esempio, non produce sondaggi deliberativi? Magari anche solo per confrontare più spesso l’esito di un sondaggio deliberativo con l’esito di un sondaggio di opinione? Non lo facciamo perché siamo totalmente abituati all’idea individualista. All’idea per cui la società è la sommatoria degli individui. Ognuno è un’isola. Emozioni, pensieri, sono fatti suoi, individuali. Non serve altro che prendere le opinioni uno ad uno. Ma la società non è la sommatoria di individui. La società è l’esito di persone in relazione. 

Abbiamo una visione totalmente distorta di come funziona la società, l’autorità, il potere e la comunicazione. La dimostrazione è che la nostra democrazia è basata su assemblee modello 19° secolo.  Le nostre assemblee decisionali  sono tipicamente assemblee in cui c’è un chair person, un ordine del giorno, le persone sono sedute così, uno parla, un altro chiede la parola, il diritto al contraddittorio, il voto

Dentro una normale assemblea abbiamo un oratore e un pubblico. Uno parla e gli altri pensano: giusto, sbagliato, interessante, noioso… Uno parla e gli altri ascoltano in modo giudicante. Il fatto che siamo disposti in modo individuale di fronte all’ascolto stimola a questo (se foste riuniti in gruppi, mentre ascoltate, sarebbe già diverso). 

Il nostro sistema politico, il nostro senso della rappresentanza e della democrazia attuale dà per scontato che siamo una massa di individui. Lui vuole parlare? Deve alzare la mano. Alzare la mano in assemblea è proporsi come leader o porsi in rapporto al leader (conferma, disconferma). Si parla in relazione all’autorità e al potere. Non sul tema. Chi parla non può mettere in gioco la sua esperienza, di vita, di sapere, per dare un contributo al pensiero. Chi parla deve farlo posizionandosi, in appoggio o contro chi ha parlato prima. Questo rende il dialogo politico del tutto ideologico e strumentale. 

Quale può essere un modo di pensare ad una assemblea del 21° secolo? Si sono fatti esperimenti su questo. A New York è stato fatto con 3.000 persone. C’è un tema, c’è una provocazione inziale, ci sono i tavoli che discutono. Nei tavoli ci si premura di avere una presenza il più variegata possibile. Nei tavoli ognuno parla come persona. Ascolti gli altri, alla fine portiamo un esito alla plenaria e così via. Si chiama assemblea gruppale ed è il modo con cui puoi iniziare a fare interagire la gente nel 21° secolo. Una delle cose più importanti è avere la presenza di tutte le diversità, di tutte le posizioni e opinioni e saperi ed esperienze. Questa diversità trasportata in un contesto deliberativo porta ad una capacità di codecisione e coprogettazione molto più efficace. 

Macron nel 2019 ha convocato 150 cittadini per il clima. 150 cittadini hanno lavorato per 9 mesi per decidere come sia ad arrivare al 2030 a raggiungere una politica per il clima con i criteri stabiliti da Parigi nel 2015. Questa assemblea di 150 persone aveva persone diversissime… dalla badante al professore universitario, dalla ragazza di 16 anni alla persona anziana… Questa assemblea ha prodotto proposte su come gestire il cambiamento climatico estremamente avanzate. Poi non sono state prese sul serio dal Parlamento. Ma le proposte sono avanzate. La ragazza di 16 anni, intervistata, ha detto che da questa esperienza ha capito 3 cose: ha capito molte cose sul clima che prima non sapeva, ha imparato ad ascoltare, ha capito che esiste l’intelligenza collettiva.  

I desideri del contadino e la democrazia - Marianella Sclavi


Vi devo proporre una storiella che è  alla base di una democrazia partecipativa vera, che è democrazia deliberativa. 

C’è un povero contadino dei Caraibi, molto povero, molto pio, che tutte le mattine si alza e prega che Dio gli dia la serenità di affrontare la vita quotidiana. Una mattina sente la voce di Dio che gli dice: "Dimmi cosa vuoi e te lo concederò…" Il contadino, tutto emozionato, risponde: fammi chiedere alla mia famiglia. Tutto sconvolto va verso casa. Incontra la madre anziana, cieca, con il suo bastone: "Mamma, senti cosa è successo, la voce di Dio mi ha parlato...". La madre gli suggerisce: "Figlio mio, chiedi di ridarmi la vista, che io mi sento così a disagio, così a vostro carico…".In quel momento arriva la moglie ed il contadino la aggiorna. "Abbiamo deciso, con la mamma, che possiamo chiedere che riacquisti la vista…". La moglie, scocciata, lo prende in disparte e gli dice: "Non esiste. Hai un’occasione del genere e la sprechi così? Hai un'occasione e chiedi a Dio di ridare la vista ad una persona anziana, che comunque in un paio di anni muorirà… chiedi piuttosto un figlio, che ci darà gioia e poi si prenderà cura di noi, quando saremo vecchi". Le due donne iniziano a litigare dandosi reciprocamente delle egoiste. Il povero uomo le lascia, desolato, e va a trovare il vecchio saggio. "Guarda, una cosa meravigliosa si è trasformata in un incubo. Cosa chiedo? Se chiedo la vista per mia mamma, mia moglie non mi parla più, se chiedo il figlio come vuole mia moglie, dò una sofferenza a mia mamma nei suoi ultimi giorni… io poi, personalmente avrei chiesto un po’ di benessere economico…". Il vecchio saggio lo ascolta e gli dice: "Guarda, il tuo problema non è la scelta che devi fare. Il tuo problema è il tuo modo di pensare. Tua madre ha ragione a volere la vista, tua moglie ha ragione a volere un figlio, tu hai ragione a volere un minimo di benessere. Non pensare di dover scegliere tra chi ha torto e chi ha ragione. Assumi che avete ragione tutti e tre. Mettiti qui, riposati, domani mattina vedrai che verrà fuori una soluzione". 

Il povero contadino dormì e al mattino andò da Dio e gli disse: "So cosa voglio. Vorrei che mia madre, che è ormai anziana e cieca, potesse, prima di morire, vedere ed abbracciare un nipote, nostro figlio, sano e cresciuto come una ragazzo che non ha problemi di mangiare tutti i giorni"

Questa è una storiella molto importante, perché fa capire che uno dei cambiamenti fondamentali per passare dal nostro sistema di democrazia classica ad un sistema di democrazia deliberativa è il passaggio da un sistema o/o ad un sistema e/e. 

Come ragionava il contadino? Aveva varie alternative che si presentavano come incompatibili l'una con l'altra e rifletteva solo su quale è meglio e quale è peggio. Con questo tipo di ragionamento  non c’era soluzione soddisfacente. Perchè anche valutando tutti i pro e contro di ognuno, la soluzione era sempre deludente. Il contadino non si poneva la possibilità di ampliare le opzioni. Non se lo poneva, perché assumeva fosse impossibile, il passaggio da democrazia classica attuale a democrazia deliberativa e realmente partecipativa sta qui. 

Marianella Sclavi - All'Ottavo seminario nazionale di Pastorale Sociale "Al cuore della Partecipazione" - Assisi febbraio 2024. 


Come può essere un prof...


Sogna ragazzo sogna è stata scritta la notte prima di andare in pensione. L’ultimo giorno di scuola della terza liceo classico.
Sapevo che lasciavo i ragazzi per sempre, per me era una ferita. Non esiste l’università rispetto al liceo. Il liceo è umanità e i ragazzi sono uno diverso dall’altro, bisogna capirli uno diversamente dall’altro. Non si possono regimentare con ‘la legge è uguale per tutti’.
Quella notte mi è venuto questo raptus di scrivere la canzone e il giorno dopo ho detto ‘per la prima volta in vita mia vengo con la chitarra a scuola’.
Ho cantato questa canzone e i ragazzi si son commossi. Quel giorno lì è stato un giorno bellissimo della mia vita.
L’unica cosa che mi è dispiaciuta quasi subito è stata che essendo io un uomo, mi è venuta una canzone maschile e invece doveva comprendere anche le ragazze.
Anche se poi ho fatto 15 anni di università, non c’è stata più una giornata pari a quella. Il liceo è una cosa coinvolgente, bellissima. È un’avventura continua.
Del come è nata la canzone...


come può essere un prof...

Perchè Sanremo?


Perché Sanremo?
Perché in un'epoca in tutto è super frammentato a me piace che ci sia qualche snodo attorno al quale ci si ritrova, se non tutti, in tanti. Poi ognuno ci mette dentro ciò che vuole: divertimento, economia, lettura della società, musica, spettacolo, gossip, polemica, temi etc etc etc... Ma tutti questi discorsi, solitamente fili separati, in questo periodo si intrecciano in un punto, che diventa un luogo in cui ci si può incontrare...
L'intreccio é spesso caotico e lascia il senso di accostamento irrispettoso o di strumentalizzazione delle storie e delle emozioni? Si, certo. Ma é così che stiamo vivendo, oggi. Sanremo non crea il caos, lo rappresenta. Il punto è proprio come fare, nel caos, ad orientarsi e tirare fuori ricostruzioni di senso.
Da quando Amadeus ha fatto l'operazione di portare dentro tutti i generi musicali, é un momento che seguiamo tutti e 4 insieme, in famiglia. Fisicamente, almeno la serata cover e la finale, ma anche prima ci si informa, si commenta. Ed é interessante spiegarsi reciprocamente chi sono i vari cantanti e le loro storie. Non spiegare noi a loro. Ognuno all'altro. Perché ci sono cantanti che loro conoscono e noi no. E spiegarsi perché ci piace una cosa o un'altra è una occasione di guardarsi dentro e raccontarsi, che poi ha modo di proseguire nel tempo...
Perché, da quando esistono i social, guardare Sanremo é anche farlo con altri, in giro per l'Italia ed il mondo. E sembra un po' un ritrovarsi tra amici per la serata Sanremo, di tanti anni fa... E mi piace che qualche Acli, sull'onda del FantaSanremo Acli passioni popolari, stia provando anche a farlo di persona...
Che poi non é diverso da quando lo si fa per la finale dei mondiali...
Così come mi piace che, con SaremoaSanremo e GA quest'anno come Acli abbiamo provato un poco a entrare nel dialogo collettivo...
Poi oh...passa in fretta...
E comunque nel mezzo la vita continua...
(Anche se, diverso ma collegato, poi c'è da pensare all'Eurofestival 🙃).

Riconoscere, interpretare, scegliere

Vedere, giudicare, agire.
Che oggi si rideclina come:
Riconoscere, Interpretare, Scegliere.
Riconoscere è alla base della dinamica di lettura della realtà e di ciò che avviene nella realtà. Riconoscere significa che dentro questo cambiamento spiazzante, so che ci sono le placche tettoniche che si muovono. So che ci sono grandi cambiamenti che tengono assieme tanti piccoli cambiamenti.
Riconoscere è anche che, dentro questo cambiamento in cui non mi ritrovo, in cui tutto mi sembra nuovo, non è tutto nuovo.
Come quando abbiamo installato la nuova versione di un programma. Noi pensiamo che la nuova versione butti via tutto il resto precedente e che tutto sia nuovo. Non è così. C’è qualcosa che è nuovo. Ma c’è anche qualcosa che c'era prima e che non è stato cancellato, che resta.
La domanda che dobbiamo porci allora è:
Nel cambiamento, che ci sembra assoluto, cosa non possiamo permetterci di pensare che sia superato? Cosa permane di essenziale?
Sembra che tutto sia in movimento, sembra impossibile decifrare cosa resta di essenziale in mezzo al cambiamento. Riconoscere, il primo verbo, è questo: guardiamo, guardiamo dentro, guardiamo meglio, distinguiamo, proviamo a riconoscere.
Solo da lì possiamo ripartire, perché quello che è essenziale, quello che permane, quello che ci serve è quello che dobbiamo curare.
E comunque, siamo dentro il cambiamento. Essere dentro al cambiamento significa che la partita è aperta. Non è già tutto deciso. Non è tutto già chiuso. Se pensiamo che tutto sia già deciso, allora l'unica cosa che possiamo fare è rassegnarci. Se pensiamo che i giochi siano chiusi allora io ho solo la tentazione di fuggire, di portare a casa il mio pezzetto di vita nel modo migliore possibile.
Ma dire che tutto è già deciso è una bugia. Siamo dentro il cambiamento e abbiamo la nostra parte da giocare.

IL CIRCOLO ACLI DI SAN MARTINO A SANREMO: PORTO APERTO ALLE OPPORTUNITÀ E AGLI INCONTRI


Dal 1958 spazio libero e accogliente del quartiere San Martino” c’è scritto sulla pagina facebook del circolo che in queste giornate, proprio in occasione della kermesse musicale più famosa d’Italia, sta organizzando con e insieme ai Giovani delle Acli tante iniziative su Europa, lavoro, prossime tornate elettorali e diritti. Proprio dall’incontro con il circolo San Martino, un po’ per gioco, è nata l’idea, che poi è cresciuta ed è diventata reale, di proporre una serie di eventi che possano sensibilizzare l’opinione pubblica su questioni calde e troppo spesso fuori dal dibattito mediatico, sfruttando la settimana in cui Sanremo è al centro di ogni contenuto mediatico. Perché questa é una delle funzioni dei circoli: costituire, per il solo fatto di esserci realmente, in un territorio, un'opportunità per qualcosa che ancora non si conosce ma che può realizzarsi. 

LA STORIA

Il circolo Acli San Martino di Sanremo, che tanti chiamano ancora “La Bocciofila” nasce nel 1958 ed svolge le proprie attività in uno spazio dato in gestione dal Comune che, periodicamente, rinnova la convenzione. Non avendo la proprietà il senso della provvisorietà si vive sempre. Ma dal 1958 sono lì e sono consapevoli di essere, con la 70ina di soci e le varie attività, riconosciuti come presidio sociale, culturale e ludico del territorio.   

L’INTERVISTA

Flavio Di Malta è presidente di circolo dal 2020, nel quadriennio precedente era stato componente del direttivo. Gli chiediamo come ha incontrato le Acli e ci racconta di aver fondato un giornale di quartiere, con un paio di anziani. Con questo giornale hanno iniziato a raccontare il quartiere. Ad un certo punto avevano bisogno di spazi per fare anche iniziative pubbliche e così  sono entrati in contatto con l’ex presidente del circolo che ha usato con loro il metodo che ora  loro stessi portano avanti come circolo. “Vi serve uno spazio per una attività? E’ una cosa che ci sembra buona? Potete venire, non c’è un costo di affitto sala. Ma che qualcuno di voi si tesseri e iniziamo a conoscerci”. 

Così abbiamo iniziato. Poi con la frequentazione abbiamo avviato un ricambio generazionale che ha avuto un impulso maggiore quando ho iniziato a frequentare la formazione nazionale delle Acli.  Perché è lì che ho preso consapevolezza di cosa sono le Acli e che potenzialità hanno. Per me fino ad allora le Acli erano l’ufficio per fare l’Isee e il circolino. 

L’ultimo sviluppo è stato l’avvio dell’attività in un’altra zona di Sanremo, a Coldirodi. Lì, dove in questi giorni abbiamo esposto la mostra temporanea “Il g(i)usto di fare le Acli”, adesso gestiamo un museo, con una sala conferenze e una casetta per attività libere di circolo. Formalmente ad oggi quella è una attività del circolo San Martino, ma in sostanza non sappiamo cosa sarà in prospettiva

Oggi ci sono delle persone che fanno attività in entrambe le sedi e persone che fanno attività solo lì, che sono di quel quartiere e che vengono da quella zona. Oggi è come se fosse un gruppo con anche una propria autonomia, ma che fa riferimento al circolo. Anche questo è nato da incontri e conoscenze. Un giorno è venuta una persona e ha detto: vogliamo riaprire questo museo, che è importante per la frazione e che è chiuso da tanti anni, come Acli riusciamo a fare qualcosa? E da lì abbiamo fatto un percorso che è durato un anno, abbiamo formato un comitato tecnico che segue tutte le attività di quella sede e abbiamo costruito il contatto stretto tra quelle attività ed il circolo in generaleÈ stato un bel modello di azione, reso possibile non dalla bacchetta magica di Flavio di Malta, ma da un lavoro con le persone, tra persone. Un modo di lavorare alla maniera che ho imparato altrove ma che ho ritrovato anche in Acli. Se funziona è perché siamo riusciti a far crescere la comunità, in modo che le fatiche siano ripartite su varie spalle, in modo che tutti siano felici perché quello in cui si impegnano dialoga con i propri desideri e le proprie aspirazioni. Perché le comunità si reggono se le persone si sentono protagoniste e se l’impegno rende anche un po’ felici… 

Il circolo è molto aperto e accoglie gruppi ed associazioni che hanno il piacere di fare qualcosa assieme o anche semplicemente che hanno bisogno di spazi per farlo. In questo modo è nato, ad esempio, il  rapporto con Popoli in arte, un’altra associazione del territorio E’ iniziato facendo un incontro, poi un altro, poi vedendo che ci si piaceva si è iniziato ad allargare il dialogo:  cosa facciamo noi, cosa fate voi, cosa possiamo fare assieme… adesso la presidente di Popoli in arte è anche nel coordinamento di circolo e molti soci sono comuni, per cui possiamo dire che siamo partner. Che si lavora assieme. Poi ognuno ha la sua specificità. Le iniziative di Popoli in arte hanno scopi precisi, come le nostre iniziative hanno scopi precisi. Dove questi scopi si intersecano le cose le facciamo insieme. Dove non lo fanno si va singolarmente. C’è un rapporto seminato, maturato e che adesso cresce…”

Ci sono tante altre associazioni e gruppi con cui facciamo le cose o che fanno cose nella nostra sede. Ma non è che noi prestiamo loro la sede. Noi siamo un tutt’uno con loro. La comunità del nostro circolo si compone di vari gruppi che hanno interessi e ambizioni diverse. Il gruppo di popoli in arte è costituito da quella parte di soci che hanno interessi di attivismo più culturale, di organizzazione di aiuto ai migranti, di arte educazione… e questa è una parte dei nostri soci. Poi c’è il gruppo del calcio balilla che è un gruppo abbastanza numeroso, che è fatto di appassionati (alcuni anche campioni) di calcio balilla. C’è il gruppo degli amanti dello scopone scientifico o quelli del torneo di belota. Loro vengono tutti i giorni, giocano a carte. Poi se c’è un evento culturale che li interessa, partecipano. Se non interessa, vanno avanti con il loro gioco.  Ci sono cose che coinvolgono tutti e ci sono cose che coinvolgono gli amanti di una cosa o di un’altra. E’ tutto una situazione molto fluida, molto eterogenea. Non c’è solo una cosa o solo un’altra. Non siamo una setta, non siamo un gruppo di uguali. Siamo un hub o, per meglio dire, visto il contesto, siamo un porto, un porto apertoIn cui ciascuno porta qualcosa, ciascuno mette in collegamento con qualcun altro… “

Tutto parte dall’incontro tra persone. Se qualcuno arriva e chiede di affittare le sale noi diciamo di no. Noi diciamo che le sale possono essere offerte senza pagare un affitto. Vieni, provi, se ti trovi bene qualcuno si associa. Quello che chiediamo, se vi trovate bene e volete continuare a venire, è che almeno alcune delle attività che fate siano aperte a tutti, che siano un’opportunità per la comunità. Avete bisogno di fare un incontro ristretto, solo per voi, per parlare delle vostre cose? Non è un problema, ma vi chiediamo se riuscite a farne anche uno aperto a tutti. Sui vostri temi, ma aperto al quartiere e agli altri gruppi. E’ attraverso cose del genere che nasce la relazione tra gruppi e che si sviluppano le attività.  

Una volta al mese facciamo il Circolo Freire, un incontro mensile, con lo spirito di Freire, pedagogista brasiliano, per cui si individua un tema e lo si affronta assieme. Questo è ormai diventato un appuntamento fisso. Al circolo poi ci si incontra come direttivo del Festival dei Boschi. Siamo 5 soci che seguiamo questo festival di Arte educazione  che è arrivato alla sua decima edizione e che, in un week end di agosto, coinvolge 20 educatori popolari.  Una volta l’anno poi realizziamo una formazione, spesso congiunta con Popoli in arte.  Sono iniziative di formazione sull’educazione popolare e sul metodo Freire. L’ultima, a fine gennaio, si chiamava “Dire e fare comunità. Costruire la dimensione del collettivo e attivare il territorio. L’impegno della comunità” e metteva al centro la matrice “Growing community” per sviluppare protagonismo. 

Sempre con Popoli in arte, si prepara, ciascuno a casa propria, il cibo per i migranti in transito da Ventimiglia. Poi si passa con le macchine a ritirarlo e lo si porta per la dimostrazione. È  un’attività che va avanti, una domenica al mese, dal 2015. Questo ci dà la misura concreta di ciò che impropriamente chiamiamo emergenza ma che in realtà è un fenomeno del tutto stabile.”

Non può mancare, sul finire, una domanda sul Festival. Come vive il territorio di Sanremo questa annuale invasione di notorietà? “Siamo una delle province più estreme di Italia.  A parte questa settimana, in cui sembra che siamo al centro dell’Universo,  restiamo periferia, terra di confine. Rispetto al festival ti rispondo a titolo personale. In generale all’arrivo del tornado ci si abitua. Non abbiamo sudditanza nei confronti dei personaggi. L’invasione fa parte della nostra (anche se temporanea) quotidianità. Però ad un certo punto, invece di scappare o combattere l’invasione, mi sono detto: questa è la realtà, a questo punto cerchiamo di starci dentro, ma di farlo con la postura migliore possibile. Sfruttando l’occasione per proseguire il nostro lavoro di sempre su questi temi. Per questo quest’anno in questi giorni abbiamo la mostra temporanea, la formazione dei giovani delle Acli, la presentazione di libri su affido e famiglia...

In una lavagna che forse non viene mai pulita c’è una frase che riassume bene quello che muove i volontari del circolo: “Non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi, chiedetevi cosa potete fare voi per il vostro paese. Il bene porta bene.

 

Foto di Daniele Cametti Aspri. 2024. 

Una tavola quadrata, con un lato aperto...


Una tavola quadrata, con un lato aperto, per far spazio alle idee che devono entrare ed uscire. Un gruppetto che fa un lavoro preparatorio, per offrire a tutti una base da cui avviare il confronto. Un metodo. Un pomeriggio ed una sera di cui credo di avere una ventina di pagine di appunti.
Sono impegnativi, sempre perfettibili, non sai mai dove ti porteranno e cosa ne uscirà. Ma, quando sono reali, mi piacciono sempre gli spazi di intelligenza collettiva.

Nuove forme di attivismo


Le nuove forme di impegno ed attivismo sono anche questo.
Non esiste più separazione netta tra contenuti e leggerezza.
Tra politica e canzonette.
Ogni evento può essere occasione di ingaggiare le persone e di veicolare dei messaggi.
La differenza (credo) la fa' la chiarezza che ciascuno ha (o non ha) rispetto ai propri obiettivi.
La libertà (maggiore o minore) con cui ci si rapporta agli eventi, ai personaggi e alla "fama".
E la creatività che si riesce ad esprimere.
Dopo di che, esperienza dice, che ciò che arriva dall'alto (o dal centro) non riesce ad attivare tanta partecipazione.

Un lavoratore cristiano...


Dell'incontro di stamattina in presidenza Acli con il padre e l'avvocato di Luca Attanasio porto a casa, oltre al senso di dignità e fermezza, alcune pennellate:
Luca era un lavoratore cristiano. Vero lavoratore e seriamente cristiano. Anche per questo noi non possiamo non seguire la ricerca della verità attorno alla sua morte.
Di Luca c'erano fascicoli pieni di elogi. Ma oggi la famiglia é sola alla ricerca della verità. La non corrispondenza tra parole di elogio e ricerca della verità é ciò che più stride e fa male.
Luca Attanasio quando é stato ucciso stava servendo e rappresentando lo Stato italiano, tutti noi. E con lui è morto un carabiniere, anch'esso servitore dello Stato. Perché lo Stato non si sia costituito parte civile e non stia facendo tutto ciò che é nelle sue possibilità per comprendere ciò che è accaduto, é cosa da comprendere. Il fatto che questo non accada è un dolore per la famiglia ed é un problema per tutti noi italiani. Perché se lo Stato non difende un suo rappresentante in servizio come possiamo pensare che difenda i semplici cittadini?
La costruzione della pace, oggi così difficile, passa anche da figure di ambasciatori e rappresentanti dello Stato che svolgono con dignità e responsabilità, ed anche con sapienza ed intelligenza, il loro dovere.

I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...