Un conto è parlar di morte, un conto è morire...

"Un conto é parlar di morte, un conto é morire".
Mia mamma lo dice sempre, citando suo padre e la saggezza degli anziani.
Io sono tra coloro che ne parlano. Ovviamente. Anche perché nessuno può parlarne dopo aver sperimentato, e questo é uno dei nodi del problema.
Ma "un conto è parlar di morte, un conto è veder morire" mi pare di dover aggiungere, anche, quest'anno.
Di cosa ha davvero bisogno chi muore, mentre muore? Di cosa é davvero fatto lo stare accanto e il non lasciar soli, mentre si muore? Cosa serve a chi va? Cosa serve a chi resta? Ho l'impressione che i bisogni non siano per forza sempre complementari. In quel tempo breve e dilatato che, improvvisamente, scopri non essere affatto istantaneo e ti confermi essere assolutamente non determinabile.
Chi resta vorrebbe qualche parvenza di certezza. Dei punti fermi a cui aggrapparsi. Quanto tempo, ancora? Non soffre, vero? Ma, mi sente ancora?
Chi va, cosa vorrebbe? Non lo sappiamo, realmente, perché la morte, nella sua dimensione di rottura delle forme di comunicazione che conosciamo, in fondo comincia già prima di morire. Già da prima gli scambi diventano intermittenti, cifrati, scarnificati, trasformati.
Agonia, lotta. Per resistere alla morte, per contrastarla, fino a che noi si perde e lei vince. Pensavo.
Agonia. Lotta. Per riuscire a smettere di resistere, per lasciarsi andare ed accettare il tutto che cambia forma. Penso sia più adatto, adesso.
La nascita. Il più grosso cambiamento che ci possa capitare, dopo un prima di cui non ricordiamo nulla.
La morte. Il più grosso cambiamento che ci possa capitare, dopo la nascita. Prima di un dopo di cui non sappiamo nulla.
La nascita e la morte. Così simili, nella loro differenza.
Così connesse tra loro.
La fede aiuta, chi va e chi resta.
Aiuta riuscire ad aver fiducia che dopo c'è un dopo di bene.
Aiuta riuscire ad aver fiducia che dopo, comunque, alcune forme di comunicazione restano. In qualche modo. Anche se ciò che non c'è più manca e lascia un po' disorientati. Lascia un po' orfani, direi, c'è una parola apposta.
Però aiuta sentire che c'è un Tu che è il Tu di entrambi i lati. Di qui e di lì.
Aiuta, ma non basta.
Non basta, ma aiuta.
Credo che sia più o meno questo il mio Te Deum quest'anno.

Il primo vissuto "nella nuova forma"

Per le persone che ancora ci sono fisicamente, l'età attuale prende il sopravvento su tutte le altre precedenti.
Per le persone che non ci sono fisicamente più, tutte le età precedenti sono ugualmente attuali e contemporaneamente reali.
28 novembre 2022.
54' anniversario di matrimonio di mamma e papà.
Il primo vissuto "nella nuova forma".
Ma eravamo tutti insieme ed in qualche modo abbiamo celebrato il giorno in cui voi avete dato inizio alla storia da cui siamo nati noi.

Anche le modalità. di vivere una Messa possono essere innovate nelle forme...

Anche le modalità di vivere una Messa possono essere innovate nelle forme, per essere ancora più profonde e di senso nella sostanza.
Alcuni brevissimi spunti dal sacerdote, alternati da brevi momenti di silenzio in cui ciascuno connette le esperienze narrate nelle letture con la propria esperienza personale.
Poi, in piccolissimi gruppi, girando le sedie, così come si é seduti, si mette in comune qualcosa di ciò che la lettura e gli stimoli hanno suggerito.
Infine le preghiere dei fedeli, libere, dal posto, trasformano in preghiera qualcosa dell'esperienza appena condivisa.
I percorsi sinodali a volte sono fatti di piccole cose.
Così come le gioie. Che, in fondo, sono state il tema essenziale di questa Messa di Natale. E che per distrazione, dis-abitudine, un certo nostro analfabetismo emotivo fatichiamo a riconoscere nelle nostre vite. (Non per niente #maiunagioia è diventato un tormentone vitale...).
Non é strano che, a partire dallo stesso Vangelo, la condivisione con i genitori del gruppo scout domenica e la condivisione tra chi lavora in sede nazionale Acli di oggi portino allo stesso punto:
1. Se si riesce a creare il giusto contesto, avvengono bellissime condivisioni.
2. Di fronte alle cose che accadono, ciò che libera e rivoluziona il presente è "continuare a camminare" sulla base della speranza e della fiducia nella convinzione di essere amati.

Pluri appartenenze


Dopo incrociato mille volte la riforma dal punto di vista di una sede nazionale che prova a supportare articolazioni locali e circoli...la riforma vista dal punto di vista di un gruppo scout.
Mi confermo sempre più che le plurime appartenenze non tolgono (tranne il tempo di vita 😅) anzi, allargano la comprensione e mettono in moto le idee...

Ognuno di noi, in questa stanza, ha almeno 2-3 ruoli, 2-3 appartenenze, 2-3 identità, se non di più...


Silvia ha iniziato raccontando di come fosse buffo il suo intervenire al congresso Arci, come portavoce Aoi, quando lei è anche direttrice Arcs ed é Arci da una vita. 

Io sono qui a nome delle Acli nazionali, ma sono anche ex presidente Ipsia, ex cooperante, ex tielle...

Mirsada é arrivata qui da Trieste, ma è anche albanese.

Marco é Ipsia, ma è pure Patronato e pure Acli a Torino... 

L’ex ambasciatore prima parlava di quel “passarsi la palla” Ipsia e Caritas in Bosnia che spesso trova sintesi nelle stesse persone e nelle loro multi-appartenenze…

 

Ognuno di noi, in questa stanza, ha almeno 2-3 ruoli, 2-3 appartenenze, 2-3 identità, se non di più… 

Il punto é come le ricomponiamo e come le mettiamo in gioco. 

 

Le contraddizioni, i dubbi, le sfaccettature, sono dentro di noi. Ci attraversavano. Se non ricomponiamo le nostre identità, superando la frammentazione dei ruoli e andando a quel punto di sintesi che é la persona umana, portiamo fuori le lacerazioni interne e le facciamo esplodere... Per questo dico che intervengo come Paola, non ponendo questo come contrapposizione ma come punto di sintesi del resto… 

Dov'eravamo


Cari amici e invitati,

Quando abbiamo pensato il programma della nostra assemblea IPSIA volevamo fosse proprio un occasione per riflettere insieme sulle prospettive. Era importante uno sguardo da fuori che ci indicasse un percorso ricordandoci il contesto in cui lavoriamo e abbiamo lavorato, e farlo con chi in questi anni è stato un nostro compagno di strada, gli spunti e i pensieri di questa mattina saranno simbolicamente lasciate alla riflessione dei nuovi organi sociali. E qui andiamo al punto che abbiamo voluto ricordare nelle testimonianza di apertura.

Il 24 febbraio 2022 l’invasione russa dell'Ucraina, una nazione libera e democratica con un governo legittimo, ha impresso il sigillo alla fine dell' illusione del progressismo occidentale, un turning point storico secolare con il ritorno della guerra nell'Europa continentale su i suoi confini orientali. 

La cresima


"Quanto più riuscirete ad essere docili allo Spirito, tanto più la vostra vita sarà felice e piena di gioia". ❤
26.11.22 Cresima di Pietro

La giacca del judoji

Madre: ricordati che oggi devi dare la giacca del judoji nuova alla maestra, per mettere il backnumber. Tu intanto metti quella vecchia a lezione.
Figlio: non posso mettere quella nuova a lezione e dargliela dopo?
Madre: no, se no gliela dai tutta sudata...
Figlio: la maestra ha detto di darla pulita, non ha detto di non darla sudata...

Venire, come in un luogo sacro

Venire, come in un luogo sacro, conosciuto da sempre e che tanto ha scavato nella mia vita e nella storia di molti.

Il priore era obbediente


Il priore era obbediente.
Ma esiste l'obbedienza passiva.
Ed esiste l'obbedienza attiva.
Nell'obbedienza passiva tu stai nei luoghi in cui stai (da cittadino, ma anche nell'associazione, nel partito, nella chiesa...) senza approfondire nulla. Votando quello che ti dicono di votare. Seguendo.
L'obbedienza passiva è la premessa per la dittatura.
Nell'obbedienza attiva tu studi, approfondisci, ragioni.
Sai cosa ti ha portato ad essere parte di dove sei (paese, associazione, partito, chiesa...). Sai cosa cerchi in quella esperienza. Dici ciò che pensi e che, dopo averci pensato, ritieni giusto. Se serve lo dici anche "riprendendo" i tuoi superiori e pagando il costo in prima persona.
Gli obbedienti attivi sono rompiscatole.
Il priore era un rompiscatole.

Spiegare Barbiana ai figli


Ieri sera a cena spiegavo ai miei figli dove sarei stata oggi e perché. Facendolo mi sono resa conto che dire Barbiana, don Milani, Lettera a Pipetta, lettere ad una professoressa, scuola popolare, l'obbedienza non è più una virtù, sortirne insieme è politica, i care, parti uguali tra disuguali... Ognuna di queste parole apre mondi di ricordi e riflessioni, in me e in molti della mia generazione. Ma non dice esattamente nulla a loro.
Cosa vuol dire venire a Barbiana con un gruppo di ragazzi in servizio civile?
Con loro, come con i miei figli, c'è bisogno di riempire le parole di significato, senza dar nulla per scontato.
Ma alla fine, attraverso la scuola, don Milani aveva un solo obiettivo: formare persone, dare loro strumenti ed opportunità, perché possano essere persone libere, perché sappiano accorgersi delle ingiustizie e mettere il proprio sapere a servizio di tutti (come scelta di giustizia e restituzione, non come generosità e beneficenza), perché siano pienamente cittadini (del loro Paese e del mondo), perché siano rivoluzionari di una rivoluzione nonviolenta e non immediata, perché riconoscano che nulla di questo può essere fatto da soli.
A 50 anni dalla legge che riconosce la possibilità di obiezione di coscienza al servizio militare (e che quindi istituisce il servizio civile) venire a Barbiana vuol dire riconoscere che, per noi, l'anno di servizio civile dovrebbe essere qualcosa che si tende in quella direzione.
Dopo anni che come Acli accogliamo ragazzi in servizio civile, venire qui assieme ai ragazzi, credo voglia dire anche interrogarci su cosa possiamo fare, per andare maggiormente in quel senso.

Si avvicinava a tutti senza alcun tipo di pregiudizio

"Si avvicinava a tutti senza alcun tipo di pregiudizio. E per questo riusciva a vedere nelle persone cose che noi non vediamo".
É una di quelle qualità che rendono una persona davvero preziosa.
Ci pensavo, ieri, a questa generazione di donne intelligenti, sapienti e forti, che hanno incontrato i mariti nell'impegno sociale ma che, come era ovvio a quei tempi, in quell'impegno non sono state valorizzate quanto loro.
Se ci penso dal punto di vista associativo, vedo che abbiamo perso tanto, tantissimo.
Se ci penso dal punto di vista familiare, di parrocchia, di quartiere, di comunità...vedo che spesso quella non valorizzazione di vertice non è restata uno spreco. Ha permesso un enorme rovesciamento di energie alla base.
Certo, la divisione uomo/donna altezza/base non ha senso ed oggi é impossibile non vederlo. Ma le comunità non stanno assieme solo con le altezze. E la cura delle relazioni orizzontali, più prossime, nei luoghi, non richiede meno intelligenza, sapienza, forza...
Non so se l'uscita è l'alternanza differenziata tra uomo e donna. Non so se é una diversa divisione di tempi di vita e lavoro (ed impegno sociale e politico), la nostra generazione di donne é già altro da loro, e ancora diverse sono le generazioni successive.
...per ora mi soffermo sul sentire che quella generazione di donne ha fatto il Paese e noi per come siamo. E mi sento grata.

Diano


La fotocamera non mi funziona più, per cui devo accontentarmi di foto altrui recuperate, mentre tutte quelle che "ho visto" mi sono restate negli occhi. 70 persone ad aspettare un pullman. La fila per registrarsi in una casa ornata di bandiere. Le foto di Vezza, appese ovunque. La bandiera Ucraina, quella con le firme. Lo striscione pace, lavoro, dignità, quello della manifestazione. I gruppi di lavoro. Il tavolo con i cioccolatini. I cartelloni con le scritte. La mostra sul tema dell'identità nei migrare che ti riporta subito a Bruxelles. I figli piccoli che gattonano in corridoio. I padri, che si alternano alle madri nella cura. Il tavolo dei giovani. La riunione di circolo anche nella pausa. E i volti...Quello che non ti conoscevi, ma hai cantato assieme "il disertore" l'altra settimana. Quello che fa la guida ovunque. Quello che é nuovo ma é venuto perché è curioso. Quelli che sono ragazzi e raccontano come fosse nulla della musica strumento di riabilitazione. Quello che dice che gli sono tornate domande e progetti e si chiede se é giusto, vista l'età. Quelli che c'erano anche in pezzi di vita precedenti...
Ci sono tante suggestioni e tante piste di lavoro che riporto. Ma le principali sono 3, credo:
- la necessità di proseguire (e incrementare) la riflessione sulla pace. Senza timore di far emergere i diversi punti di vista, e andando, tutti, più a fondo.
- la sensazione netta di vedere che alcune cose di oggi sono il punto di sviluppo di cose iniziate (anche da altri) anni fa.
- 130 persone che impegnano 3 giorni gratuitamente in riflessione, preghiera, studio ed approfondimento. Sono davvero una cosa preziosa. Che chiede una responsabilità di cura.

In quale carta intravedi il tuo sogno?

In quale carta intravedi il tuo sogno?
Come vorresti fossero "le tue Acli" tra 5 /10 anni?
Cosa serve al tuo sogno per avverarsi?

Marcinelle




Visitare Marcinelle e approfondire la sua storia nel 2022, con ciò che sta accadendo in questi giorni in Italia, è un po' spaesante.

Lavoro, sicurezza, migrazioni, accordi tra Stati e ricadute sulla vita delle persone. Distanza tra attese pre partenza e realtà d'arrivo. Integrazione che poi avviene comunque, a prescindere da tutto, ma il costo è troppo alto.


Per una pace integrale - Emiliano Manfredonia


Per una Pace integrale
Questa piazza è la voce della Pace.
La guerra è il male che ricorre nella storia e ci corrode.
Da quando la Russia si è assunta la responsabilità di invadere un paese sovrano, l’Ucraina e innescare la spirale di odio e di violenza, siamo stati tutti inghiottiti dal senso di impotenza e smarrimento.
Ma non è mai venuta meno la nostra vicinanza e il sostegno al popolo ucraino, per chi è morto sotto le bombe, per chi fugge con la sola disperazione, per chi resiste nella propria terra.
Non siamo stati sul divano di casa a tweettare e criticare chi parlava di Pace.
Siamo andati in Ucraina e siamo stati il volto della solidarietà, della vicinanza, dell’amicizia. Siamo stati l’unica speranza a cui aggrapparsi nel momento del terrore.
Tanti, difronte a questo dolore hanno aperto le proprie case all’accoglienza
Rifiutiamo la logica della guerra. Questa piazza si rifiuta di credere che la soluzione del conflitto sia la guerra!

Mirsada - Pace Ora - Lorenzo Cantù

Dal Diario di Lorenzo Cantù.

Introduzione di Giambattista Armelloni e Gianni Bottalico: Era l’estate 1993. La guerra nella ex-Jugoslavia infuriava creando morte e miseria. Sarebbe una semplificazione affermare che dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale e con l’istituzione della Comunità Europea, la pace abbia regnato nel vecchio continente. A poche centinaia di chilometri dai nostri confini le cose sono andate tutt’altro che in questo modo, spesso nell’indifferenza del ceto politico e di coloro che ben altro avrebbero potuto fare per evitare la degenerazione del conflitto. In tale contesto prende piede l’idea di una “marcia pacifica di interposizione” (MIR SADA, pace subito) per richiamare ai governanti, ai media e all’opinione pubblica la gravità della situazione e l’importanza di interventi pacificatori: la presenza di tanta gente, di tanti giovani, per far risuonare un chiaro e deciso no alla guerra. Si potrebbe senz’altro parlare di “diplomazia popolare”: laddove i passi ufficiali sembravano bloccati, toccava alla gente dare voce al desiderio di pace di intere nazioni. Una diplomazia popolare che che magari non sarebbe stata in grado di raggiungere obiettivi grandissimi, ma che per molti aspetti appariva come l’unica via– quella appunto della testimonianza – per uscire dallo stallo e fare qualche passo avanti.

Contributo di Giovanni Bianchi: Sarajevo doveva essere la meta finale di un inedito pellegrinaggio di pace. La spinta e la lezione? Quelle suggerite da Martini: “mettersi in mezzo”. Leggere gli uomini invece che i libri. Rischiare la vita là dove altri la rischiano. Faticare con chi fatica. È un atteggiamento propedeutico alla Speranza, che non ha nulla da spartire né con l’ottimismo delle ideologie né con quello delle psicologie.

Contributo di Tommaso Vitale: La politica era velleitaria, autoreferenziale, ripiegata su sé stessa, disattenta a ciò che accadeva fuori dalle frontiere nazionali. La società civile, e il mondo variegato dell’impegno pacifista, non erano velleitari, ma navigavano a vista. Ad ogni modo, nel mondo molteplice dell’impegno per la pace si discuteva apertamente di velleitarismo. Un’etica delle conseguenze, tutta politica, rimaneva forte. C’era tanta testimonianza, tanta ricerca di “coerenza”, ma anche un’enorme urgenza per ottenere cambiamenti palpabili. (...) Sapevamo la nostra inadeguatezza. Cercavamo di percorrere delle strade, non avevamo alcuna bussola per capire se eravamo sulla buona strada. La marcia per la pace Mir Sada è stata parte di questo travaglio. (...)  Era già successo tutto, sul piano sociale. I tempi di vita di lavoratori atipici e le carriere de-standardizzate erano già diventati terribili, affaticando le persone nel profondo. Se ne erano accorti i lavoratori, e chi come Lorenzo ascoltava quotidianamente i lavoratori. Tardavano ad accorgersene le scienze sociali, latitavano i giornalisti. Molte delle esperienze di azione collettiva avevano già perso credibilità, e l’etica veniva sempre più considerata dai cittadini ordinari come un campo per scelte individuali di consumo. Mettersi insieme per fare solidarietà con una pretesa politica non era un comportamento automatico: non lo era mai stato, e in quegli anni agli ideologi faciloni cominciava a sembrare anacronistico. Una cosa come una guerra, poi, con i suoi opachi intrecci di interessi, decisioni, azioni incontrollabili e controllo ferreo delle situazioni faceva tremare la terra sotto i piedi. Cosa fare? Su quale formula provare a influenzare i decisori? Troppo difficile, i più ripiegavano su una delega generica, un onesto stare a galla dichiarando contrarietà morale e impasse politico.

Quando alle Acli pensammo che era arrivato il momento di testimoniare con i nostri corpi una priorità per la pace subito, pensavamo alle tre fedeltà che gli aclisti negli anni hanno cercato di mantenere. Quel periodo ce ne ribadì la necessità. Un’idea alta di politica, luogo democratico di partecipazione in cui contribuire a indirizzare lo sviluppo, correggendo le strutture e i fallimenti dei mercati, con il grande obiettivo di ridurre il linguaggio delle armi, fidandosi del potere di altri mezzi, nonviolenti. La politica per costruire la pace chiede un forte coinvolgimento democratico, che solo una comunicazione diffusa può legittimare. E richiede che le intelligenze politiche e istituzionali si fidino dell’ascolto di piccoli e poveri. Senza scappare quando le cose diventano troppo, troppo difficili.

Il testo del Diario: Mir Sada.- Pace ora



Ragionevole


Adulto: che liste c'erano nel tuo istituto? Com'erano? Come hai scelto chi votare?
Ragazzi: ce n'erano 6-7. Certe erano pazzesche, dicevano cose incredibili, tipo mettere il pannello solare sul tetto e vendere persino l'energia prodotta in più alle case circostanti. Io ho scelto una che mi pareva abbastanza ragionevole, che diceva cose più normali...
Anche oltre il tema specifico delle comunità energetiche, mi interroga una adolescenza che cerca ragionevolezza e normalità.

Assemblea


Ragazzo: la prof ci ha fatto fare assemblea. Per decidere delle cose assieme.
Mamma: interessante, così vi preparate alle superiori...e cosa avete deciso?
Ragazzo: che vogliamo fare almeno una gita e che devono aggiustare le porte degli spogliatoi che sono senza maniglia e restiamo chiusi dentro.
Mamma: mi sembrano buone richieste, ed eravate tutti d'accordo?
Ragazzo: si, su queste si, tutti! Ma la prof ha detto che queste cose non si poteva deciderle. E che potevamo scegliere le squadre del torneo di di dodgeball. Ma poi il prof di ed.fisica ha detto che non andavano bene e ci ha fatto fare maschi contro femmine. E poi la bidella ci ha sgridato perché siamo rimasti chiusi negli spogliatoi...
Mamma: e voi adesso quindi che fate?
Ragazzo: boh! Abbiamo pensato che potevamo chiedere all'altra prof, che é coordinatrice, di aggiustare la maniglia degli spogliatoi...
Educazione civica non è un'ora in più a scuola. É esperienza concreta, credo.
Ndr: con gita si intende una qualsiasi attività scolastica fuori da scuola. Fosse anche nel quartiere. Sono in seconda media, l'ultima gita l'anno fatta in terza elementare.

Un uomo felice


Cosa vuoi essere da grande?
Un uomo felice.
(Mi sembra un ottimo obiettivo...)

Prima smettiamo di fare le pulci al look delle donne in politica, meglio è....


Una differenza tra uomini e donne è anche che gli uomini hanno uno standard di vestito per l'impegno pubblico.
Camicia, cravatta, giacca e pantaloni, scarpe chiuse standard. Varia (di poco) il colore. Varia (per gli esperti) la qualità e il prezzo. Ma in generale (per tutti noi) lo standard é standard. É "il vestito" e non si nota. Si nota solo ciò che esce dallo schema.
Le donne non ce l'hanno, lo standard di look in politica.
Ogni donna deve scegliere che fare, attribuendo un significato ed un peso alla situazione e declinandolo.
Anche per questo il look della donna in spazio pubblico viene analizzato, commentato, criticato.
Detto questo, prima smettiamo di fare le pulci al look delle donne in politica, meglio é. Secondo me.

Il Concilio Vaticano II in chiave sinodale - Nathalie Becquart



 

di Suor Nathalie Becquart  – sottosegretaria al Sinodo Mondiale 

 

Alla luce dell’esperienza sinodale che abbiamo in corso, possiamo capire un po’ di più l’esperienza e i frutti del Concilio.

 

Il Concilio Vaticano II si è aperto sulla Piazza San Pietro. E’ una apertura fuori dalla Chiesa. E’ la prima immagine per capire il Consiglio: aprire le finestre della Chiesa. E oggi Papa Francesco parla di Chiesa in uscita. Chiesa per andare fuori, alle periferie. La stessa idea di Chiesa aperta tra Concilio e Sinodo. 

 

Parlo con voi oggi, dopo una settimana con rappresentanti di tutto il mondo. 12 giorni a Frascati per leggere tutte le sintesi sinodali, tutti i feedback arrivati. Possiamo ascoltare una chiamata forte che arriva da più parti per una Chiesa più aperta e allargata. Una Chiesa per il mondo di oggi. La stessa Chiesa dall’inizio, ma che tenga conto che oggi siamo in un altro mondo, in un altro periodo della Storia.

 

Ieri era il primo anniversario dell’apertura di questo Sinodo. E un anno fa, il 10.10.2021 Papa Francesco ha iniziato questo percorso sinodale per tutte le Chiesi locali. Siamo in questo tempo: comunione, partecipazione, missione. Abbiamo finito la prima fase e a fine ottobre si pubblicherà il documento per le tappe successive. Sarà interessante per voi leggere questo documento. E’ un documento che non vuole fare sintesi definitiva. E’ un documento per restituire a tutti la Parola del Popolo di Dio di tutto il mondo. 

 

Il Sinodo è un frutto del Concilio. Ieri abbiamo pubblicato un messaggio per l’apertura. E’ un momento di particolare grazia anche per il Sinodo e per tutti. Il Sinodo rappresentanza un frutto del Concilio, una delle più preziose eredità. Il processo sinodale stesso si situa nel solco del Concilio. La sinodalità è un tema conciliare in tutto. La Magna Charta del Sinodo è la dottrina sulla Chiesa. Teologia del Popolo di Dio. Un popolo che ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali lo Spirito Santo dimora come un tempio. 

 

Qualcuno ha detto che il Sinodo è stato fatto per prolungare il Concilio. 

 

Il momento più importante del Concilio è la redazione di una costituzione importante sulla Chiesa: la Lumen Gentium. La Curia romana, come si usava, aveva preparato i primi schemi sui temi da affrontare nella discussione e il documento sulla Chiesa era pronto. Il primo capitolo era sulla gerarchia. Durante il dibattito e il discernimento comune, ad un certo momento, è arrivata la chiamata per per cambiare e per mettere prima un capitolo sul Popolo di Dio. Per sottolineare l’importanza dell’eguaglianza e della regalità di tutti i battezzati. Siamo prima una Chiesa come Popolo Di Dio, poi una Istituzione con una sua gerarchia. Abbiamo tanti tanti anni di storia di una mentalità di vedere la Chiesa come istituzione gerarchica, come piramide. Per questo, dopo 60 anni dal Concilio, noi viviamo ancora spesso la Chiesa come gerarchia. Quando diciamo Chiesa pensiamo prima alla gerarchia. Non siamo ancora pienamente entrati nella visione di Chiesa del Concilio.

 

La sinodalità è il Concilio Vaticano II in sintesi. (teologo australiano Ormond Rush). 

 

Quali sono le caratteristiche essenziali del Concilio Vaticano II:


I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...