Caccia ai fantasmi


di Dante Mantovani
Devo dire che quando penso all’avvicinarsi della scadenza congressuale vengo assalito dai fantasmi dell’ultimo congresso di cui ho ancora scolpita nel profondo la totale inutilità. Un dibattito privo di contenuti, pieno di banalità, ricolmo di personalismi in cui hanno primeggiato solo gli interventi degli invitati e quelli degli ex presidenti. Un dibattito interno piatto e scontato giocato solo in funzione della conta dei voti congressuali. Ma i fantasmi di quel congresso sono stati decisamente surclassati da quelli del congresso FAP dello scorso anno, letteralmente vissuto come preludio al congresso nazionale delle Acli, tutto giocato su convergenza di voti in chiave di schieramenti aclisti.
Non vorrei proprio che il prossimo appuntamento congressuale risultasse in continuità con queste nefaste esperienze: sarebbe un disastro per le Acli.
Il congresso che ci apprestiamo a vivere deve ridarci il gusto di confrontarci, discutere, scontrarci e misurarci sui contenuti, cioè sul ruolo che le Acli devono giocare nel panorama sociale, politico ed ecclesiale e sugli obiettivi che vogliamo perseguire in questi ambiti.
Se le Acli non sapranno rimettere al centro i contenuti del nostro fare associazione resistendo strenuamente al dominio dei personalismi, il destino non potrà che essere quello di una associazione che propone e vende servizi senza alcun ruolo propulsivo nei confronti della società italiana.
Quando parlo di contenuti intendo: confrontarci seriamente su cosa significhi essere “Associazioni cristiane” al tempo di papa Francesco, sul senso della “fedeltà alla democrazia” in una fase di totale eclissi della politica e di leaderismo spinto, sul posto che occupa il lavoro in un sistema economico capitalistico/finanziario che pone al primo posto il profitto di una minoranza.
Su questi temi non possiamo più accontentarci di citazioni o slogan inseriti nelle tesi congressuali o nelle mozioni come cose dovute, ma serve un impegno di confronto, di elaborazione e di azione sociale e politica che coinvolga tutta la classe dirigente a tutti i livelli in un processo concretamente unitario. Se viene a mancare questa tensione e questa ricerca non potranno che emergere e predominare i personalismi di cui personalmente, ma credo anche molti altri aclisti, non ne posso più. In una associazione come la nostra in cui ormai l’aggregazione avviene più attraverso i servizi che per condivisione di valori, contenuti e proposte politiche, è indispensabile che almeno tutta la classe dirigente condivida e renda solida la mission che è alla base e che da senso all’associazione.
Stiamo vivendo una stagione di autentica primavera della Chiesa che se da un lato rimette in primo piano il Vangelo, la fede e la comunità che vive concretamente nella storia, dall’altro sta mettendo in ombra tutte quelle sovrastrutture religiose e quelle manifestazioni di potenza religiosa che si sono sedimentate nel tempo impedendo la concretizzazione delle riforme codificate nel Concilio Vaticano II; e tutto ciò fa emergere le sporcizie e le magagne che dietro ai paraventi del sacro e dell’ortodossia permettevano ai tanti di coltivare interessi non sempre confessabili.
E’ questo un processo difficile e non indolore che papa Francesco sta portando avanti troppo spesso in solitaria, ma non perchè lui lo voglia, ma perchè nella chiesa sono troppo timide e troppo solitarie le voci che esprimono solidarietà all’opera di autentica rivoluzione che il papa sta attuando; fino al paradosso che sono più le voci esterne che quelle interne alla chiesa che lo sostengono in questa azione. Ma quando parlo di voci, non intendo solo prese di posizione verbali o scritte, ma intendo soprattutto azioni concrete che siano in grado di dare attuazione alla nuova prospettiva autenticamente evangelica dell’esperienza di fede perchè le parole e gli scritti si dimenticano facilmente, le opere lasciano invece un segno profondo e duraturo. E’ su questa strada che le Acli devono porsi, una strada che richiede ricerca, confronto, sperimentazione ed attuazione. Siamo in Italia l’unica associazione che ha le dimensioni e le strutture in grado di offrire gambe alle sollecitazioni che Francesco ci ha offerto nella “Evangeli Gaudium” e nella “Laudato sii”, ma anche nei tanti discorsi ed omelie pronunciati in questi due anni e mezzo. Sarebbe un peccato imperdonabile che non ci mettessimo in questa prospettiva perchè attardati in dispute nominalistiche e personalistiche!
La democrazia. L’Italia è diventata un Paese in cui non esistono più partiti che svolgano la funzione prevista per loro nella Costituzione; nemmeno il Partito Democratico che potrebbe essere l’unico oggi a mantenere questa funzione, si sta riducendo a mero strumento di sostegno del Presidente di Consiglio e delle sue ambizioni. Le istituzioni stanno vivendo un crisi di credibilità senza precedenti che si manifesta ormai con il cinquanta per cento di astensionismo negli appuntamenti elettorali. Le vicende politiche sono ormai decise più da campagne mediatiche che da confronti e scelte politiche: esempio emblematico è stata la vicenda inquietante di Ignazio Marino a Roma. Un segnale veramente preoccupante dove si è visto il maggior partito politico piegarsi ad una campagna mediatica di delegittimazione del proprio sindaco, facendo così il gioco di coloro che si sono visti mettere in discussione il proprio malaffare e seguendo improbabile vantaggi elettorali cavalcando l’onda montante.
Possono le Acli ragionare seriamente su questa situazione preoccupante della democrazia italiana senza eccessive preoccupazioni riguardo a presunti vantaggi o penalizzazioni dei propri servizi? Vogliamo giocare in positivo e con decisione la nostra autonomia per offrire un serio contributo a ricostruire un positivo rapporto tra cittadini e istituzioni? Vogliamo elaborare con coraggio proposte che vadano nella direzione di una profonda riforma della politica? Possiamo contribuire a rimettere in pista una qualche forma di cultura politica che oggi è la vera assente dal panorama italiano? Possiamo elaborare alcune piste che tentino di offrire gambe alle tante e significative stimolazioni di papa Francesco sui temi dell’economia, del lavoro e delle diseguaglianze?
Il prossimo congresso è “obbligatorio” che affronti tutti questi temi. E’ necessario quindi che da subito si apra il dibattito che interessi solo queste prospettive che vogliamo porci coinvolgendo davvero circoli, province e regioni. Lasciamo perdere per ora ogni preoccupazioni sulla classe dirigente, concentriamoci su cosa debba essere questa associazione che, compiuti i 70 anni, rischia di morire di vecchiaia. Mettiamo invece in gioco l’esperienza di questi 70 anni che comprendono presenze ed azioni acliste che hanno saputo offrire indirizzi ed esperienze che hanno inciso nei vari momenti storici del Paese.
Possiamo riuscire a porci come punto di riferimento sia nella chiesa per tutti coloro che credono fermamente nell’opera di rinnovamento avviata coraggiosamente dal papa, sia nella società civile per quelle realtà che vogliono assumersi la responsabilità di stimolare un profondo rinnovamento della politica per ricostruire una democrazia ormai moribonda.
Ma per svolgere questo ruolo dobbiamo fermarci un attimo tutti a riflettere se siamo sulla strada giusta. Qualcuno, prima di me, parlava di perdono reciproco: sì, chiediamoci vicendevolmente perdono se abbiamo contribuito a perdere il tempo in dispute personali più o meno esplicite rubandolo invece ad un lavoro proficuo di ricerca e di elaborazione che faccia bene alle ACLI, alla Chiesa e alla società italiana.

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