Ma tutto questo c'era già, anche prima di ieri...



Lo sentivamo. Che sarebbe riaccaduto.
Vuol dire che ciò che abbiamo fatto ieri é stato inutile?
No. É servito ad incontrarci e a fare assieme.
E a prendere nuovamente consapevolezza del fatto che ciò che serve non è un momento, ma un processo collettivo. Che metta assieme le forze di tutti con un surplus di fantasia, energia e tenacia.
Non è un processo assente, nel quartiere, ma ciò che c'è non è sufficiente.
Anche perché i problemi nuovi (covid, crisi economica) non si sostituiscono ai vecchi, ma ci si intrecciano.
Noi oggi siamo effettivamente un po' così, come il ragazzino: sotto pressione. Schiacciati dal peso e dalla mancanza d'aria.
E come nella canzone di De Andrè...
Le nuvole vanno, vengono.
A volte sono nere e ritornano.
E magari si fermano tanti giorni
Che non vedi più il sole e le stelle
E ti sembra di non conoscere più
Il posto dove stai.
Ma tutto questo c'era già, anche prima di ieri.
P.s. Le foto delle scritte nuove già girano, io preferisco non dare loro spazio.

Non tutto il male viene (solo) per nuocere



Due giorni fa
Soledad Agresti
ha realizzato un murales a San Felice. Io l'ho scoperto da un post di
Alessandra Noce
e ho pensato: domattina nel mio giretto mattutino passo a vederlo.
Ieri mattina però la vista non è stata affatto piacevole. Svastiche e scritte inneggianti al duce erano sovrapposte al disegno, in vernice arancione fosforescente.
Alessandra ha fatto nuovamente da catalizzatore. Soledad ha dato disponibilità per intervenire. Stamattina in un po' persone ci si è trovati. Da cosa nasce cosa, si é iniziato con scopa e ramazza, a pulire la piazza. Poi, mentre la parte artistica si concentrava sul lavoro di fino, gli altri hanno colorato anche la parte bassa del muretto ed il retro (coprendo altri segni della stessa mano).'
Molti sono passati, si sono fermati, hanno salutato, commentato, qualcuno é andato a comprare la vernice, qualcun altro il caffè, l'acqua, della frutta...il sole era cocente e asciugava troppo in fretta la parete e noi. Ma il clima vero é stato invece molto piacevole.
Alla fine il murales è più bello di prima e l'alone arancione gli dà una profondità intensa che prima non aveva.
A me piace moltissimo anche ciò che c'è sul retro. Non é un murales pensato, non ha un vero autore e non è nemmeno veramente arte. Ma é realmente il frutto di un'intelligenza e di una mano collettiva.
"É inutile, tanto non dura" commentava qualcuno in piazza.
"Può essere. Ma non tutto il male viene (solo) per nuocere" rispondeva qualcun altro.
L'incontrarsi a fare assieme di stamattina non ha ripristinato l'esistente. Ha prodotto qualcosa che prima non c'era. Ed é un valore.
Aver ricominciato così la fase di rientro mi è parso un modo di non sentirsi impotenti e non lasciarsi sovrastare dal brutto (dopo di che, nei discorsi tra chi era lì a lavorare, tutti eravamo d'accordo che l'intervento del singolo e dei volontari non basta, serve che la città torni ad essere amministrata e governata).

Rientri

Ciò che rende faticoso il rientro non è trovare il bello (che c'è sempre), è non farsi sopraffare dal brutto (che lo circonda). 

Ma si continua ad allenare lo sguardo. 

#Apiedi di prima mattina. 



E' stata (anche) un'estate di lettura

 


E' stata anche un'estate di lettura. A caso. Tutto ciò che capitava sotto tiro in un modo o in un altro. Libri altrui, ritrovamenti propri e scaricamenti veloci da kindle in posti con poca connessione, in base a stimoli immediati. 

I figli crescono, tornano ad aprirsi spazi e tempi.
E il caso è un filo conduttore interessante. 




Agosto 2020: l'esperienza faticosa di questo inverno non è finita




Più di una volta durante questo anno strano, pensando all'estate, ci siamo domandati: chissà se si potrà andare a Cortona, chissà se si potrà stare nella stessa casa con i nonni... Adesso agosto é iniziato con 3 giorni che sembrano una scorpacciata di libertà. 

Libertà di stare un po' assieme, libertà di rientrare in contatto con la natura, cioè con la vita. Libertà di sguardo (che arriva giù in fondo, fino al lago) e libertà di pensiero (perché è certo, cambiare luogo, aiutare a lasciare andare prospettive asfittiche). 

Sto rileggendo "La fragilità di Dio" di Brunetto Salvarani, scritto nell'esperienza del terremoto di Carpi. "C'è un problema esistenziale di equilibrio fisico e metafisico. Nella vita cosiddetta normale, quando uno cade, si appoggia su qualcosa, ma quel «qualcosa» non c’è più col terremoto. Un detto tunisino descrive ironicamente questo stato d’animo come fosse un vano consiglio: «Aggrappati alla tua barba»". Con il covid (ed in altre esperienze) credo sia simile. Ci sembra di vivere aggrappati alla nostra barba, cioè di vivere in maniera insensata. Ma non vediamo alternative. 

L'esperienza faticosa di questo inverno non è finita. Su tantissimi fronti. Ma ci sono dati giorni che permettono anche altre esperienze. Scorte di vita, di fiato, di senso. Viverle non è fuga. É gratitudine e investimento. Leggerezza alla Calvino. Spostare, almeno per un po', i "macigni dal cuore". 

"La morte è necessaria per la vita, come la crisi è necessaria per intraprendere nuove strade mai percorse prima. Il paradosso è il miglior modo per esprimere la Verità. L’assurdo ci purifica dall’accumulo di false certezze". 

Ma, anche questo é paradosso "Lo stesso assurdo può portarci al nulla, a un vicolo cieco, alla morte o alla pazzia. Nei terremoti di civiltà, non solo gli idoli crollano, ma anche i capolavori". 

C’è un mistero in questo "Un limite che circonda la nostra conoscenza umana, che ci fa capire che siamo piccoli, curiosi, assetati di conoscenza, ma non possiamo capire tutto, anzi: tutto quello che conosciamo è piccolo, quasi niente davanti all’immensità dell’universo".

Le nostre stesse virtù non sempre ci aiutano. "I religiosi sono talvolta colpiti da questo orgoglio sapienziale, pensano di sapere cosa c’è nella mente divina, cosa pensa Dio, quali sono le sue vere intenzioni! È necessario un terremoto per far cadere queste grandi certezze, queste costruzioni teologiche umane, assolutizzate nella storia".  

È doloroso da vivere, ma "il senso del limite è salvifico". Nulla si salva nel modo in cui noi ci ostiniamo a salvarlo. Eppure nulla ci esime dal fare la nostra parte. 

E' un periodo che ci aiuta a comprendere anche la fragilità di Dio. "Un Dio che si consegna alla storia e all'interpretazione è un Dio che si infrange infatti, come un cristallo sottilissimo, a ogni urto del tempo e ad ogni variante della Parola. 

In ogni momento della storia la sua verità deve restare esposta a un alto tasso di rischio, deve essere impossibile catturarla, fissarla, sublimarla e, perciò, adulterarla, indorarla e farne così uno strumento di potere".

Guardo un ceppo di insalata, una cipolla gigantesca, un bosco, un monte, il modo in cui giocano i ragazzi, in cui invecchiano gli anziani. E il modo in cui mutiamo continuamente noi stessi...Non so nulla di come fanno a nascere realmente le cose, nulla di come e quanto sono resistiti e resisteranno al tempo ed agli eventi le cose che conosciamo, le persone che amiamo. Nulla di ciò che sarà, domani. 

Eppure, visto da qui, oggi, questo "nulla" non spaventa. E fa sentire che, nonostante tutto, siamo sempre a debito con l'esistenza. 

I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...