Il Concilio Vaticano II in chiave sinodale - Nathalie Becquart



 

di Suor Nathalie Becquart  – sottosegretaria al Sinodo Mondiale 

 

Alla luce dell’esperienza sinodale che abbiamo in corso, possiamo capire un po’ di più l’esperienza e i frutti del Concilio.

 

Il Concilio Vaticano II si è aperto sulla Piazza San Pietro. E’ una apertura fuori dalla Chiesa. E’ la prima immagine per capire il Consiglio: aprire le finestre della Chiesa. E oggi Papa Francesco parla di Chiesa in uscita. Chiesa per andare fuori, alle periferie. La stessa idea di Chiesa aperta tra Concilio e Sinodo. 

 

Parlo con voi oggi, dopo una settimana con rappresentanti di tutto il mondo. 12 giorni a Frascati per leggere tutte le sintesi sinodali, tutti i feedback arrivati. Possiamo ascoltare una chiamata forte che arriva da più parti per una Chiesa più aperta e allargata. Una Chiesa per il mondo di oggi. La stessa Chiesa dall’inizio, ma che tenga conto che oggi siamo in un altro mondo, in un altro periodo della Storia.

 

Ieri era il primo anniversario dell’apertura di questo Sinodo. E un anno fa, il 10.10.2021 Papa Francesco ha iniziato questo percorso sinodale per tutte le Chiesi locali. Siamo in questo tempo: comunione, partecipazione, missione. Abbiamo finito la prima fase e a fine ottobre si pubblicherà il documento per le tappe successive. Sarà interessante per voi leggere questo documento. E’ un documento che non vuole fare sintesi definitiva. E’ un documento per restituire a tutti la Parola del Popolo di Dio di tutto il mondo. 

 

Il Sinodo è un frutto del Concilio. Ieri abbiamo pubblicato un messaggio per l’apertura. E’ un momento di particolare grazia anche per il Sinodo e per tutti. Il Sinodo rappresentanza un frutto del Concilio, una delle più preziose eredità. Il processo sinodale stesso si situa nel solco del Concilio. La sinodalità è un tema conciliare in tutto. La Magna Charta del Sinodo è la dottrina sulla Chiesa. Teologia del Popolo di Dio. Un popolo che ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali lo Spirito Santo dimora come un tempio. 

 

Qualcuno ha detto che il Sinodo è stato fatto per prolungare il Concilio. 

 

Il momento più importante del Concilio è la redazione di una costituzione importante sulla Chiesa: la Lumen Gentium. La Curia romana, come si usava, aveva preparato i primi schemi sui temi da affrontare nella discussione e il documento sulla Chiesa era pronto. Il primo capitolo era sulla gerarchia. Durante il dibattito e il discernimento comune, ad un certo momento, è arrivata la chiamata per per cambiare e per mettere prima un capitolo sul Popolo di Dio. Per sottolineare l’importanza dell’eguaglianza e della regalità di tutti i battezzati. Siamo prima una Chiesa come Popolo Di Dio, poi una Istituzione con una sua gerarchia. Abbiamo tanti tanti anni di storia di una mentalità di vedere la Chiesa come istituzione gerarchica, come piramide. Per questo, dopo 60 anni dal Concilio, noi viviamo ancora spesso la Chiesa come gerarchia. Quando diciamo Chiesa pensiamo prima alla gerarchia. Non siamo ancora pienamente entrati nella visione di Chiesa del Concilio.

 

La sinodalità è il Concilio Vaticano II in sintesi. (teologo australiano Ormond Rush). 

 

Quali sono le caratteristiche essenziali del Concilio Vaticano II:



-       Concilio Ecumenico (vuol dire che, dai primi secoli della storia della Chiesa, erano state istituite diverse forme di raduno. Tra queste il Concilio Ecumenico era l’istanza di governo più larga ed importante. Che vedeva la presenza anche di rappresentanti di altre confessioni). 

-       È stato annunciato da Giovanni XXIII nel 1959, il giorno della festa di San Paolo. San paolo ci richiama all’idea di una profonda conversione. Quindi il Concilio Vaticano II è stato pensato come una chiamata alla conversione della Chiesa. Che vuol dire una conversione personale di ciascuno e comunitaria come chiesa. 

-       E’ stato una sorpresa, perché Giovanni XXIII era ormai vecchio. Nessuno aveva l’idea che lui andasse a fare un Concilio. Non era qualcosa già nelle corde e nel dibattito… Ma nella sua preghiera ha ricevuto la comprensione che andasse convocato un Concilio.

-       Ci sono stati 3 anni di preparazione, con la consultazioni di tutti. La preparazione di solito si in Curia Romana. Che prepara qualcosa di un po’ già scritto. La grande sorpresa del Concilio, che lo caratterizza come evento dello Spirito, è stata che all’inizio del Concilio si sono alzate voci che hanno detto: siamo padri conciliari. Non possiamo solo ricevere dei testi da approvare. Dobbiamo, come corpo, come assemblea, prenderci il tempo di conoscere, di dialogare, di approfondire. Vuol dire che un Concilio (Come il Sinodo) è un evento di Grazia per ascoltare lo Spirito Santo, non qualcosa di già scritto prima. E’ un percorso. 

-       Una delle chiavi del successo sono nel percorso. Nelle modalità di lavoro. Sono state fatte 4 sessioni tra il 1962 e il 1965. I vescovi vengono a Roma 4 volte, da tutto il mondo. E tornano a casa, più volte. Questo vuol dire tanto dialogo con l’opinione pubblica italiana e romana. Ma anche tanto dialogo con i propri territori di provenienza, tutte le diocesi. E’ un processo di maturazione e alla fine è veramente la Grazia del Concilio. Tutti i documenti sono votati quasi all’unanimità. E’ un percorso per costruire il consenso. Lo spirito Santo lavora tra noi in un percorso di unità. 

-       Papa Giovanni XIII ha aperto e ha fatto la prima sessione, ma poi Paolo VI ha continuato. Erano 2500 vescovi che partecipavano da tutto il mondo (oggi sono 5000). 

-       Lo scopo del Concilio è ritornare all’inizio della Chiesa, non per fare una copia, perché non siamo nello stesso contesto. Ma per trovare l’ispirazione per aggiornarsi. Restare fedeli alle idee e alle intuizioni della Chiesa delle origini, non alle forme. 

-       Il Concilio ha prodotto 16 testi: 4 costituzioni. Sacrosantum concilio  – Lumen Gentium – Dei Verbum – Gaudium et Spes. Seguite da 9 decreti e 3 dichiarazioni. Oggi, con il tempo, capiamo che non dobbiamo separare i diversi testi del consiglio. Vanno lette nel loro insieme. Le 4 costituzioni sono articolate e siamo ancora in questo processo di ricevere il Concilio. Alla nostra luce 60 anni sono un tempo lungo. Ma alla luce della Storia della Chiesa 60 anni è un tempo molto breve. Abbiamo più di 1000 anni anni vissuti con un’altra mentalità. 

-       Lo scopo del Concilio è la Pastoralità. Non pensare la Chiesa dall’alto, non pensare alla Chiesa solo in teoria. Ma l’apporto del Concilio, lo scambio del Consilio è integrare la Chiesa nella realtà del mondo e della Storia. La Sinodalità oggi, come frutto del Concilio, è una maniera di vedere e pensare e vivere la Chiesa, non come maniera idealistica, nel Cielo. Ma in una maniera dinamica, in una visione dinamica della Chiesa nel mondo e nella Storia. E’ molto molto importante. Il cambiamento del Concilio Vaticano II è esprimere la visione della Chiesa nelle diverse dimensioni, integrando le situazioni, i contesti, la realtà dei fedeli e dell’umanità. Questa missione di pastoralità non è un consiglio per scrivere una dottrina sulla luna. Ma per pensare ad una pastorale della Chiesa più aderente alla realtà e al contesto e quindi più incisiva. 

-       Il Concilio è anche una maggiore comprensione della Chiesa. Prima c’era una visione più giuridica. Questo è anche un punto per voi, su cui ragionare. Possiamo vedere, nei luoghi di lavoro e nelle diverse organizzazioni che viviamo, nei diversi organismi che oggi abbiamo, solo una visione istituzionale. Ma senza la visione delle persone e della popolazione quella organizzazioni non esistono. Questa nuova comprensione della Chiesa riguarda l’autocomprensione della Chiesa. Questo è un modo particolare di presentare il cambiamento. Questo è forse uno dei frutti più importanti del Concilio. Nella storia della Chiesa ci sono Concili e Sinodi. Non sono cerimonie. Non sono eventi. Non sono strutture. Sono incontri di persone viventi. Questo ha prodotto il cambiamento. Il Concilio è stato, per i padri conciliari, una esperienza incredibile di incontro tra vescovi di tutto il mondo. E’ la prima volta nella storia della Chiesa. I Concili precedenti sono aperti solo ai vescovi europei. Questo Concilio per la prima volta è con tutti. Oggi dobbiamo continuare ad entrare nella comprensione del Concilio. Oggi possiamo dire che l’esperienza del mondo globale, con tanta crisi e tanta diversità di cultura, non è di ostacolo ma di aiuto alla ricezione del Concilio. 

-       Oggi ci rendiamo conto che il Concilio Vaticano II non è solo un corpo testuale. I testi sono importanti. Spero che li abbiate già letti. Altrimenti vi invito a farlo. Ma i testi non sono sufficienti. I testi non possono esprimere e raccontare l’esperienza viva del Concilio. Il Concilio è anche una esperienza umana, spirituale ed ecclesiale. E’ un processo di riflessione in cui tutte le dimensioni sono intrecciate e articolate. 

-       I padri conciliari per parlare del Concilio hanno parlato di nuova Pentecoste. La Pentecoste è l’esperienza spirituale di andare fuori. Di trovare nuovi linguaggi e nuove lingue per annunciare il Vangelo al mondo in modo che possa essere compreso da ciascuno nella propria lingua.

-       Il sinodo dei giovani del 2018 ha fatto luce in modo più forte su alcuni aspetti della sinodalità e della pastoralità mettendo al centro la dimensione della giovinezza. La giovinezza è un periodo particolare della vita che Gesù stesso ha vissuto. La vera giovinezza è la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di partire per nuove conquiste. 

 


Alcuni punti importanti del Concilio che stiamo vivendo nella sinodalità: 


1.     Una nuova visione della Rivelazione. Siamo passati dalla Rivelazione come maniera di vedere Dio, lontano, e di pensare Dio, concettualmente, alla Rivelazione come modo di fare l’esperienza di Dio. Nella Dei Verbum si parla dell’amicizia di Dio con l’umanità. Dio parla agli uomini come amici e si intrattiene con essi, per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé. E’ il passaggio da un modello di insegnamento ad un modello di relazione. 


La sfida del Sinodo è vedere la Chiesa entrare in relazione con altri, anche non cattolici, con questa amicizia. Dopo il Sinodo dei giovani Papa Francesco ha scritto la Christus Vivit. L’amicizia è la chiave della missione con i giovani e per i giovani oggi. Se noi oggi possiamo vedere Papa Francesco, lui si fa incarnazione di questa modalità di amicizia, prossimità, fraternità. E’ una chiave per vivere anche l’evangelizzazione. 


Prima la visione di Dio era quella di un Dio lontano, dall’alto, che ci insegna delle regole e dei precetti che noi dobbiamo imparare ed osservare. Come in una forma di esteriorità e austerità. Con il Concilio abbiamo recuperato la prossimità con Dio. Questo Sinodo è per mettere in pratica questo stile di Chiesa prossima e dialogante. Non una Chiesa sopra il mondo. Non una Chiesa che, da lontano, giudica il mondo. Ma una Chiesa tra le persone e con l’umanità. Con uno stile di dialogo che si basa sulla convinzione che esista una fraternità universale (Fratelli tutti). Questa è la chiamata dei giovani e questa è la chiamata per la Chiesa tutta. Una Chiesa meno paternalistica, più corresponsabile.  


2.     Mettere la relazione al centro. E’ nella relazione che si trasmette la fede. La Chiesa è chiamata ad assumere un volto relazionale che pone al centro l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo, il discernimento comune, in un percorso che trasforma la vita di chi partecipa. 


Il Concilio è per i vescovi, ma il Sinodo è per tutti. Ed è una chiamata a partecipare tutti.


Mettiamo a confronto l’immagine del Concilio Vaticano I e l’immagine del Concilio Vaticano II. La profonda differenza è la collegialità. Il punto più dibattuto del Concilio è la collegialità. Il Papa fa parte di un collegio dei vescovi, come all’inizio esiste un collegio di apostoli. L’esperienza della collegialità è tra tutti i vescovi, con il Papa che è vescovo. 


Dopo la ricezione del Concilio Vaticano II, con la Lumen Gentium, abbiamo capito l’importanza del Battesimo come fondamento della nostra comune appartenenza alla Chiesa. Vuol dire che oggi l’esercizio è da integrare nella Sinodalità tutto il Popolo di Dio. 


Dal Concilio il focus non è sulle differenze di posizione e vocazione, il focus è su ciò che abbiamo in comune. Il punto comune a tutto il Popolo di Dio è il battesimo, che è di tutti. Tutti i battezzati sono Chiesa. Con tutti i battezzati abbiamo l’appartenenza alla Chiesa in comune. Mettere al centro il comune. Non mettere al centro la gerarchia. Vuol dire che la Chiesa ritrova la visione di sè come Popolo e come Popolo di Dio. Siamo tutti una comunità. 


Il Concilio l’ha detto. La sfida del Sinodo è mettere in pratica, in tutti i momenti, in tutti luoghi della Chiesa, questa visione dell’importanza del battesimo e della nostra uguaglianza. Vuol dire che siamo tutti soggetti, siamo tutti protagonisti del nostro percorso di fede, nessuno è oggetto della fede, nessuno è un passivo ricettore.  


Siamo chiamati tutti ad essere Chiesa e siamo chiama ad essere Chiesa tutti insieme. 


Questo vuol dire rovesciare la piramide. Vuol dire che l’autorità è data a tutti noi, come Popolo di Dio. Vuol dire che assieme alla autorità del magistero gerarchico, che esiste, c’è un’altra forma di autorità che è lo Spirito Santo che parla a tutti. A tutti i battezzati e anche a tutte le persone di buona volontà. 


Questo vuol dire trovare più orizzontalità. Non vuol dire che non c’è più verticalità nella Chiesa. Non vuol dire che non ci sono più i ruoli. Ma vuol dire che i ruoli, da soli, non bastano a comprendere ciò che vuole dirci lo Spirito Santo. Vuol dire che per essere Chiesa, per comprendere, per discernere, abbiamo bisogno degli altri. Il discernimento comune. La partecipazione attiva di tutti. Questa è la sfida del sinodo.


Da questo anche i cambi di liturgia. Non il sacerdote da solo. Ma una liturgia che è un atto con la partecipazione di tutti. Non più assistere alla Messa. Ma partecipare alla Messa. Il cambiamento dello stile liturgico è un effetto della scelta di maggiore partecipazione attiva di tutti i fedeli. 


La Metodologia che il Concilio ci propone è poi sempre:  Vedere, giudicare, agire. Partire dalla realtà, interpretare la realtà alla luce del Vangelo, agire nella realtà nella maniera che più riteniamo giusta, alla luce di ciò che abbiamo interpretato. 


La questione femminile: 


Una novità del Concilio Vaticano II è stato che per le sessioni 3 e 4 Papa Paolo VI ha chiamato per la prima volta delle donne come uditrici (ndr erano 23, 10 religiose e 14 laiche). Erano un piccolo gruppo di donne, ma loro hanno davvero partecipato e hanno fatto un lavoro nelle commissioni. Specie per la Gaudium et Spes. 


Per me, come prima donna sottosegretaria, mi sono sentita molto legata a questi doni del Concilio e siamo tutti in questa linea e per me questa è l’ora delle donne. Perché sono segni dei tempi. Nelle società in tutto il mondo e nella Chiesa uno dei temi che emerge di più oggi è il tema delle donne. Come essere donne e uomini insieme nella società, nel lavoro, nella Chiesa? Da tutto il mondo arrivano sollecitazioni in questo senso. Da tutto il mondo siamo chiamati ad una valorizzazione del ruolo e della leadership delle donne  per arrivare ad una vera uguaglianza. Perché siamo ancora in una mentalità patriarcale in tanti paesi. L’abbiamo già visto nel Sinodo dei giovani e nel Sinodo dell’Amazzonia, adesso lo vediamo in questo Sinodo mondiale:  la domanda sulle donne è molto molto forte. 


Questo tema oggi non è solo un tema delle donne. Molti uomini oggi mettono la luce sull’importanza di andare avanti. Specie nelle nuove generazioni. 


Per dare un esempio concreto: durante il Concilio uno snodo importante è il lavoro tra vescovi e teologi. Molti vescovi hanno parlato del Concilio come di una nuova scuola di teologia per loro. Oggi, nella commissione teologica del sinodo, nelle equipe sinodali nelle diocesi, ci sono uomini e donne. Abbiamo fatto in questi giorni la lettura di tutte le sintesi di tutti i continenti e l’abbiamo fatto con donne di tutti i continenti. Questo è veramente un asse molto importante. 


L’altro asse molto importante del Sinodo è che, per la prima volta, abbiamo gli strumenti e le occasioni per  avere una Chiesa veramente globale. Siamo ancora in cammino in un percorso per imparare a non essere una chiesa universale eurocentrata. Andiamo verso una chiesa universale che valorizza tutte le provenienze e tutte le diversità. 


La differenza tra uomini e donne però è molto importante perchè è come la matrice di tutte le differenze. Se possiamo vivere il mistero della differenza tra uomini e donne con eguaglianza possiamo trovare il modo di vivere l’unità nella diversità.

(Appunti dell'intervento in Direzione Nazionale Acli, non rivisti dall'autrice) 

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