Senza fare a meno di attraversare i conflitti



Per fare sviluppo serve portare visioni che aprono conflitti [Carrosio, 2019]. È necessario che la gente dibatta con le modalità indicate da Amartya Sen [Sen, 2000] e che costruisca dialoghi, discorsi, visioni.

 Per arrivare allo sviluppo è necessario introdurre elementi di conflitto e di rottura nella costruzione della visione locale. Serve portare tutti al tavolo. Servono tutte le visioni presenti. Decostruire la comunità che si presenta in maniera apparentemente compiuta e monolitica. Con un’opera di svelamento. Perché poi la comunità si ricostruisca nel processo di riappropriazione condivisa del passato e d’individuazione del futuro. Attorno a uno specifico territorio. Non in astratto, ma con una postura territoriale.

I conflitti hanno un potenziale evolutivo, ma solo se vengono attraversati e trasformati. Nel suo manuale dal titolo: La trasformazione del conflitto con mezzi pacifici, Galtung parla di capacità di trascen-dere i conflitti [Galtung, 2006]. E prende un esempio: due bambini, un tavolo, un’arancia. Che succede? Nel suo schema tutte le soluzioni possibili di questa scena (ne individua 16) si raggruppano in 5 categorie: prevale una parte o l’altra (seguendo il più forte, seguendo un principio, seguendo il caso, o seguendo una compensazione che contiene in sé anche un possibile ampliamento del conflitto), prevale la scelta di ritiro (si regala l’arancia, la si mette via per dopo, non la si mangia ecc.), si arriva a un compromesso (tagliarla, spremerla, dividerla ecc.). 

Siamo portati a vedere la compensazione e il compromesso come le soluzioni virtuose. Quelle che permettono di evitare il conflitto. Ma in realtà scivolare sempre e immediatamente in una conciliazione, per certi versi acritica tra le parti, è ciò che impedisce al conflitto di essere attraversato e, quindi, trasformato.

La soluzione trasformativa (cioè animativa, secondo noi) è quella che comprende tutto il resto: cucinare una torta all’arancia, metterla all’asta con una lotteria, dividersi il ricavato, per fare altri esempi. Ma anche piantare le parti scartate (semi) proprie e altrui, avviare un commercio, conquistare il mercato ecc. La soluzione trasformativa è la capacità di ridefinire la situazione, in un modo che tutto quello che sembrava incompatibile, bloccato, venga sbloccato e si apra un nuovo orizzonte di possibilità. La creatività è la chiave per la serratura. Il dialogo è la forza da applicare e tra i mezzi più immorali di tutti c’è il non uso di ogni mezzo. Perché la paura di macchiarci entrando nel contesto della storia non è una virtù ma un modo di sfuggirla [Machiavelli, 2013, orig. 1532].

Se questa considerazione è affascinante per tutti, ciò che spesso si tralascia di considerare è che rifiutare il compromesso immediato e mantenere con forza e determinazione la propria posizione non è necessariamente un atteggiamento poco pacifico e poco costruttivo. Anzi, può essere la precondizione necessaria per i passi successivi. La chiarezza e la tenuta assertiva delle proprie posizioni sono infatti essenziali per permettere all’altro di comprendere le proprie ragioni, e il dialogo nasce proprio da questo. Approccio animativo è anche saper stare nella fase in cui il conflitto diventa più evidente e si esplicita; anzi, a volte, è anche provocare l’esplicitazione di conflitti latenti o negati, affinché possano trasformarsi.


(in Forma Esplora Anima - Una conversazione animativa - Paola Villa) 

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