Vengo riconosciuto, vengo ascoltato. È questo ascolto che mi apre la possibilità di vedere altre opportunità, oltre a quelle viste fino a quel momento. Mentre è non essere ascoltati e non essere riconosciuti ciò che non mi permette di visualizzare le alternative. E visualizzare è la precondizione dell’agire.
L’animazione (responsabilità collettiva da assumere comunitariamente) è quindi una funzione di ascolto come avvio di relazione e come recupero delle dimensioni costitutive dell’umano, con cui costruire comunità. È l’ascolto del grido della città al centro del Piano pastorale della diocesi di Roma, ad esempio. Proposta di un anno dedicato a questo. In un piano pluriennale di cui non si conosce l’esito. «Non è solo la raccolta dolorosa ma doverosa delle tante sofferenze e ingiustizie che dilaniano la vita degli abitanti di Roma. C’è qualcosa di più, che richiede uno sguardo contemplativo». Dove contemplazione è guardare a lungo, con attenzione e interesse, sentendo e gustando (o soffrendo) le cose interiormente [Ignazio di Loyola, 2006, orig. 1615].
Altrimenti, corriamo il rischio di proporre misure semplicemente pragmatiche, quando, al contrario, ci viene richiesta una contemplazione dei popoli, una capacità di ammirazione, che faccia pensare in modo paradigmatico [Fausti, 2018]. Il coraggio che ci serve, oggi, è avviare processi profondi, i cui sviluppi saranno, probabilmente, portati avanti da altri da noi.
(in Forma Esplora Anima - Una conversazione animativa - Paola Villa)