Quale Mission per le Acli oggi (e domani)


Dal punto di vista della mission e dell’identità: è tempo di semina

C’è un tempo per ogni cosa. Oggi non è tempo di raccolta. Ma nemmeno di aratura e preparazione del  terreno. Seminare è scegliere che seme piantare (e che seme non piantare), investire risorse per acquistarlo o farselo passare, piantarlo e poi annaffiare e curare perché, se la natura vuole, un giorno altri potranno raccogliere.

Per l’identità generale rimando ai post precedenti. Qui aggiungo  3 semi che mi pare si potrebbe ri-piantare: POPOLO, POLITICA, PACE.

POPOLO: Popolo è soggetto collettivo. E’ più di un insieme di singoli. E’ un insieme di persone accomunate da qualcosa. Le piste che derivano da questa “parola” sono molte e sarebbe bello percorrerle.  
- per un’associazione coltivare l’idea di essere popolo significa riconoscere l’esistenza di parti ma cercare di costruire elementi identitari comuni;
- sentirsi parte di un popolo significa porsi all’interno della società e della storia, con altri, con curiosità e interesse, senza  timore;
- per un’associazione in un Paese in mutamento, con il venire meno dell’automatismo  Stato/Nazione/Popolo, con il crescere delle appartenenze di cittadinanza multipla… significa contribuire a scoprire  ciò che, in positivo, caratterizza oggi l’essere popolo  di un Paese. Su quale patto (oltre la tradizione) si fonda la convivenza comune.
- Per un’associazione di laici cristiani significa il “piacere spirituale di essere popolo” di cui parleremo anche stasera a Motta.

  • LA SCUOLA: Dalla scelta di POPOLO  a mio parere deriva per le Acli oggi la possibilità di scegliere la scuola come ambito di azione per l’azione associativa. Scuola perché luogo comune “di popolo”. Luogo diffuso, raggiungibile, ovunque, sul territorio. Luogo che rappresenta spesso oggi il primo incontro tra famiglie e società. In cui si incontrano (e scontrano) le diversità. In cui si incontrano (e scontrano) famiglie ed istituzioni. In cui si pagano le contraddizioni e le incoerenze. Luogo,  in fondo, periferico della nostra società (perché, apparentemente, è un costo e non produce). Luogo centrale di semina ed educazione al vero, al buono, al bello  (qui il testo Il Papa incontra il mondo della scuola) Gli interventi per i circoli e le realtà di base possono essere infiniti anche a seconda del territorio, delle sensibilità e delle tipologie di scuola. Dall’autorganizzazione di genitori ed insegnanti alla mediazione dei conflitti interculturali, dall’organizzazione di attività integrative al volontariato di “manutenzione”, dal supporto al ruolo educativo alla creazione di ponti con il mondo del lavoro, …. A molto altro.

POLITICA: le Acli non sarebbero le Acli se perdessero la passione politica. Che scivola ambiguamente tra passione per la politica come servizio e passione per la politica come potere. Ma l’ambivalenza è probabilmente ineliminabile. Torna in mente Martini “Ricercate il senso delle cose e degli avvenimenti, non accontentatevi di spiegazioni superficiali; cercate i valori veri e non il quieto vivere, il servizio della giustizia e non i privilegi. (…) Essere sentinelle invita allora, oltre che a segnalare, anche a rintracciare vie nuove nella scelta e nella ricerca del bene comune, sapendo che nel nostro mondo complesso e attraversato da esigenze molteplici e culture nuove, sono necessarie competenze profonde e formazione continua. Servono persone che reggano la fatica di pensare più in profondità, al di là dei luoghi comuni. Persone che siano disponibili a cogliere la realtà in movimento in tutta la sua complessità, che sappiano farsi carico di chi è più debole anche culturalmente e rischia di venire abbagliato da slogan e da mezze verità.” Perché “in gioco è il futuro della democrazia che si fonda sulla capacità dei cittadini di superare gli interessi privati e di convenire su un Patto sociale che assicuri a tutti libertà e giustizia” Ma, anche in politica, non basta dichiarare, serve essere credibili. Per Martini la credibilità delle Acli era data da “un’operatività diffusa, senza secondi fini, che genera fiducia” e dal fatto che “Per essere credibili bisognerà porsi non tanto al di sopra delle parti quanto al di sotto delle parti, ossia nella profondità della coscienza civile del Paese”. (qui l’ebook Martini e le Acli)

  • Credo che il campo principale in cui riprendere l’esercizio di passione politica sia il IL TERRITORIO LOCALE. Stare in rete con altri, coltivare le interlocuzioni con le istituzioni, vivere nella comunità territoriale. Ricostruire una familiarità e vicinanza politica a partire dal suo punto di maggiore intersezione tra politica e comunità. Non per rinunciare alla dimensione nazionale ma per arrivarci in modo differente. Credo che anche in questo le iniziative possano essere molte. Tra le altre la formazione di giovani amministratori locali che alcuni territori stanno già realizzando e che potrebbe essere messa in rete, approfondita e diffusa sul base nazionale. Magari aprendola anche a sperimentazioni che coinvolgano giovani immigrati e persone espressione di altre culture e religioni. Questo investimento formativo oltre ad essere un servizio alle comunità può diventare una rete di persone (anche trasversale agli attuali partiti) impegnate in politica con cui confrontarsi per approfondire i temi ed elaborare proposte.

PACE:  In un mondo attraversato da conflitti, con equilibri precari e in trasformazione, torna il bisogno del concetto di popolo per comprendere cosa oggi può permette una convivenza di popoli diversi e come è possibile dirimere i conflitti senza necessariamente ricorrere alle armi.  “Le scorciatoie sloganistiche aiutano a contarsi non a cambiare persone e circostanze.  I patti reciproci aiutano a fare i conti gli uni con le esigenze degli altri. Visto che alla fine nessun altruismo regge davvero alla prova del tempo e dell’usura” scriveva Alex Langer e poi contrapponeva un pacificismo concreto al pacifismo tifoso e a quello dogmatico. (Pacifismo concreto).

  • VOLONTARIATO, SOLIDARIETA’, NONVIOLENZA, DIALOGO INTERRELIGIOSO…. C’è una situazione internazionale che chiede una maggiore responsabilità. C’è una scelta “pacifista” che chiede di non essere solo declamata ma sostanziata. C’è un vuoto di mobilitazione, impegno, volontariato da cui nasca proposta politica (e viceversa). Questo interpella le Acli. Siamo abituati a considerare i temi della pace come marginali rispetto a quelli del lavoro e del welfare. Ma se guardiamo la storia aclista notiamo che la pace è invece stata un impegno costante in più decenni. E dagli anni 80 in poi è forse stato  più di altro il perno su cui si è poggiato il dialogo e l’interlocuzione con le altre associazioni e con le istituzioni.  Gli incontri tra cristiani ed ebrei di Ferrara, gli incontri tra cristiani e musulmani di Modena, le marce di interposizione nei Balcani e le esperienze di solidarietà del Sorriso per la Bosnia, le missioni in Iraq, i percorsi diffusi di formazione alla nonviolenza… sono tutte esperienze che non possono essere dimenticate. Raccogliere un’eredità significa anche questo. E poi oggi i conflitti per le risorse si nutrono ed appoggiano di appartenenze etniche e religiose. Noi, che da cattolici ai tempi dei Balcani siamo andati nei campi profughi di musulmani, oggi non possiamo stare a guardare. Possiamo mettere in camp proposte di volontariato, azioni di solidarietà, percorsi di formazione e conoscenza di pratiche di nonviolenza, spazi di approfondimento ed elaborazione sulla dimensione internazionale. C’è un insieme di azioni da mettere in campo, non da soli.



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