L'indifferenza non è mai una virtù

Non sono esperta di politica internazionale. Sono una cittadina. Ed un essere umano. E credo questo basti per sentirsi interpellati.


Non invidio chi alla responsabilità di cittadino ed essere umano deve aggiungere responsabilità politiche. E prendere decisioni complesse e difficili assumendone il peso delle conseguenze.

Renzi in Iraq ha citato Srebrenica. E capisco perfettamente la citazione. Per tutti, ma sopratutto per una generazione (la nostra) e per qualcosa  che vuol essere più di un territorio (l'Europa) è il simbolo della colpa per indifferenza ed omissione.

"Poco" dopo Srebrenica ci fu il Kosovo. La tv faceva vedere colonne di donne, anziani, bambini in fuga... Noi portavamo ancora addosso il peso di quella indifferenza a quanto avveniva alle porte di casa. E persone in buona fede si divisero tra chi sosteneva la scelta del non intervento e chi riteneva che la cosa peggiore fosse comunque restare immobili. (Poi, si sa, c'erano i tattici, gli strumentali e quelli in mala fede, ma quella è un'altra storia..).


Secondo me, il tempo ha mostrato che intervenire in un conflitto bombardando una parte non rende interlocutori super partes credibili per le fasi successive dell'auspicato dialogo. E che chi oggi è aggressore domani è aggredito. E viceversa... Ma i Balcani erano i Balcani. Ed erano gli anni 90. Noi eravamo diversi. E il mondo era diverso (anche se... in quanto ad aggrediti che diventano aggressori, alleati che diventano nemici pure l'Iraq...).

L'Europa sui Balcani fallì qualsiasi posizione politica unitaria.  Ma l'ingresso in Europa per molto tempo continuò ad essere la molla e la "carota" per la pacificazione di quell'area. Ed è già qualcosa.
L'Onu è morta nei Balcani. Si disse. Ma questo anche perché fino ai Balcani nell'Onu ancora ci si credeva.  Ed era già qualcosa.
I Balcani vennero non troppo dopo la caduta del muro di Berlino. Ma in qualche modo sembrava "solo" la transizione da sistema a due blocchi a sistema con un unico punto di riferimento.

Oggi... ci manca tutto. 

Ci mancano luoghi e regole inter/sovra/nazionali. Tutti da costruire. 
Ci manca un'Europa. Tutta da costruire. 
Ci mancano chiavi di lettura ed ipotesi. Tutte da approfondire.

Oggi l'unica cosa che mi pare certa per tutti quelli in buona fede è il senso di smarrimento e di impotenza. 
La percezione della fine dell'Occidente per come lo conosciamo. 
La sensazione che tutti i problemi superino agilmente i confini degli stati nazionali mentre tutte le soluzioni siano ancora cercate prima delle frontiere.


È una terza guerra mondiale a pezzi. Ha detto il Papa. 
No, una guerra mondiale è uno scontro tra super potenze. Ha risposto Cacciari. 
Ma è questo il punto. È cambiato il mondo e con lui il vocabolario. E noi continuiamo a leggerlo con parole e pensieri vecchi.


Su cosa (non) si regge l'equilibrio internazionale oggi? Su cosa pensiamo si possa reggere domani?

Forse nel video c'erano un cittadino inglese ed uno americano. Dicono. Con il primo che ha tagliato la gola al secondo.
Chi è in guerra con chi? Chi è alleato di chi? 
Quali sono i confini della guerra?
Come si distinguono i "nemici" dagli "alleati"?

Come evitare che, in Europa o Usa, la lotta ai terroristi diventi una caccia all'immigrato, al musulmano...? (Il ministro Alfano l'altro giorno ha parlato di "problema islam"). 
Noi stiamo intervenendo come "terzi" per dare protezione alle vittime di un'aggressione? O siamo noi i (potenziali) aggrediti e armiamo altri perché combattano i nostri nemici difendendo noi? 
Quali criteri determinano oggi quali vittime è necessario proteggere, in quali contesti è necessario intervenire e quali no?


Io riesco a comprendere il bisogno di fare qualcosa che finisce per essere di fare "qualunque cosa" pur di non essere indifferente. Non riesco lo stesso a credere all'efficacia della  scelta di inviare armi in zona di guerra. 

Ma, alla fine, a me e a noi non sarà chiesto di rendere conto di quella scelta. Che nel bene o nel male peserà su altri.

A me sarà chiesto di render conto come persona, come cittadina. 
A noi sarà chiesto di render conto come parte del cosiddetto mondo del pacifismo e della società civile, di ciò che abbiamo o non abbiamo fatto.

E non sarà un comunicato stampa, un post sul blog o una Perugia Assisi a scrollarci di dosso la responsabilità dell'indifferenza e dell'omissione.

Per cui...
o ci facciamo interpellare e ci facciamo mettere in discussione, realmente, da quanto accade. 
O facciamo in modo che ciò che ci avviene attorno modifichi i nostri piani, progetti, priorità... 
O riusciamo ad uscire da noi stessi e smettere di guardarci l'ombelico...
O mettiamo in campo realmente, ora, qualcosa che non sarà risolutivo ma che sia significativo...

O questa responsabilità sarà una colpa. 
E non avremo nessuno su cui scaricarla.

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