Settant'anni insieme (Lorenzo Gaiani)

 



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Settant'anni insieme
In un giorno di fine agosto del 1944 nascono a Roma le Acli, l’Italia stava ancora combattendo per la sua liberazione da un regime oppressivo e avrebbe dovuto affrontare una gigantesca opera di ricostruzione insieme alla gestione di un percorso di nascita di una democrazia di massa
di Lorenzo Gaiani - 29/08/2014
FOTO - La foto della prima riunione del Consiglio nazionale presso la Curia generalizia dell’Ordine domenicano adiacente alla basilica di Santa Maria sopra Minerva.
In un giorno di fine agosto del 1944, convenzionalmente si ritiene il 28, un gruppo di dirigenti dell’associazionismo e del rinascente sindacalismo cattolico si ritrovò a Roma presso la Curia generalizia dell’Ordine domenicano adiacente alla basilica di Santa Maria sopra Minerva. A poche centinaia di metri da quel luogo sorgeva, e sorge tuttora, l’Albergo di Santa Chiara, in cui il 19 gennaio 1919 un altro gruppo di persone, guidato da don Luigi Sturzo, stese l’atto costitutivo del Partito Popolare Italiano.
Una sola persona era stata presente a tutte e due quelle riunioni, cioè Achille Grandi, il sindacalista comasco che nel 1919 era il Segretario generale della Confederazione italiana del lavoro (CIL), l’organizzazione sindacale “bianca” e che pochi mesi prima, quale rappresentante dei lavoratori cristiani, aveva stretto gli accordi per la nascita di un sindacalismo unitario con il comunista Giuseppe Di Vittorio ed il socialista Bruno Buozzi (che sarebbe stato assassinato dai nazisti alla vigilia della liberazione di Roma).
Proprio Grandi, facendo eco alle preoccupazioni della dirigenza della Democrazia Cristiana e della stessa Gerarchia ecclesiastica, aveva convocato quella riunione cui partecipavano esponenti sindacali e dirigenti dell’Azione cattolica, al fine di verificare in che modo i lavoratori cristiani potessero inserirsi nella CGIL, il sindacato nato dagli accordi siglati in Roma all’inizio di giugno, nella consapevolezza dell’inferiorità numerica e, soprattutto, dell’assenza di una vera e propria formazione politica e sindacale rispetto ai lavoratori di ispirazione marxista.
Si decise così che la Corrente sindacale cristiana (CSC) all’interno della CGIL sviluppasse una struttura associativa distinta dal partito politico e che insieme fosse un luogo di riferimento per le questioni di ordine politico, formativo ed assistenziale. Si decise che il nome di quell’ organismo fosse quello di Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, e che Grandi ne avrebbe assunto la presidenza in via provvisoria mantenendo nel contempo l’incarico di Segretario generale della CGIL accanto a Di Vittorio e al socialista Oreste Lizzadri.Così origina la nostra storia, i nostri settant’anni insieme nella vita dell’Italia che stava ancora combattendo per la sua liberazione da un regime oppressivo, che poi avrebbe dovuto affrontare una gigantesca opera di ricostruzione insieme alla gestione di un percorso di nascita di una democrazia di massa in un Paese che non l’aveva mai conosciuta. Si attraversarono terreni inesplorati, una nuova dialettica di classe, un’impetuosa crescita del sistema produttivo, la rivoluzione dei consumi e dei costumi, gli anni del terrorismo e quelli della stagnazione.
Ma le ACLI sono e restano anche soggetto schiettamente ecclesiale, di laici inseriti vivacemente nell’esperienza concreta della Chiesa locale e di quella italiana ed universale, anticipando talvolta quello che sarebbe stato il rinnovamento conciliare, accompagnandolo con entusiasmo, vivendo e pagando sulla propria pelle le lacerazioni che ne vennero dopo, subendo con disagio una fase di restaurazione mediatica e dottrinaria e, oggi, vivendo con speranza una nuova, possibile primavera.
Quale futuro per questa storia? Credo che esso dipenda da come coloro che lo hanno vissuta cercheranno di attualizzarla nelle loro diverse responsabilità, siano esse più o meno interne al Movimento. Dalle ACLI, lo abbiamo sempre detto, sono venute in tempi diversi messi di amministratori locali, parlamentari, sindacalisti. Per alcuni di essi forse il Movimento è stato un passaggio, un momento della loro scalata al potere. Per altri, per la maggioranza, è stato invece il manifestare in altri campi quel radicamento valoriale che essi avevano appreso dalle ACLI, facendo di loro persone intese al benessere della loro comunità e agli interessi pubblici.
Le ACLI sono state in questi anni palestra di formazione, agenzia sociale, dispensa di servizi, soggetto promotore di cooperazione ed impresa sociale, soggetto ecclesiale, sociale e politico. Né carne né pesce diceva qualcuno, ma il nostro padre fondatore milanese Alessandro Butté ribatteva: siamo l’uovo, che è un alimento completo e talvolta contiene il pulcino.
Ecco, per il proseguimento di questi settant’anni credo che il nostro impegno maggiore sia quello di vivere la nostra storia nella prospettiva di quel pulcino che ancora deve nascere, e che nasce ogni giorno, cioè dei compiti futuri che le ACLI potranno avere e che sapranno esercitare se saranno sempre aperte al loro spirito originario, quello che ha permesso loro di realizzare ciò che hanno realizzato in settant’anni.
Ha detto recentemente Giovanni Bianchi: “La longevità delle Acli deriva dalla complessità materiale ed organizzativa. Ma con questa anima. Con un carisma. La complessità muta nel tempo. Ma è l'anima, è il carisma quello che fa volare il calabrone. Se gli tiri via questo il calabrone non vola più. Se togli l'anima e scomponi la complessità in semplici pezzi non vola più. Finisci per fare un servizio di serie B, un sindacato di serie B… A noi non ci definisce la dottrina ma la mistica. Si rischia. Non si capisce bene. Ma si prova”.
E in questo provare e riprovare è il senso d

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