Perché le marce della pace? Un accomunamento dal basso


Perché le marce della pace? Non basterebbe un convegno, uno scambio di idee, un comizio, un giornale?
Le marce aggiungono altro: sono un accomunamento dal basso e nel modo più elementare, che perciò unisce tutti, nessuno escludendo; sono un’estrinsecazione fisica, disciplinando il corpo ad un’idea che si serve pensando a tutti, non sono di combattimento ma di apertura, e non sono di contrizione o di evasione, perché intravvedono la terra e il passaggio associarsi ad una salvezza universale immanente”
(Aldo Capitini, "inventore" della Perugia Assisi, 61 anni fa)
Tradotto, oggi:
Marcia per la pace é fare fatica. Camminare per km, dopo essersi alzati presto o aver fatto notti in pullman o treno. Fatica fisica, che ricorda che "la pace" non é qualcosa che arriva (solo) dal cielo o che basta decidere e scatta.
Marcia per la pace è camminare assieme con tanti altri in un posto aperto a tutti. Non c'è una verifica all'ingresso. Non c'è nemmeno un vero singolo organizzatore. C'è una strada libera ed aperta in cui chi vuole cammina. Sulla strada ci sono idee ed atteggiamenti e modi diversi di viverla, che trovano il modo di convivere.
Quest'anno, più di altre volte, mi sembra di aver visto più persone singole o gruppi, meno organizzazioni. Meno bandiere identitarie, più famiglie e gente informale. Meno leggerezza ed allegria. Più consapevolezza e bisogno di fare qualcosa.
Siamo in una guerra in corso. Dalla marcia sono uscite meno ricette già definite, più richiesta di ascoltare il desiderio di pace.
O almeno, questo é ciò che é sembrato a me.
Poi, come sempre, ognuno vive il suo pezzo, con la sua storia ed i suoi occhi.
Io sono contenta di esserci stata.
E quando ci si incontra, camminando, senza averlo previsto. É gran bello.

Pragmatici esercizi di umanità, spostamenti e trasformazioni.

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