L'Apocalisse nel deserto: l'eucarestia, il silenzio, il non potere - Giorgio Marcello Pio Parisi


La riflessione di Parisi incomincia, in una prima parte, da una rilettura del tema e del libro dell’Apocalisse inteso come un’interpretazione evangelica della storia. La decifrazione dello svelamento evangelico del senso degli eventi viene applicata al deserto, che nel contesto ha un valore simbolico, ma è collegato direttamente all’operazione di guerra Desert storm al “deserto dell’Arabia, del Kuwait e dell’Iraq”.

Si tratta di un incontro con il deserto in maniera tale che “questo severo incontro […] ci purifichi, ci converta e ci renda più seri, e soprattutto meno violenti nel pensare, nel parlare e nell’agire. Lasciamo che le tremende vicende del Medio Oriente [potremmo dire oggi: dell’est Europa] entrino nella nostra vita, non per uno sterile sconvolgimento psicologico, ma per stimolare un radicale cambiamento di mentalità”.

Si tratta di un deserto dei cuori, delle Chiese e delle convivenze umane: “il deserto dei cuori e delle città staccate da Dio è l’aridità e, nell’aridità, la tempesta che si scatena nella forma di tutte le passioni, dalla paura all’aggressività, e di tutti gli schieramenti, dalle idee alle armi, dalle pietre alle tecnologie avanzate”.

L’apocalisse nel deserto è, dunque, una proposta di conversione, un progetto e un intervento. Infatti “mentre si tentano tutte le strade per intervenire in una crisi sfociata disastrosamente nella guerra, siamo convinti che l’intervento più urgente, più concreto, più radicale e decisivo sia quello dell’Apocalisse nel deserto che – dovrebbe essere ormai chiaro – significa tutt’altro di quello che ordinariamente oggi si intende con queste parole. La conversione è la cosa più urgente […] è l’intervento più concreto, perché è quello che ci mette in comunione con Dio, da cui viene la forza che vince il male. La conversione è l’intervento più radicale e decisivo […]”.

In una seconda parte, Parisi affronta in maniera originale l’apocalisse nel deserto attraverso una lettura della celebrazione dell’eucaristia – intesa come vicinanza alle inesauribili ricchezze della misericordia di Dio rivelataci in Gesù Cristo – in relazione alla guerra. “Siamo oggi chiamati ad un’esperienza radicalmente nuova di vita interiore, di luce, di coinvolgimento, di amore per tutti gli uomini e di abbandono fiducioso in Dio”.

Tale ingresso, con una chiave eucaristica, nelle trame violente nella storia “non [è] quindi in cerca di evasione e di consolazione spiritualistica, ma per entrare nella realtà, vivere la vera concretezza che viene dallo Spirito e per impegnarci nella storia nel modo più efficace, cerchiamo di scoprire il rapporto che c’è fra la messa e la guerra”.

Una decifrazione, tramite l’amore giunto sino alla fine, dell’odio, del peccato, delle violenze inaudite delle guerre. Tale operazione implica “prendere coscienza del modo immaturo con cui viviamo l’attenzione alla guerra e la partecipazione alla Messa” senza un reale “riferimento al rapporto fra il mistero pasquale e quel che accade nel mondo”.

È in tale contesto che l’autore afferma che “abbiamo un grandissimo bisogno di silenzio. Il nostro spirito è come svuotato, espropriato, tartassato e mortificato dai troppi discorsi che sentiamo, specialmente quelli che uniscono le immagini alle parole. Il gran discorrere che si fa intorno a noi spinge spesso a far discorsi che non nascono dal profondo della nostra coscienza ma dalla necessità di non essere da meno […]. Il bisogno del silenzio è molto forte anche nei confronti delle voci interiori che non di rado sono frastuono: pensieri e sentimenti che si impiantano in noi […] rendendoci permanentemente inquieti. Cerchiamo il silenzio per noi, rispettiamo il bisogno di silenzio per gli altri: occorre tacere per ascoltare”.

La stessa fede con cui si celebra l’eucaristia e ci si rende presenti come cristiani nel mondo è essenzialmente un esercizio di ascolto, “la scelta più decisiva in ordine alla messa e all’attenzione alla guerra pensiamo sia l’apertura al mistero”.

Infatti, “mentre sembra che tutta l’umanità si sta convincendo che l’unico intervento efficace per determinare il cammino della storia sia quello delle armi che uccidono i corpi e costringono gli spiriti, la fede nel mistero pasquale ci farà scoprire che l’intervento più efficace e decisivo, in tutte le situazioni, è quello di ricercare la propria e altrui conversione. […] Ciò che seduce gli uomini non solo è il potere delle armi ma qualunque altra forma di potere: politico, economico, culturale, religioso. E con il potere la forza. Il mistero pasquale che celebriamo nella Messa ci svela la salvezza che viene dal non potere […]. La potenza del non potere, la forza della debolezza, sono rivelazioni che si radicano profondamente nel mistero pasquale”.

In un’ultima parte il testo di Parisi fornisce alcuni impulsi non banali sul senso del convertirsi al vangelo in tempi di guerra nella famiglia, nel lavoro, nel riposo, nella città. Per concludere la nostra breve introduzione, crediamo che la riflessione di Parisi – insieme ad analoghe e non-superate riflessioni – possa aiutare nell’urgenza odierna di un discernimento e di un posizionamento non troppo distante dal vangelo rispetto al tempo e ai drammatici – e potenzialmente dilaganti – conflitti in corso.

Articolo di Giorgio Marcello su un testo non pubblicato di Pio Parisi nel 2001. 

Link al testo completo originale qui

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