La parte mette in discussione il tutto e impedisce al tutto di diventare totalitario - Maria Grazia Fasoli
Non è stata influente solo per le donne. E' stata una delle più influenti dirigenti globali dell'organizzazione - Franco Passuello su Maria Fortunato
Io sono arrivato alle Acli all’Ufficio Studi, con una ricerca sugli assegni familiari, quindi direttamente collegato con Maria, che aveva gli uffici appena girato il corridoio, in via Monte della Farina. Erano i giorni in cui si stava sciogliendo la specializzazione femminile. In quei primi giorni Geo (Brenna) aveva fatto un intervento che era stato sbobinato ma non ci si capiva nulla, per cui mi fu chiesto di metterci le mani. A quell’epoca collaboratrici di Maria Fortunato c’erano due donne, diventate per me importantissime: una si chiamava Giovanna Brutti, se ne è andata da poco, siamo restati amici tutta la vita. Fu lei che mi coinvolse a ragionare anche sul tema specializzazione. Ricordo che la questione del 25% che fu introdotta a scadenza era il tentativo di preservare la rappresentanza, nonostante lo scioglimento. Fu considerata, anche a sinistra, una cosa progressista. Perché di base il tema era retaggio di un certo modo anche cattolico di concepire il rapporto tra uomini e donne. Per cui il tema non era tanto la rappresentanza, quanto la relazione uomo donna.
"Non si commette il male perchè si prega". Qualche ricostruzione e riflessione sul rapporto tra Chiese cristiane nel conflitto in Ucraina
Qualche domenica fa all’Angelus il Papa è intervenuto con ”Non si commette il male perché si prega. Se qualcuno commette un male contro il suo popolo, sarà colpevole per questo, ma non può avere commesso il male perché ha pregato. E allora si lasci pregare chi vuole pregare in quella che considera la sua Chiesa. Per favore, non sia abolita direttamente o indirettamente nessuna Chiesa cristiana. Le Chiese non si toccano!”.
L’intervento arriva dopo la decisione del Parlamento Ucraino di approvare il Disegno di legge 8371 “Sulla protezione dell’ordine costituzionale nell’ambito delle attività delle organizzazioni religiose". La legge (adottata ora in seconda lettura ed approvata con 265 voti a favore, 29 contrari e 4 astenuti) secondo quanto riportato dalle agenzie stampa prevede la creazione di una commissione “indipendente dal potere esecutivo” che avrà il compito di condurre “ricerche sull’esistenza di collegamenti e affiliazioni con Mosca o ricerche sulla diffusione dell’ideologia del ‘mondo russo’”. I risultati della ricerca saranno studiati dal “Servizio statale per la politica etnica e la libertà di coscienza” che emetterà un ordine in caso di violazioni. All’organizzazione religiosa vengono concessi due mesi, tenendo conto della procedura di ricorso amministrativo, per conformarsi ai requisiti richiesti e recidere i legami con la Russia. Se i legami dell’organizzazione con lo stato aggressore non sono stati recisi entro 60 giorni, il Servizio statale per la politica etnica e la libertà di coscienza si rivolgerà al tribunale.
A sostegno della normativa era intervenuto il Consiglio panucraino delle Chiese ed organizzazioni religiose (a cui però non aveva partecipato la Chiesa Ortodossa Russa in Ucraina) e la decisione era stata preparata con il viaggio dal patriarca ecumenico di Costantinopoli che ha dato il suo consenso ma ha anche invitato una sua commissione a monitorare e tentare il dialogo.
La Chiesa greco-cattolica ha sottolineato il rischio di consegnare la palma del martirio alla chiesa ortodossa eventualmente proibita, ma si è espressa anch’essa a favore della norma.
Nel frattempo, i casi di frizione tra Chiesa ortodossa non autocefala e governo nazionale Ucraino si sono moltiplicati. Sono una settantina i sacerdoti condotti in tribunali e condannati come collaborazionisti con la Russia. E’ ovviamente stato proibita l’assistenza pastorale ai militari ucraini ai Pope di Onufrio (per timore che questo comporti il rivelarne posizioni e piani) e l’altro aspetto cruciale riguarda le proprietà ed i passaggi forzati da una chiesa all’altra.
Fino al XVII secolo la metropolia di Kiev (considerata culla storica della Chiesa russa) dipendeva dal patriarca di Costantinopoli. Successivamente è passata al Patriarcato di Mosca (eretto nel 1589). Nello stesso periodo (1596) le diocesi ortodosse ucraine del Granducato polacco-lituano hanno interrotto le relazioni con il patriarcato di Mosca e si sono riconosciute nella chiesa cattolica. Queste diocesi (che prima costituivano la Galizia, poi sono entrate a far parte della Polonia e successivamente sono state annesse all’URRS) di fatto hanno vissuto in clandestinità fino al 1985, con Gorbaciov. Oggi costituiscono la chiesa greco cattolica di rito bizantino, presente soprattutto nell’area occidentale dell’Ucraina. Nel 2005 la chiesa greco cattolica di rito bizantino ha trasferito la sua sede da Leopoli a Kiev, con disappunto della Chiesa ortodossa.
Dopo che, con il dissolvimento dell’Unione Sovietica, l’Ucraina diventa uno Stato Autonomo, nel 1992, in Ucraina nasce la pressione per una propria chiesa ortodossa, in tutto autonoma da Mosca.
Stile popolare e riconoscimento. Riflessioni a margine dell'esperienza di accoglienza estiva di ragazzi Ucraini

Questa estate c’è stata la terza edizione dell’accoglienza estiva di ragazzi ucraini. Da quando la guerra è iniziata le Caritas Ucraine hanno chiesto disponibilità alle diverse Caritas europee per organizzare momenti in cui ragazzi di territori in guerra potessero vivere un momento di serenità e di “normalità”. Caritas italiana ha da subito chiesto la collaborazione delle Diocesi e di alcune associazioni laicali. Come Acli da subito abbiamo raccolto l’invito e ci siamo mobilitati.
L’esperienza (coordinata, come ogni anno, dalle Acli di Milano assieme alle Acli Nazionali) si è svolta il primo anno nell’alto bresciano, il secondo in Trentino-Alto Adige e quest’anno si è realizzata a Frabosa, in provincia di Cuneo, con il coinvolgimento attivo delle Acli locali e di tante associazioni e realtà del territorio.
Papa Francesco nell’ultimo incontro ci ha parlato di stile aclista come stile popolare. “Si tratta non solo di essere vicini alla gente, ma di essere e sentirsi parte del popolo”. “Nel contesto di una società frammentata e di una cultura individualista abbiamo un grande bisogno di luoghi in cui le persone possano sperimentare questo senso di appartenenza creativo e dinamico, che aiuta a passare dall’io al noi, a elaborare insieme progetti di bene comune e a trovare le vie ed i modi per realizzarli”. L’accoglienza dei ragazzi ucraini è stata un modo di sperimentarci in questo stile popolare e ci sembra che lo sia stato essenzialmente in tre modi.
Il primo è la modalità di coinvolgimento dei giovani animatori. Per i circa 25 ragazzi italiani che si sono alternati nelle due settimane è stata una esperienza altamente educativa. Ma su cosa si è basata la loro chiamata? Non è stata richiesta l’appartenenza alle Acli come precondizione, né è stato chiesto di essere recettori di una proposta educativa pensata da altri. Ai giovani e giovanissimi (tra i 14 e i 25 anni) è stata posta una richiesta di aiuto. È stata fatta loro la proposta di mettere a servizio di altri le proprie competenze e la propria stessa identità di giovani italiani. La risposta è stata generosa e sopra ogni aspettativa. I giovani non sono passivi e indifferenti. Sono pieni di contraddizioni, ma hanno molte più capacità di quel che pensiamo e hanno bisogno e desiderio di sentirsi utili. Preziosa in questo senso è stata anche la presenza di giovani di seconda generazione (con una appartenenza nazionale, culturale e linguistica plurale, creativa e dinamica) e di giovani con esperienza migratoria (che hanno messo in circolo l’accoglienza ricevuta). I giovani provenienti dall’Italia si sono attivati, hanno predisposto le attività, hanno preparato e gestito tutto quello che ha riguardato l’animazione, con l’obiettivo di offrire uno spazio “tra giovani”, in cui al centro non ci fosse il loro essere adolescenti con altri adolescenti, anche per i ragazzi ucraini, e non la loro esperienza di guerra.
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