IL CIRCOLO ACLI DI SAN MARTINO A SANREMO: PORTO APERTO ALLE OPPORTUNITÀ E AGLI INCONTRI


Dal 1958 spazio libero e accogliente del quartiere San Martino” c’è scritto sulla pagina facebook del circolo che in queste giornate, proprio in occasione della kermesse musicale più famosa d’Italia, sta organizzando con e insieme ai Giovani delle Acli tante iniziative su Europa, lavoro, prossime tornate elettorali e diritti. Proprio dall’incontro con il circolo San Martino, un po’ per gioco, è nata l’idea, che poi è cresciuta ed è diventata reale, di proporre una serie di eventi che possano sensibilizzare l’opinione pubblica su questioni calde e troppo spesso fuori dal dibattito mediatico, sfruttando la settimana in cui Sanremo è al centro di ogni contenuto mediatico. Perché questa é una delle funzioni dei circoli: costituire, per il solo fatto di esserci realmente, in un territorio, un'opportunità per qualcosa che ancora non si conosce ma che può realizzarsi. 

LA STORIA

Il circolo Acli San Martino di Sanremo, che tanti chiamano ancora “La Bocciofila” nasce nel 1958 ed svolge le proprie attività in uno spazio dato in gestione dal Comune che, periodicamente, rinnova la convenzione. Non avendo la proprietà il senso della provvisorietà si vive sempre. Ma dal 1958 sono lì e sono consapevoli di essere, con la 70ina di soci e le varie attività, riconosciuti come presidio sociale, culturale e ludico del territorio.   

L’INTERVISTA

Flavio Di Malta è presidente di circolo dal 2020, nel quadriennio precedente era stato componente del direttivo. Gli chiediamo come ha incontrato le Acli e ci racconta di aver fondato un giornale di quartiere, con un paio di anziani. Con questo giornale hanno iniziato a raccontare il quartiere. Ad un certo punto avevano bisogno di spazi per fare anche iniziative pubbliche e così  sono entrati in contatto con l’ex presidente del circolo che ha usato con loro il metodo che ora  loro stessi portano avanti come circolo. “Vi serve uno spazio per una attività? E’ una cosa che ci sembra buona? Potete venire, non c’è un costo di affitto sala. Ma che qualcuno di voi si tesseri e iniziamo a conoscerci”. 

Così abbiamo iniziato. Poi con la frequentazione abbiamo avviato un ricambio generazionale che ha avuto un impulso maggiore quando ho iniziato a frequentare la formazione nazionale delle Acli.  Perché è lì che ho preso consapevolezza di cosa sono le Acli e che potenzialità hanno. Per me fino ad allora le Acli erano l’ufficio per fare l’Isee e il circolino. 

L’ultimo sviluppo è stato l’avvio dell’attività in un’altra zona di Sanremo, a Coldirodi. Lì, dove in questi giorni abbiamo esposto la mostra temporanea “Il g(i)usto di fare le Acli”, adesso gestiamo un museo, con una sala conferenze e una casetta per attività libere di circolo. Formalmente ad oggi quella è una attività del circolo San Martino, ma in sostanza non sappiamo cosa sarà in prospettiva

Oggi ci sono delle persone che fanno attività in entrambe le sedi e persone che fanno attività solo lì, che sono di quel quartiere e che vengono da quella zona. Oggi è come se fosse un gruppo con anche una propria autonomia, ma che fa riferimento al circolo. Anche questo è nato da incontri e conoscenze. Un giorno è venuta una persona e ha detto: vogliamo riaprire questo museo, che è importante per la frazione e che è chiuso da tanti anni, come Acli riusciamo a fare qualcosa? E da lì abbiamo fatto un percorso che è durato un anno, abbiamo formato un comitato tecnico che segue tutte le attività di quella sede e abbiamo costruito il contatto stretto tra quelle attività ed il circolo in generaleÈ stato un bel modello di azione, reso possibile non dalla bacchetta magica di Flavio di Malta, ma da un lavoro con le persone, tra persone. Un modo di lavorare alla maniera che ho imparato altrove ma che ho ritrovato anche in Acli. Se funziona è perché siamo riusciti a far crescere la comunità, in modo che le fatiche siano ripartite su varie spalle, in modo che tutti siano felici perché quello in cui si impegnano dialoga con i propri desideri e le proprie aspirazioni. Perché le comunità si reggono se le persone si sentono protagoniste e se l’impegno rende anche un po’ felici… 

Il circolo è molto aperto e accoglie gruppi ed associazioni che hanno il piacere di fare qualcosa assieme o anche semplicemente che hanno bisogno di spazi per farlo. In questo modo è nato, ad esempio, il  rapporto con Popoli in arte, un’altra associazione del territorio E’ iniziato facendo un incontro, poi un altro, poi vedendo che ci si piaceva si è iniziato ad allargare il dialogo:  cosa facciamo noi, cosa fate voi, cosa possiamo fare assieme… adesso la presidente di Popoli in arte è anche nel coordinamento di circolo e molti soci sono comuni, per cui possiamo dire che siamo partner. Che si lavora assieme. Poi ognuno ha la sua specificità. Le iniziative di Popoli in arte hanno scopi precisi, come le nostre iniziative hanno scopi precisi. Dove questi scopi si intersecano le cose le facciamo insieme. Dove non lo fanno si va singolarmente. C’è un rapporto seminato, maturato e che adesso cresce…”

Ci sono tante altre associazioni e gruppi con cui facciamo le cose o che fanno cose nella nostra sede. Ma non è che noi prestiamo loro la sede. Noi siamo un tutt’uno con loro. La comunità del nostro circolo si compone di vari gruppi che hanno interessi e ambizioni diverse. Il gruppo di popoli in arte è costituito da quella parte di soci che hanno interessi di attivismo più culturale, di organizzazione di aiuto ai migranti, di arte educazione… e questa è una parte dei nostri soci. Poi c’è il gruppo del calcio balilla che è un gruppo abbastanza numeroso, che è fatto di appassionati (alcuni anche campioni) di calcio balilla. C’è il gruppo degli amanti dello scopone scientifico o quelli del torneo di belota. Loro vengono tutti i giorni, giocano a carte. Poi se c’è un evento culturale che li interessa, partecipano. Se non interessa, vanno avanti con il loro gioco.  Ci sono cose che coinvolgono tutti e ci sono cose che coinvolgono gli amanti di una cosa o di un’altra. E’ tutto una situazione molto fluida, molto eterogenea. Non c’è solo una cosa o solo un’altra. Non siamo una setta, non siamo un gruppo di uguali. Siamo un hub o, per meglio dire, visto il contesto, siamo un porto, un porto apertoIn cui ciascuno porta qualcosa, ciascuno mette in collegamento con qualcun altro… “

Tutto parte dall’incontro tra persone. Se qualcuno arriva e chiede di affittare le sale noi diciamo di no. Noi diciamo che le sale possono essere offerte senza pagare un affitto. Vieni, provi, se ti trovi bene qualcuno si associa. Quello che chiediamo, se vi trovate bene e volete continuare a venire, è che almeno alcune delle attività che fate siano aperte a tutti, che siano un’opportunità per la comunità. Avete bisogno di fare un incontro ristretto, solo per voi, per parlare delle vostre cose? Non è un problema, ma vi chiediamo se riuscite a farne anche uno aperto a tutti. Sui vostri temi, ma aperto al quartiere e agli altri gruppi. E’ attraverso cose del genere che nasce la relazione tra gruppi e che si sviluppano le attività.  

Una volta al mese facciamo il Circolo Freire, un incontro mensile, con lo spirito di Freire, pedagogista brasiliano, per cui si individua un tema e lo si affronta assieme. Questo è ormai diventato un appuntamento fisso. Al circolo poi ci si incontra come direttivo del Festival dei Boschi. Siamo 5 soci che seguiamo questo festival di Arte educazione  che è arrivato alla sua decima edizione e che, in un week end di agosto, coinvolge 20 educatori popolari.  Una volta l’anno poi realizziamo una formazione, spesso congiunta con Popoli in arte.  Sono iniziative di formazione sull’educazione popolare e sul metodo Freire. L’ultima, a fine gennaio, si chiamava “Dire e fare comunità. Costruire la dimensione del collettivo e attivare il territorio. L’impegno della comunità” e metteva al centro la matrice “Growing community” per sviluppare protagonismo. 

Sempre con Popoli in arte, si prepara, ciascuno a casa propria, il cibo per i migranti in transito da Ventimiglia. Poi si passa con le macchine a ritirarlo e lo si porta per la dimostrazione. È  un’attività che va avanti, una domenica al mese, dal 2015. Questo ci dà la misura concreta di ciò che impropriamente chiamiamo emergenza ma che in realtà è un fenomeno del tutto stabile.”

Non può mancare, sul finire, una domanda sul Festival. Come vive il territorio di Sanremo questa annuale invasione di notorietà? “Siamo una delle province più estreme di Italia.  A parte questa settimana, in cui sembra che siamo al centro dell’Universo,  restiamo periferia, terra di confine. Rispetto al festival ti rispondo a titolo personale. In generale all’arrivo del tornado ci si abitua. Non abbiamo sudditanza nei confronti dei personaggi. L’invasione fa parte della nostra (anche se temporanea) quotidianità. Però ad un certo punto, invece di scappare o combattere l’invasione, mi sono detto: questa è la realtà, a questo punto cerchiamo di starci dentro, ma di farlo con la postura migliore possibile. Sfruttando l’occasione per proseguire il nostro lavoro di sempre su questi temi. Per questo quest’anno in questi giorni abbiamo la mostra temporanea, la formazione dei giovani delle Acli, la presentazione di libri su affido e famiglia...

In una lavagna che forse non viene mai pulita c’è una frase che riassume bene quello che muove i volontari del circolo: “Non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi, chiedetevi cosa potete fare voi per il vostro paese. Il bene porta bene.

 

Foto di Daniele Cametti Aspri. 2024. 

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