L'autismo e la politica


Molti autistici (e non) combattono ogni giorno con la fatica necessaria a vivere in un mondo progettato per neurotipici. Un mondo poco interessato - verrebbe da dire sempre meno interessato - a mettersi in relazione reale con qualsiasi forma di diversità (psichica, fisica, etnica, culturale, sociale, religiosa, di genere o di provenienza...). 
Grillo che parla in una convention di un movimento che ha promosso e creato è un politico, che questa definizione gli piaccia o meno. E nel momento in cui - in modo monotono, mantenendo sempre lo stesso tono di derisione e sempre lo stesso volume da urlatore - descrive singole caratteristiche legate a specifiche difficoltà di alcune persone, per il puro gusto di cercare la battuta, dimostra di essere lui stesso un esempio di politica sorda e distante.
Con una differenza.
Che nessun sordo sceglie di essere sordo.
Che nessun autistico sceglie di essere autistico.
E che quando una persona autistica, nella relazione, fatica a cogliere l'altro, non è mai per scelta. 
Grillo invece fa il comico, il comunicatore, il politico, l'imprenditore... Ha costruito il suo successo sulla comunicazione. Sa benissimo come funziona il meccanismo. Ha semplicemente scelto di ignorare una parte della gente che lo avrebbe ascoltato. Perchè interessato solo alla massa. O per il gusto della polemica. 
O per puro delirio da narciso. 
Perché, come si è sempre detto, da vicino nessuno è normale.
Ognuno di noi ha la sua diversità...

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