Oltre la tentazione della realtà immediata - Ilvo Diamanti

In realtà io oggi sono… come dire - non dico felice, perché è una definizione indefinita -  sono soddisfatto di essere qui,  perché in qualche modo è un’occasione per ricongiungermi alla mia storia e alla mia biografia, per ricordarmi ciò che sono stato. E ciò che sono stato contribuisce a ciò che sono adesso, alla mia identità attuale. 

La mia prima esperienza pubblica è nelle Acli. Avevo i capelli, avevo anche la barba fluente, ero giovane… In un dibattito mi hanno definito: “Una delle teste più lucide del nostro paese”. Che dire: la lucidità l’ho mantenuta. In questo caso la lucidità mi spinge ad individuare un percorso di comunicazione che parta da un battuta e da un frammento di storia comune per permettermi di inserirmi nelle vostre riflessioni, con ciò che dirà poi il collega Tommaso. 

Anche io per tanti anni ho insegnato qui ad Urbino e lì, a Parigi. 30 anni ad Urbino e 27 anni a Parigi. Per lo più in contemporanea. Tenete conto di cosa potesse significare spostarmi di continuo, nella stessa settimana, prima a Parigi e poi ad Urbino. E dal punto di vista delle trasferte andare a Parigi era molto più semplice che venire ad Urbino! A chi (e c’era) mi chiedeva: “Ma come fai a fare una vita di questo genere? Ma sei matto?” Io lo guardavo come se il matto fosse chi poneva la domanda. “Ma ti rendi conto? Io ogni settimana vado in due dei luoghi più belli che conosca. Passo da avere di fronte la Basilica, in una piazza come questa, ad avere di fronte il Pantheon. E non solo: mi occupo di ciò che mi piace e mi interessa. Aggiungete che, per tutto questo, sono anche pagato! Di cosa dovrei lamentarmi?”.  

Io oggi sono legato, doppiamente, a questo luogo e a questa occasione, perché ci siete voi e perché questo è il mio mondo. Qui ho anche cresciuto persone di qualità e valore che sono presenti anche oggi e che, per fortuna, oggi che sono pensionato, proseguono nella loro attività, di fatto riproponendo e portando avanti anche la mia attività. 


A parte le battute, che però servono a ricollegarsi. Qui è un posto dove si viene, perché qui esiste un centro di riflessione e di elaborazione e di analisi. Un centro di ricostruzione sociale, storica, politica a cui anche voi, oggi, contribuirete con la vostra riflessione e la vostra esperienza. 

Il titolo della mia lezione di oggi è abbastanza preciso e definito “Oltre la tentazione della realtà immediata” e riflette quello che ho posto anche in un altro seminario, in cui però aveva un altro titolo “Io esisto, grazie agli altri”. Quello che vorrei proporre è un ragionamento abbastanza breve, ma importante, che si colloca tra questi due titoli. 

Voi oggi siete qui, per riflettere, sulla vostra attività e sul vostro impegno, con il contributo di altri che si occupano di argomenti che vi interessano. Il contributo che io porto alla vostra comune riflessione è quella delle trasformazioni della società con l’avvento dei media. 

Il titolo oggi dice: “Oltre la tentazione della società immediata”. Cosa è la società immediata? Non è primariamente qualcosa che ha a che fare con un aspetto temporale. Immediata nel senso di senza mediatori, senza mediazione. Una società immediata è oggi una realtà ed è un rischio, collegato alle trasformazioni tecnologiche e mediatiche. Oggi siamo nel tempo del digitale. Ci sono tante cose che si potrebbero dire su questo tempo del digitale. Quella che oggi scelgo di sottolineare è il fatto che il digitale si esprime e propone una forma di comunicazione immediata. 

In molte ricerche che ho fatto ho messo un quesito sulla fiducia e sfiducia. Quando incontri persone che non conosci, cosa pensi? Pensi “Mi può fregare” o pensi “Può essere qualcuno con cui dialogare?”. Le ricerche dicono che il 60% delle persone pensa “Mi può fregare”. Certo, poi può essere detto in modo pesante. Può essere detto come “Serve prudenza, serve essere diffidenti”. Ma è la stessa cosa. Più di metà di noi, incontrando un altro essere umano, pensa in primo luogo all’altro in termini di sfiducia. 

Un altro aspetto che misuro sempre nelle mie indagini è l’uso dei diversi media (“media”, non “midia”, una volta il mio amico Corrado Augias mi ha corretto “E’ latino, non inglese”. Da quel giorno mi sono scusato e ho sempre detto “media”). Quanto tempo passo con i media. Quante cose faccio attraverso i media. La fiducia/sfiducia e l’uso dei media. In questa relazione vedo un legame molto stretto che passa per la comunicazione immediata. 

La fiducia è legata alla presenza, alla convivenza. Quando stai sui media, sul digitale, sei sempre con gli altri, ma sei anche sempre da solo. Questo non vuol dire che il digitale necessariamente generi distacco. Ma vuol dire che, statisticamente è evidente, la crescita della sfiducia negli altri è correlata al crescere del tempo passato in una comunicazione immediata. 

Il crescere della sfiducia significa che cresce anche il grado di infelicità, di mestizia, di solitudine. Nella relazione immediata sei con altri, ma resti solo. La presenza dell’altro, attraverso un media, non riesce a placare il senso di solitudine. Se sei solo, sei solo, resti solo. 

In questo sta l’importanza di una esperienza associativa, come le Acli, una esperienza associativa come quella che voi avete ed esprimete. L’importanza di un esperienza associativa sta nella presenza degli altri.  L’importanza del fare associazione è che stai con gli altri. L’importanza è che voi oggi siete fisicamente qui e avete, fisicamente, l’opportunità di parlare tra voi di ciò che vi interessa. Di fare, insieme, quello che volete fare. Questo è importante. Per questo sono importanti le esperienze associative.  Lo sono, per questo, anche più di quanto non lo siano per quanto producono. 

Una cosa che misuro nelle mie ricerche è la conoscenza dell’ambiente dove si vive. Io chiedo spesso: conoscete i vostri vicini di casa? Quante persone conoscete nel vostro palazzo? Nel vostro quartiere? Io nei luoghi dove vivo vado in giro periodicamente a leggere tutti i campanelli, per vedere come si chiamano le persone. Sapere che le persone si chiamano così e così significa trasformare entità impersonali in persone. Significa dare loro identità. Voi, quando vi conoscete, vi riconoscete. La conoscenza è fatta anche di riconoscimento. Il riconoscimento può generare, attraverso uno scambi di relazioni, anche la riconoscenza, la riconoscenza genera fiducia. Per questo le associazioni e le esperienze associative sono importanti. Sono importanti perché permettono di combinare una serie di esperienze rilevanti. Sono significative perché contribuiscono a trovare e dare significato.

Certo, voi siete parte di una associazione perché aderite e condividete gli obiettivi di questa associazione. Ma siete anche in questa associazione perché vi dà l’opportunità di scambiare relazioni. La seconda motivazione non è di minore importanza rispetto alla prima. Quella di oggi per voi è un’occasione per incontrarvi, di stare insieme, di parlare di cose che vi interessano. Ma, anche al di là delle cose che vi interessano, è importante che voi oggi siate assieme e che parliate. Così importante che siete venuti, da posti diversi, fino ad Urbino. 

Io ho sempre concepito questo aspetto come un aspetto determinante della vita. La condivisione per me è stato un elemento determinante. Condivisione non significa solo condividere. Significa essere insieme. Stare insieme, restare insieme, è importante e non è scontato.  

Guardate che quello che viviamo oggi è un momento determinante. Arriva dopo anni in cui le cose sono cambiate, dal punto di vista della partecipazione associativa. Da una indagine fatta negli ultimi anni sappiamo che il 40% degli italiani dice di aver partecipato ad attività di natura associativa almeno una volta l’anno. Se si va in profondità e si scende nel  concreto, chiedendo chi ha partecipato con una certa frequenza, si scende al 5-6%.  Se si chiede ai più giovani, la partecipazione è notevolmente minore, e va diminuendo, in questo decennio. 

E’ inutile girarci attorno: una prima causa che ha dettato il crollo della partecipazione è stato il virus. Gli anni del virus hanno reso la convivenza un rischio per la vita. Stare con gli altri era rischioso, quindi era delimitato, con limiti anche molto forti. Ma questa è solo una delle cause. 

La seconda questione che, dal mio punto di vista, ha contribuito al crollo della partecipazione è stata la disponibilità di possibilità di partecipare online. 

Gli strumenti sono utili. Ma l’associarsi non può esistere solo online. Un’associazione non può resistere solo online. Non ci può essere associazione senza incontro. E non ti puoi incontrare solo online. Non puoi partecipare solo online. Non puoi perché la partecipazione ha bisogno di almeno due elementi: l’incontro reale con le persone e lo spazio, il il territorio. Lo spazio è un elemento portante dell’incontro. Lo spazio non virtuale, ma reale. Voi oggi siete qui, fisicamente, siete insieme, siete in una stanza, in un determinato luogo, che è Urbino ed in cui siete arrivati con un viaggio come quello con cui si arriva ad Urbino. 

Attenzione! La tentazione della società immediata è alta, perché è conveniente. Risparmi tempo, risparmi soldi. Ma è rischiosa. La società senza tempo, senza mediazioni e senza mediatori (lo spazio fisico è un mediatore) questa società c’è, non possiamo eliminarla. Ma dobbiamo considerarla come una parte, una componente, che ha bisogno di altre componenti. Le altre componenti sono ii tempo e  lo spazio, che rendono realmente presenti le altre persone. 

Io esisto? Grazie agli altri. Senza gli altri io non esisto. Da solo, io non esisto. La solitudine non solo deprime, ma porta a sentire di non esistere. La solitudine di fatto emargina, taglia fuori. Un mediatore è lo spazio. Un mediatore è il tempo. Noi non possiamo rassegnarci ad un tempo senza tempo. Ad un tempo in cui l’unica dimensione che esiste è l’adesso. Non possiamo perché se esiste solo l’adesso, non esiste nulla. Perché l’adesso è una rincorsa continua. L’adesso nel tempo in cui dico adesso, è già passato

Nel tempo segnato dal digitale tu sei subito in connessione con gli altri. Adesso. Subito. Ma il subito eterno rende passato ogni istante. Noi abbiamo bisogno di un tempo che si dipana. Noi abbiamo bisogno di porci nella nostra storia. Non esiste società, non esiste comunità senza gli altri. Non esiste società, non esiste comunità, senza tempo. Non esiste società, non esiste comunità, senza mediazione. Non esiste società, non esiste comunità, senza gli altri.



Non esiste società e non esiste comunità senza un noi. 

Gli altri diventano noi quando partecipiamo con loro. Gli altri diventano noi condiviso se la condivisione è fondata su valori. Se i valori sono compartecipati e spingono le persone a muoversi in una comune direzione. Ma gli altri diventano noi se siamo con altri, in un tempo e in uno spazio. Anche se condividere quel tempo e quello spazio ci sembra troppo oneroso. Anche se ci sono disponibili scorciatoie. Un valore senza il noi non resta lo stesso valore. Un valore senza tempo e senza spazio non diventa storia, resta un istante che si ripropone all’infinito. 

Dopo di me verrà chi vi darà indicazioni più reali, più concrete. Io vi invito a proseguire a fare associazione, proseguire a valorizzare il noi come parte di una storia. Di valorizzarlo perché solo insieme si raggiungono gli obiettivi. Ma soprattutto di valorizzarlo perché solo insieme si può essere felici. Da soli, senza gli altri, si è più infelici. Questo è il senso del fare associazione. Questo è il motivo per cui fare associazione oggi, nel tempo della società immediata è ancora più rilevante e significativo. 

Appunti presi in diretta e non rivisti dall'Autore in occasione del Comitato Scientifico Iref riunito ad Urbino. 



Se non ha ciò di cui hai bisogno cambia

"Se non ha ciò di cui hai bisogno cambia. Partner. Negozio. Banca". Va bene che i rapporti non siano tutti eterni. Però che il cam...