Karkhiv è lontana. Con gli attuali mezzi per arrivarci da Roma ci vogliono un sacco di passaggi e di ore.
Karkhiv è (abbastanza) vicina alla linea del fronte. Che, come dicono qui, non è più una linea. Con i droni la linea è un'area. Killer zone. Dicono.
Il comune di Karkhiv è molto efficiente, raccontano tutti. Il comune ci tiene a rimettere a posto il prima possibile tutto ciò che viene colpito dalla guerra. Ad esempio fornisce in tempo reale i pannelli di legno da mettere al posto dei vetri quando si infrangono. Tanto..."Solo una minoranza estremamente ottimista rimette il vetro".
Con un gruppo di 110 italiani in visita il tema sicurezza è al centro di mille chiacchiere serie e non. Anche il nunzio ed il vescovo pregano perché il nostro pellegrinaggio sia sicuro e perché noi possiamo tornare a casa "sani, salvi e felici".
Come sempre, in queste situazioni, pensi "noi siamo qui due giorni, loro ci vivono". Stavolta però mi colpisce il "felici". Si può essere davvero felici qui, ora?
Le app avvertono (ogni mattina alle 9) quando è il momento nazionale di silenzio e tutto si ferma. Le app (degli italiani) diffondono le sirene di allarme per ogni avvistamento nella zona che hai selezionato da attenzionare. Gli ucraini hanno sistemi più silenziosi e raffinati, fatti di una rete di canali telegram, che permettono di discernere se modificare i programmi o andare avanti come nulla fosse.
L'app nella versione (in inglese) che usiamo noi ha una voce "May the force be with you" e ti chiedi come momenti drammatici e cultura pop possano essere così contigui.
Nelle chiacchiere di colazione del primo giorno e nelle chat il tema ricorrente sono i bunker. "Sei sceso?" "Quanto ci sei rimasto? "Io ho portato il cuscino" "io la coperta". "Io ho fatto su e giù 5 volte" "io ci ho dormito". "Io l'ho ignorato e sono rimasto su" perché "Dalla Russia a qui il missile ci mette 40 secondi". "Quando senti la sirena, puoi pensare che sei fortunato, perché colpito da un'altra parte".
Se ci penso oggi, a caldo, questa mi sembra una delle fatiche enormi della guerra. Essere sottoposti, continuamente, a dover prendere decisioni per la sicurezza propria e dei propri cari. Senza una logica precisa a cui affidarti. Quanto più sei prudente, tanto più sei costretto a rinunciare a vivere. Quanto più decidi di vivere "normalmente", tanto più, se poi dovesse succedere qualcosa, ti resterà addosso il peso di quella scelta... Il concetto di stress e dolore in guerra non riguardano solo il sangue, la morte e la distruzione fisica...
(Parte delle foto, quelle più belle, sono di Alberto Ubezio).
