Ma le cose che più sintetizzano la mia idea di 1 maggio di quest'anno direi che sono più o meno queste:
Pietro (cioè mio figlio, 6 anni quasi 7) che spiega, da "esperto", al fratello di 5 anni cosa è il 1 maggio:
Cosa è il 1 maggio? E' la festa del lavoro. La festa del lavoro è che tutti quelli che di solito il venerdì lavorano oggi non lavorano e fanno festa. Tutti quelli che tutti i venerdì non lavorano perchè non c'hanno un lavoro oggi non lavornano. Ma non fanno festa. Cioè... non gli cambia niente!E un cooperante che sul suo blog parla di un collega ucciso cercando di spiegare cosa faceva e chi era:
Il mestiere del cooperante, in Italia e quasi solo in italia, è ancora visto in due modi: quello del pagliaccio che fa il figlio dei fiori in giro per il mondo o, al contrario, il santo che salva la pelle ai bambini malati.
Nessuna delle due è vera
E’ un mestiere. Con un contratto, un salario, dei diritti, dei doveri. Ci si fa un “culo tanto” per far carriera. E un “culo tanto” per raggiungere gli obbiettivi di progetto. un “culo tanto” per scrivere budget e proposal che siano finanziati da un donatore istituzionale (MAE, Europeaid, DFID, Usaid e via discorrendo).
Ma è la stessa cosa di un call center.Ecco, io in questa riflessione ci trovo una pista. Un'idea di lavoro che è un'idea poco retorica e molto concreta. Cosa vuol dire lavoro? E' qualcosa che ha a che fare con un contratto. Un salario. Dei diritti e dei doveri. La voglia (o non voglia) di far carriera, o comunque di vedersi in un percorso di crescita. La connessione tra ciò che si fa e gli obiettivi da raggiungere. Le idee che vengono per fare cosa nuove. Il fatto che per farle (le cose) serve pure cercare i soldi. In un modo o in un altro. E quel "farsi un culo tanto" che non è elegante ma rende l'idea della fatica del lavoro. Perché la fatica nel lavoro (quello vero) c'è sempre.
Prova a togliere qualcuna di queste dimensioni dall'idea di lavoro e lo rendi astratto (o ideologico o escludente).
Non serve andar lontano. Noi andiamo lontano. Ma quel sogno è ovunque, anche a tre centimetri dalla porta di casa. Esci, fai un passo, e comincia. A cambiare ciò che vedi, a fare di questo il tuo mestiere e non un hobby. A farne la tua ragione di vita, a sacrificare a questo tutto il resto. Perché si parla del futuro, mica di frittole. Cambiamolo, questo cazzo di futuro. A un metro sotto i nostri balconi o a settemila chilometri dal nostro giardino.Ed in questo ecco anche l'ultimo tassello mancante: l'etica del lavoro. Il senso del lavoro.
E la battaglia per riconquistare un'etica del lavoro è una battaglia che ciascuno può fare con se stesso. Senza rivendicarla da altri.
Note a margine:
Che poi, per esempio, noi come Acli dovremmo ricordarci che oltre ad essere associazione che aggrega lavoratori siamo anche datori di lavoro di un sacco di persone. E provare a ricordare questo punto di vista potrebbe aiutarci...
Che poi, per esempio, noi come Acli lo sappiamo bene che il 1 maggio fu pure il giorno dell'istituzione di una ricorrenza religiosa. Con quella statua che (si dice) partí da Milano come Gesù Divin lavoratore e arrivò a Roma come San Giuseppe artigiano. Perché (si dice) la prima versione fu ritenuta "eccessiva".
Interessante ma... e se invece in quel passaggio ci fosse non una diminutio (da Dio ad un santo) ma un invito, già allora, ad essere più profetici e coraggiosi? Più capaci di allargare lo sguardo e (a dispetto dello spirito dei tempi e delle mode del momento) a non considerare come proprio universo di riferimento solo "la classe operaia" ma tutti i lavoratori?
Che il messaggio storico alle Acli di allora fosse un altro mi è chiaro. Però a volte capita ci siano fatti storici di un tempo che parlano a noi oggi...
Che poi, per esempio, noi come Acli lo sappiamo bene che il 1 maggio fu pure il giorno dell'istituzione di una ricorrenza religiosa. Con quella statua che (si dice) partí da Milano come Gesù Divin lavoratore e arrivò a Roma come San Giuseppe artigiano. Perché (si dice) la prima versione fu ritenuta "eccessiva".
Interessante ma... e se invece in quel passaggio ci fosse non una diminutio (da Dio ad un santo) ma un invito, già allora, ad essere più profetici e coraggiosi? Più capaci di allargare lo sguardo e (a dispetto dello spirito dei tempi e delle mode del momento) a non considerare come proprio universo di riferimento solo "la classe operaia" ma tutti i lavoratori?
Che il messaggio storico alle Acli di allora fosse un altro mi è chiaro. Però a volte capita ci siano fatti storici di un tempo che parlano a noi oggi...