La specificità delle Acli parrebbe quella di non avere specificità -
Esercizi di futuro, pensando alle Acli - Paola Villa
La biodiversità associativa è una risorsa
La presenza anche associativa in tutto il territorio nazionale ed il radicamento territoriale nelle singole comunità come presenza concreta e fattiva...
Dopo 80 anni, restiamo convinti che la presenza anche associativa in tutto il territorio nazionale ed il radicamento territoriale nelle singole comunità come presenza concreta e fattiva sia un punto di forza e caratteristica essenziale della modalità di azione sociale Acli e che questa possa diventare ancora più potente se questi luoghi (punti di contatto con le persone ed i territori) si inseriscono in una circolarità preziosa azione sociale/progettualità/servizi/azione politica:
l’esperienza territoriale viene raccolta (tramite gruppi di scambio e comunità di pensiero e pratiche) e da lì viene distillato un sapere prezioso per l’azione politica (evidenza di nuovi problemi, di nuove difficoltà, di potenzialità, soggetti, dinamiche) e per la nascita e strutturazione di nuovi servizi ed attività (il volontariato e l’associazionismo di promozione sociale hanno sempre avuto una dimensione di anticipazione…).
D’altro lato le sintesi politiche, le competenze dei servizi e gli indirizzi elaborati a livello generale possono trovare declinazione concreta (anche attraverso l’offerta di strumenti e format prendibili e supporti) nell’azione sociale diretta sui territori.
Le forme associative, in grado di promuovere movimento, attivismo e azione volontaria sono in continua trasformazione e possono essere molto diversificate. Il circolo resta il perno essenziale del radicamento territoriale ma non è detto che debba corrispondere solo alle forme tradizionali di ciò che abbiamo sempre considerato “un circolo” ed anzi, riteniamo che già nell’oggi esistano tante
forme diverse di presenza associativa che abbiamo bisogno di scoprire maggiormente nelle sue particolarità. Crediamo infatti che questa biodiversità associativa non costituisca un problema, ma anzi, sia una ricca potenzialità.
Il Giro di Italia attraverso i circoli (che punta a scoprire e raccontare almeno 1 circolo per ogni provincia, entro la conclusione del congresso e che ha già visto le prime realtà raccontate su www.azionesociale.acli.it) punta proprio a questo.
Nel frattempo, nell’ottica di quanto descritto, emergono alcune piste di lavoro rispetto alle quali ci parrebbe utile confrontarci durante il dibattito congressuale:
- Riconoscere, abitare e valorizzare le forme aggregative leggere
Come abbiamo visto per i circoli la forma associativa formalizzata e registrata al Runts è gravosa. Si propone quindi di utilizzare maggiormente la forma del “gruppo” (modalità già presente in Statuto) predisponendo anche gli strumenti necessari a tenere mappati i gruppi, per definire le caratteristiche minime per essere riconosciuti gruppi e scegliere se questi possano essere unicamente afferenti ad una struttura di base formalizzata (come attualmente) o se prevedere anche la possibilità di creazione di gruppi direttamente afferenti alla sede provinciale.
Un processo simile è possibile solo con una regia complessiva (altrimenti si rischia la corsa alla dismissione associativa) e solo con un equilibrio dato da altre iniziative. Pertanto, si ipotizza che per le province che vogliano avviare una sperimentazione di questo si realizzi un gruppo di lavoro comune.- Il coraggio e l’orgoglio di proporre di affiliarsi
Se finora la dimensione è stata solo quella di campagna tesseramento (ossia ricerca di singole adesioni) è oggi possibile invece lanciare una campagna di affiliazione per realtà associative che si stanno costituendo o che già esistono ma che, condividendo i nostri valori, intendono affiliarsi come nostra struttura di base.
Questa modalità è già esistente ed in corso, nella dimensione di circa 100 circoli nuovi all’anno, ma c’è la possibilità di svilupparla maggiormente anche con una campagna di comunicazione esterna, la costruzione di relazioni sul territorio, una iniziativa formativa (da definire se a livello provinciale, regionale, nazionale o mista) che permetta ai nuovi circoli di conoscere la realtà Acli nel suo insieme, di “respirare” l’aria delle Acli e di intravedere che l’affiliazione alle Acli non dà solo alcuni (preziosi) servizi ma anche la possibilità di entrare in una rete ricca di relazioni ed opportunità.
In questo senso ci sembra opportuno anche sperimentare una interlocuzione con le parrocchie e un impegno in collaborazione con i servizi affinché nuove forme di circolo possano nascere anche attorno a presenze di sportelli e servizi o di luoghi di formazione professionale. Non circoli come formali attribuzioni di ruoli ad operatori, ma iniziative che intendono affiancare alla risposta individuale ad una domanda individuale, la proposta di spazi comunitari in cui persone in situazioni simili possano approfondire, confrontarsi, costruire soluzioni, giocare una cittadinanza attiva e compiuta. O dove possono mettere a disposizione il proprio tempo, le proprie competenze per gli altri in un’azione volontaria.- Siamo consapevoli che moltissime persone non avranno tempo o non saranno interessate. Ma siamo anche convinti che esistono persone che desiderano e attendono questi spazi e questa opportunità e che spetta a noi provare a sperimentarle anche riempiendo di significato la predisposizione della lista di volontari accreditati e sviluppando un approccio integrato tra Acli Associazione e Patronato Acli (per quello che riguarda i Promotori sociali).
Se la proposta associativa completa resta e deve restare l’opzione principale, per coloro che non lo desiderano o che non sono ancora disponibili, esiste e può essere promossa l’adesione alle Acli in quanto rete associativa con l’offerta di una serie di servizi e strumenti, in parte già in essere ed in parte in via di sviluppo. - La rete orizzontale e la corresponsabilità di tutti
L’Italia è lunga e diversificata e ci sono situazioni molto differenziate per dimensione e modelli di sviluppo associativo (di presenza territoriale, di associazione e servizi). Non ci pare utile attivare una contrapposizione tra territori (nord/sud, grandi/piccoli, città/campagna etc) quanto invece attivare l’idea che la presenza in tutte le province italiane sia interesse di tutti e che uno dei compiti della sede nazionale sia allestire gli spazi ed i modi perché possa avvenire uno scambio orizzontale di pratiche tra territori che permetta di contaminarsi e di mettere in circolo le esperienze e le competenze sia nell’ordinario che nell’accompagnamento e rilancio di territori in difficoltà.
La rete orizzontale tra circoli con esperienze simili
Negli anni 80 Ilvo Diamanti (dopo essere stato dirigente delle Acli di Vicenza) uscì con una pubblicazione “Tra religione ed organizzazione. Il caso delle Acli”. Sulla pubblicazione ci torneremo più avanti, al momento ci interessa riprendere un aspetto specifico: la rete orizzontale tra circoli con esperienze simili.
Il libro distingue i servizi Acli tra servizi “ad alta istituzionalizzazione" e “bassa istituzionalizzazione”. “Per i primi vale l’ipotesi che li vede diventare via via polo complementare (a tratti alternativo) a quello politico, per i secondi si deve parlare di residualità rispetto alle strategie del movimento. Mentre i servizi assistenziali e quelli formativo addestrativi hanno conosciuto consolidamento e sviluppo, le attività ricreative e culturali, pur numerose, non hanno trovato momenti di raccordo a livello provinciale che non fossero episodici, finendo per occupare lo spazio esiguo nelle strategie e nelle scelte dell’organizzazione”.
Quelli che nel libro sono chiamati “servizi assistenziali” e “servizi addestrativo/formativi”, che vedono uno sviluppo organizzativo guidato a livello centrale (nazionale, provinciale e regionale) vivono una notevole diffusione sul territorio che acquista via via autonomia dai circoli (in Italia nel 1980 solo 1370 addetti sociali su 5048 fanno capo ad un segretariato del popolo inserito in un circolo Acli).
Le attività ricreative e culturali si caratterizzano come “iniziative spontanee, a carattere eminentemente locale, legate al circolo, e senza collegamenti con altre realtà simili”. Che si sviluppino attorno “allo spaccio di vini o alla sua versione evoluta, bar Acli” o che si appoggino “sfruttando le strutture parrocchiali (teatri, sale riunioni…) e attivando manifestazioni varie (cineforum, serate musicali, serate teatrali…)”. L’intervento della sede provinciale Acli nei loro confronti è in questo campo quasi unicamente di stimolo: “ogni circolo Acli studi la possibilità di realizzare almeno una tra queste iniziative e la realizzi subito. La stagione buona è questa” recita una circolare dell’epoca.
La dimensione organizzativa (la proposta di format, strumenti, modalità di lavoro e non solo di tematiche), il supporto delle sedi provinciali e il collegamento tra realtà simili sono quindi gli snodi che, secondo Diamanti negli anni 80, avrebbero potuto fare la differenza per lo sviluppo dei circoli e di attività ricreative e culturali significative.
Su dimensione organizzative e supporto ci si sta attrezzando (con diverse modalità organizzative) negli ultimi tempi, sia come sede nazionale che (in alcuni casi) come sedi provinciali e regionali. Rispetto alla rete orizzontale (anche extra provinciale) e allo scambio tra realtà simili ci sono forse meno esperienze consolidate (se non per alcuni esperimenti embrionali legati a temi specifici). In vista delle celebrazioni dell’ottantesimo ci piace riprendere una piccola ma significativa esperienza che il Circolo Acli Martellago (Venezia) ha promosso e che può essere ripetuta ed allargata.
In occasione del suo 75° anniversario, all’interno di un ricco programma di iniziative, ha provato a mettersi in contatto con altri circoli della medesima età. Ne è nato un incontro online, una visita di persona ed un piccolo documento elaborato e sottoscritto assieme.
All’incontro online, realizzato il 6 aprile, hanno partecipato 5 circoli (Cassano d’Adda, Limito di Pioltello, Ossona e Stacciola) e il racconto reciproco è stato per tutti prezioso. il circolo di Stacciola è fisicamente andato a Martellago realizzando di fatto uno scambio ed il documento (sottoscritto anche dal circolo di Lovere e Sant’Angelo di Senigallia), dopo aver ripreso le tre fedeltà, le ha declina con attenzione all’oggi per cui questi circoli hanno dichiarato che “si impegnano a continuare ad essere presenti nelle comunità, verso di essere responsabili, mobilitando energie intorno a progetti concreti, parlando con le persone, creando legami e curando i territori” ed inoltre hanno ribadito il proprio impegno ad essere, in ogni momento “operatori di pace e testimoni di accoglienza”. Il desiderio di riproporre piccoli momenti di reciproco racconto online e di condividere la sottoscrizione di un medesimo impegno futuro è aperta.
Articolo pubblicato su POP.Acli.it
I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini - Paola Villa
I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nuclei (aggregazioni nei luoghi di lavoro) sono il luogo dell’attività pre-sindacale e para-sindacale, ma tutto il resto è in capo al circolo, tanto è vero che è per lo più il circolo a promuovere la nascita di un nucleo sul proprio territorio e che il segretario del nucleo fa parte di diritto della commissione del circolo e non viceversa.
Perché questa centralità del circolo? Quando le Acli nascono, le fabbriche sono uno spazio già occupato dal sindacato, per non entrare subito in rotta di collisione meglio prenderla da un’altra parte. Ma ci sono anche motivi più profondi e che segnano lo sviluppo anche successivo, del circolo. Il circolo è sul territorio, in città, in paese. In uno spazio che va tra il campanile e la fabbrica. Il circolo rimanda ad un’idea di lavoratore che è prima di tutto persona, non funzione. Il circolo assegna, dalla nascita, lo spazio civico come orizzonte alle Acli. Lo fa già prima che l’ipotesi di sindacato unitario naufraghi e che ci si trovi a ridisegnarsi.
Il primo Circolo nasce a Roma, 15 soci, a Valle Aurelia. Accanto al circolo sorge una cooperativa di consumo. Il giornale dei lavoratori (primo organo di stampa aclista) registra l’apertura di un circolo a Molfetta (Bari) con un centro di assistenza profughi, prigionieri ed ex combattenti, un circolo a Frattamaggiore (Napoli) con la Befana per famiglie, 3 circoli a Taranto che organizzano corsi serali di taglio e cucito e avviano una cassa di risparmio. Il circolo di Jesi (Ancona) costituisce una filodrammatica di lavoratori e il circolo di Massa Marittima apre una palestra e una libreria circolante. La varietà e specificità di ogni storia di circolo è tratto distintivo dalla nascita, non una deformazione successiva.
Il segretariato del popolo (esperienza mutuata dall’esperienza cattolico-sociale del periodo prefascista) è spesso la base di presenza solida sulla quale nasce, come logica conseguenza, il circolo di lavoratori. In una delle prime circolari del Patronato il segretariato del popolo viene definito “Punto di partenza e fulcro principale dell’azione sociale” con l’addetto sociale che agisce “Un rapporto umano, non solo tecnico o burocratico, che si sviluppa attorno ad una pratica”. Nel 2022 poi l’addetto sociale si trasforma in Promotore sociale, per andare a rappresentare, già dal nome, la consapevolezza di un ruolo che gli deriva da quello che sfocia nella riforma del Patronato da un lato (legge 152 del 30 marzo 2001) e dalla legge sulle associazioni di promozione sociale dall’altro (7 dicembre 2003 n. 383).
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