Crowd Sourcing: Alla ricerca dei saperi diffusi



Io penso che sia utile partire dalla consapevolezza che siamo in un’epoca di enorme innovazione. Ci siamo dentro. Siamo an march, on the road. C’è innovazione in atto, fondamentalmente legata al passaggio al web, alla comunicazione attraverso la rete. Che ha messo in atto una rivoluzione che è paragonabile a quella della rivoluzione industriale ma che può essere di segno inverso. E’ utile avere presente questo.

 

Mentre la rivoluzione industriale ha funzionato attraverso un irrigidimento, come Marx raccontava, trasformando l’artigiano in forza lavoro. Portandolo alla ripetizione di un compito privo di senso, dentro un progetto non suo. Oggi c’è la possibilità, non inevitabile, di recuperare quel lavoratore che da forza lavoro torna ad essere soggetto, entra in contatto con gli altri e riesce a diventare coprotagonista di progetto sociale. 

 

Wikipedia è l’esempio tipico di capacità di attingere a riserve di sapere che la collettività ha e che nella organizzazione moderna non è chiamata a portare ma che, con i giusti strumenti, non è proibito esprimere.  E’ quello che si chiama crowd soursing: la possibilità di attingere al sapere di una comunità. E’ un sapere che c’è. Ma non sai dove è. 

 

Abbiamo questo problema, chi è interessato? Chi ha qualcosa da dire? Le persone arrivano, se riesci a mettere assieme le esperienze, riesci a trovare soluzioni creative ai problemi. Oggi questa è una possibilità che abbiamo. E questa è la vera rivoluzione. Bisogna sapere come trasformare questa ricchezza in operatività concreta. 

 

Nell’affrontare questi temi ormai c’è tutto un patrimonio di esperienze. I due nodi centrali sono: 

-       Il ruolo del facilitatore.

-       La democrazia deliberativa.

 

Le esperienze consistono nel chiamare i territori interessati ad un certo tipo di cambiamento, nel chiamarli ad essere protagonisti di questo cambiamento, attraverso la figura di un facilitatore, che è garante del fatto che c’è un dialogo. Garante del fatto che siano convocati, per affrontare quello specifico problema, tutti quelli che l’hanno a cuore.  Anche gli antipatici. Anche i non amici. Anche chi non è già d’accordo con l’idea di soluzione che hai. Anzi, specialmente chi è in disaccordo con l’idea della maggioranza. 

 

Convochi un territorio e costituisci un “parlamento”. Può anche essere fatto, in parte, da un campione statistico stratificato della popolazione. Ma devi sapere come gestirlo. Attraverso le regole semplici del confronto creativo. Il facilitatore è garante del processo. Della possibilità che tutti partecipino. Chiunque può partecipare. A patto che accetti alcune regole: 

-       Ascoltare gli altri

-       Cercare di capire le loro ragioni

-       Una volta raccolte tutte le ragioni, moltiplicarle ancora. 

-       Trovare la soluzione al compito in modo collettivo, facendo una emersione di intelligenza collettiva

-      Sulla base di questo, arrivi al momento in cui puoi co-progettare

-   La co-progettazione avviene in piccolo gruppo designato, che si mette lì, sulla base della discussione ampia, ed elabora un progetto, che poi viene discusso.

 

Se fai questo, nella stragrande maggioranza dei casi, quasi il 100% si trova d’accordo sul progetto finale. Non per magia. Non perché ha cambiato idea. Ma perché ognuno si è sentito davvero ascoltato. Quando senti che hanno preso davvero in considerazione le tue motivazioni, anche se in quel momento quelle tue preoccupazioni non sono accolte completamente, nel tempo di dialogo ti sei convinto che il processo è sano e che la soluzione ideata magari non è la migliore, ma è una delle possibile. E sei anche disponibile, in virtù del processo, a mettere da parte qualche tua preoccupazione non ascoltata. 

 

Possono esserne promotori tutti: i cittadini, gli enti di terzo settore, l’amministrazione... Quando promuovi devi rivolgerti alla comunità. Non è questione di un comitato o di una associazione o di un gruppo. L’inizio può essere un comitato, un gruppo, ma il punto è che fai un processo in cui tu fai out sourcing. In cui vai a scovare sul territorio competenze, esperienze, persone che siano in grado di “Coltivare partecipazione” (come il titolo del libro di Chiara Pignari). Il libro racconta come in un comune hanno messo in piedi una capacità di intervento e di cura del territorio e di prevenzione che ha davvero le sue radici nel territorio. E’ fatto dai cittadini che hanno a cuore quel problema, assieme all’amministrazione. 

Pragmatici esercizi di umanità, spostamenti e trasformazioni.

La Bosnia. I profughi. L'Europa. La Bosnia é un luogo che non ha più voglia di presentarsi come "quella della guerra". 30 anni...