Scuola: il luogo in cui si socializza l'apprendimento

La scuola non è un posto dove si socializza, né un posto dove si impara, ma l’unico posto nel quale si socializza l’apprendimento.

Questo sta mancando a tutti coloro che vivono la scuola nella sua essenza: non il fatto che l’insegnante comunichi un contenuto a Paolo (il che tra l’altro accade anche a distanza) ma che Paolo, Aisha e Babacar condividano i contenuti e ne facciano dei pre-testi per stare insieme. 

Quello che accade è che la III D impari, insieme, fianco a fianco; e che il mio compagno è contemporaneamente un aiuto per l’apprendimento e il fine del medesimo: non imparo per l’insegnante ma per i miei compagni di classe. 

Se poi questo significa passare il pomeriggio insieme a sorridere perché Dante ha scritto «Ed egli avea del cul fatto trombetta», va benissimo così, perché Dante ha scritto quel verso sapendo perfettamente che si riferiva a un tabù, a qualcosa di sconcio che ha avuto il coraggio di immettere in un poema cristiano.

E poi ancora...

Quando si parlava di emozioni a scuola spesso si commetteva la leggerezza di chiedere ai ragazzi di raccontare le loro emozioni: con il risultato di avere scialbe narrazioni che giustamente mantenevano nel segreto le vere dimensioni emotive dei giovani. Se vogliamo parlare di paura ai giovani non chiediamo loro di raccontare «quella volta in cui hai avuto paura» (ma perché dovrebbero raccontarla proprio a noi? E proprio a scuola?) ma facciamo studiare la composizione pittorica dell’Urlo di Munch; la cultura elabora la paura e ci permette di occuparci delle nostre emozioni senza esporci eccessivamente, e mantenendo quel sano schermo che è il senso del pudore.


Raffaele Mantegazza - La scuola dopo il coronavirus. 25 pagine. Da leggere. 

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