Cose fragili e preziose. Come la vita.


Davvero non c'è un modo indolore di morire.
Se la morte é lenta ed attesa logora un po' tutti nel durante.
Se è improvvisa è uno strappo che sa di ingiustizia e che lascia incredulità ed incomprensione.
Come si può passare dalla vita alla non vita così in fretta?
Come si può lavorare una vita e poi morire all'improvviso, appena andati in pensione?
Tornano alla mente tante piccole cose stupide, prima ancora di quelle più serie. I dolcetti con gli zuccherini colorati sulla scrivania. Le "creazioni". L'ufficio che conoscevo bene (perché alla fine, chi ha vissuto vent'anni nel palazzo gli uffici li ha girati un po' tutti. E ci si é lasciati tutti qualche piccola eredità di sedie, lavagne, portapenne, calendari o attaccapanni... volontaria o involontaria).
Gli scambi legati ai verbali. Ai rimborsi. Ai fogli firma. I commenti, tante volte, sulle regole, sulle cose che hanno e non hanno senso. Sui ruoli che l'organizzazione chiede di esercitare e su cosa si possa fare per mettere realmente in grado di farlo...
Quell'essere chiamate per cognome con l'articolo. Destino di tutte le donne. Non solo del coordinamento donne, si diceva.
Cosa lega le persone che condividono la vita "nel palazzo" per tanto tempo? Cosa siamo stati? Cosa siamo? Cosa ci si lascia reciprocamente?
Di fronte alla morte diventa ancora più chiaro che l'essere o non essere colleghi non può essere legato solo al fatto di avere lo stesso tipo di contratto di lavoro con lo stesso formale datore di lavoro. C'è una identità che unisce chi vive e lavora assieme. È una identità che va riconosciuta e nutrita, perché sappiamo che esiste.
Oggi non c'ero, a quell'ora, e mi spiace. Ma chi c'era ha vissuto un momento spontaneo di condivisione che credo sia stato affettuoso saluto a lei, ma anche conforto reciproco nel disorientamento e nutrimento di quell'essere un po' comunità.
Cose fragili e preziose. Come la vita.

Pragmatici esercizi di umanità, spostamenti e trasformazioni.

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