Abbracci



Negli ultimi due giorni ci siamo abbracciati tanto. Quando le emozioni sono più intense di quanto non sia ricco il vocabolario comune, vengono spontanei i gesti. Parlano di più, esprimono meglio. E forse é qualcosa da recuperare anche in altre situazioni. Ci ho pensato solo dopo che in effetti, quegli abbracci erano speciali anche perché in due anni di covid c'erano tanto mancati.
Gesti come offrire uno spritz nel primo momento di relax in piscina, dopo aver visto che la struttura ha bagnini posizionati ovunque ed i ragazzi sono sotto controllo. Vedere la faccia distesa e sentir dire: "life is good, sometimes". È diritto al superfluo che segna il sentirsi simili.
Gesti come lavare pentole, apparecchiare, sparecchiare, pelar patate, caricare l'ennesima lavastoviglie, mettere sul fuoco l'ennesima enorme caffettiera.
Gesti come quelli dei ragazzini che si affacciano in sala pranzo anzi tempo e ti porgono il cellulare con Google traslator con scritto "posso aiutare?".
Gesti come più di 6 ore in cucina in 12, a fare a mano più di 700 grossi ravioli ripieni. Ed il borsc, e il kompot per 120 persone.
Accordarsi su quale é la ricetta da scegliere (tra tutte le diverse versioni regionali), quali le quantità da prendere, quali i prodotti da scegliere (quando mancano gli originali).
"Come avete fatto?" Le chiedo? "A me sembrava un'operazione un'impresa impossibile".
"Non lo so" risponde lei ridendo "volevamo fare qualcosa di bello per voi, ci abbiamo messo tutto il nostro impegno ed é venuto, non so come". "Ma non dirlo troppo in giro, non l'ho mai fatto prima e sono sicura che non saprei rifarlo!".

Pragmatici esercizi di umanità, spostamenti e trasformazioni.

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