La casa è un servizio sociale al quale ha diritto ogni uomo, ogni cittadino, ogni famiglia.

A nome delle Acli ringrazio di questo incontro tutti i presenti, perché siamo lieti di poter esprimere il nostro parere anche in questa sede su un problema di vitale importanza per tutti i cittadini e in particolare per i lavoratori che subiscono maggiormente le conseguenze di una situazione così delicata e difficile nel settore delle locazioni.  
Penso che già conosciate le Acli: sono un movimento sociale di lavoratori cristiani che persegue la promozione dei lavoratori  in seno alla società collocandosi in uno spazio di problemi sociali. Il nostro punto di vista si inquadra quindi all'interno della società civile ed il discorso sulla casa è uno degli argomenti che abbiamo dibattuto di recente (...). 
Per noi il bene "casa" è un bene essenziale di natura preminente, un servizio sociale al quale ha diritto ogni uomo, ogni cittadino, ogni famiglia, ed in questa visione tutto il lavoro è diretto ad assicurare il servizio "casa" e a rimuovere tutti i possibili ostacoli che si frappongono.
(questo è l'inizio dell'intervento che Maria Fortunato, vice presidente nazionale, assieme a Fausto Tortora, capo ufficio studi, fece in una audizione in Parlamento in Commissione Speciale Immobili Urbani il 21 ottobre 1969 ). 
Nè questo è un fatto isolato, in molte province le Acli hanno svolto una intensa attività di studio, di dibattito, di proposta, suscitando ed orientando a fianco delle centrali sindacali l'iniziativa dei lavoratori. (...) A Torino, Arezzo, Milano, Napoli, Trieste, Firenze, Venezia, Palermo, Roma, Bergamo (...). 
Aveva detto poco tempo prima (il 1° ottobre 1969) Emilio Gabaglio all'inizio del convegno "Le Acli per il diritto alla casa". E aveva proseguito dicendo:
Quando noi delle Acli definiamo la casa primo ed essenziale servizio sociale affermiamo, implicitamente, una scala di valori diversa in cui al primo posto c'è l'uomo che è tale non per quello che possiede ma per le sue esigenze e i suoi bisogni. Ed in questa luce il discorso sulla casa non è che il primo anello di una catena che deve andare ad interessare tutta la logica che presiede i processi di formazione dell'ambiente urbano e territoriale. 
E nel dibattito si parla delle ordinanze di La Pira, ai tempi in cui era sindaco di Firenze, che disposero l'occupazione di alcune ville per i senza tetto che erano "la più misera della povera gente".
La lotta per la casa ha una carica umana e sociale così intensa, e perciò politica, di democrazia reale enormemente superiore ad altri tipi di conflitto e di impegno sociale ed è quindi capace di mobilitare le masse. Se noi non  ci preoccupiamo di questo aspetto certamente avverrà lo stesso. 
 Conclude Livio Labor e aggiunge, ampliando lo sguardo:
il problema di oggi è la politicizzazione passando da due fasi: un'esperienza di lotta (ad esempio anche per la casa) e una riflessione sulle esperienze con approfondimento delle analisi strutturali e delle scelte strategiche conseguenti. E non si può limitarsi a combattere (...) ma si deve contemporaneamente autogestire le intuizioni giuste (anche se tradotti in moti spontaneistici, abbandonati a se stessi, senza una strategia, facile preda della depressione). (...) Contemporaneamente in tanti punti del sistema: nei quartieri per le case, nelle scuole (...).   
Tutti gli spazi sono adatti a questo tipo di battaglia (...) ma è troppo evidente che sono oggi luoghi privilegiati di democrazia proprio quei livelli, quegli ambienti, quelle lotte che contemporaneamente consentono la realizzazione dei due processi (...) che hanno come fine la riappriopriazione della politica e della decisionalità da parte dei diretti interessati.















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