1. Ipotesi sul volontariato nelle
Acli
1.1 Le motivazioni
dell’adesione alle Acli
1.2. Ipotesi di azioni
2. Un volontariato “aclista”
2.1 Chi è un volontario?
2.2 Volontariato di una associazione di promozione sociale
2.3 Esiste uno stile aclista di volontariato
2.4 Un ventaglio di proposte
prendibili
2.5 Volontario del Patronato?
Volontario del Caf? O volontario delle Acli (compreso UsAcli, Ipsia, Fap...)
3. Quindi.... cosa fare?
3.1 Mappatura dell'esistente
3.2 Definizione delle
caratteristiche del volontariato aclista
3.3 Definizione di una primo
ventaglio di proposte comunicabili
3.4 Identificazione di alcuni territori per avviare
sperimentazioni
__________________
1. Ipotesi sul volontariato nelle Acli
1.1 Le motivazioni dell’adesione alle Acli
Oggi le persone aderiscono alle Acli (Acli, Usacli,
Cta, Fap) perchè:
- è
una proposta vantaggiosa rispetto al costo di un
servizio (Caf, Patronato, Enaip?)
- è
una proposta “obbligatoria” legata ad una attività che vuole
svolgere (UsAcli, Cta...?)
- è
una proposta interessante che qualcuno (che conosce personalmente o
no) gli fa direttamente sul territorio (circoli)
- è
una proposta interessante che qualcuno gli fa in collegamento ad
una attività che svolge, o iniziativa che partecipa (corsi, centri
estivi, seminari, attività di punti famiglia, volontariato, gas...)
- è
una iniziativa personale legata alla condivisione (anche solo
parziale) di una identità o posizione politica
Sarebbe interessante capire quali sono le proporzioni
delle diverse tipologie. E in parte con un'analisi dei dati potremmo farlo. In
generale, tuttavia, possiamo ritenere che le prime due motivazioni sono
maggioritarie e le ultime due sono minoritarie.
Io penso che la qualità della vita associativa sia
data da 3 caratteristiche principali:
- Una proposta
politica, di identità (il “punto di vista” sulla società)
- Una proposta
di partecipazione (“un fare”) che provi a tradurre in attività e
azioni la proposta politica, l'identità, il punto di vista. (essenza di
“movimento”)
- Una
attenzione e cura alla vita democratica interna, una
sperimentazione di “relazione”
(associarsi, mettersi assieme, relazione e regole)
Rispetto alle 5 dimensioni
identificate e alle tre caratteristiche della vita associativa la seguente
tabella ci permette di comprendere come si corrispondono le motivazioni
all’adesione e le caratteristiche della vita associativa:
Adesione
|
Proposta politica
|
Proposta di partecipazione
|
Vita democratica (relazione)
|
Note
|
Servizi
|
NO
|
NO
|
NO
|
|
Attività/Servizio
|
NO
|
NO
|
NO
|
|
Conoscenza (circolo)
|
SI
|
SI
|
SI
|
(forse, delegato tutto al circolo, se lo fa bene se
no non c'è niente)
|
Attività
|
NO
|
SI
|
NO/SI
|
(ma solo quella cosa specifica)
|
Proposta politica
|
SI
|
NO/SI
|
NO/SI
|
1.2. Ipotesi di azioni
Se condividiamo la lettura
proposta, il passo successivo è comprendere cosa è possibile fare, nei
prossimi anni per:
- far giungere anche a persone
nuove la proposta associativa (composta dalle 3 sottoproposte)
- lavorare affinché le persone
che hanno già aderito (indipendentemente dal motivo per cui una persona si
è associata) ricevano una proposta reale e non solo la tessera.
Il fine è che i non soci
comprendano la proposta associativa per potervi aderire e i soci vivano le 3
dimensioni: la proposta politica, la proposta di attività, la proposta di
partecipazione alla vita associativa.
Tutto questo porta a riflettere
ragionare sulle seguenti dimensioni:
- la
comunicazione (chi comunica con chi? Con il socio? Con il non socio?
Come comunicare, con che strumenti, modi, tempi, stili...)
- gli
oggetti da comunicare
·
la linea politica: il ragionamento è già
avviato, forse ha bisogno di proseguire e dettagliarsi in una serie di proposte
(come oggi la povertà, cittadinanza agli immigrati, ttf, legge elettorale....)
·
le proposte da fare:
· le
campagne di mobilitazione: che sono connesse strettamente alla linea, ma
che sono comunque proposte di partecipazione. Mettono in moto. Chiedono: firma,
ma anche “organizza” un incontro su... un banchetto per....
· il
volontariato: una attività gratuita per il bene comune, di utilità sociale,
di promozione sociale...
·
le comunicazioni relative alla vita
associativa interna che hanno bisogno forse di essere messe a fuoco
nell'ottica di essere ancora più formalmente ineccepibili ma anche di diventare reali proposte di
partecipazione e non solo formalità eseguite. In questo vedo anche la
possibilità forse di ripensare ad alcune regole e modalità organizzative.
Le varie dimensioni sono
connesse tra loro e, in ottica di raggiungere gli obiettivi di fondo di
programma, avrebbero bisogno anche di tenersi collegate tra loro.
E’ importante tenere presente la
sottolineatura sul carattere di associazione popolare delle Acli: se
siamo una associazione di persone, anche tante magari, ma senza i circoli, senza
i “nostri corpi intermedi” (cioè senza un luogo di aggregazione dove la gente
realmente si relazione, si sperimenta, si intreccia, e interagisce con un
territorio) non saremo mai una vera associazione popolare. Sia perché non
saremo veramente popolari (cioè vicini alle persone) sia perché non saremo
veramente associazione (perché il rapporto diretto 1/1 milione non è reale).
In questa logica la linea di
lavoro rispetto allo sviluppo associativo debba concentrarsi sui circoli
e in particolare su:
- leggere la realtà attuale e lo stato di
salute o malattia dei circoli
- supportare la rivitalizzazione dei circoli
in difficoltà (capendo come?)
- promuovere la nascita di nuovi circoli
“tradizionali”
- sperimentazione di modalità anche nuove di
circolo.
·
Sia nel senso di aggregazioni territoriali di
persone di un territorio a partire da temi ed interessi (ma senza il luogo
fisico di ritrovo, senza il bar, senza “la sede”).
·
Sia nel senso di aggregazioni di persone a
partire da temi ed interessi (senza il luogo fisico e senza appartenenza
territoriale, con riferimento ad un “territorio tematico”, sul web). E' la
frontiera più innovativa e contiene delicatezze e controindicazioni. Ma credo
vada esplicitato il senso di quel che vogliamo fare e di in che direzione
vogliamo andare prima di avviare magari sperimentazioni e investimenti su
social network, su siti, su altro... Nel caso in cui si voglia sperimentare
anche questo è chiaro che questi “circoli” devono avere tutte le
caratteristiche anche di democrazia e regole come gli altri.
2.
Un volontariato “aclista”
In questo contesto
si inserisce l’idea di volontariato aclista.
Il volontario è
una persona che offre un tempo scelto e qualificato della propria vita in modo gratuito,
solidale, responsabile e, in genere, con una attenzione ai più deboli per realizzare
una convivenza più civile, inclusiva, giusta e comunitaria.
La gratuità
è l’essenza del volontariato, anche in base alla legge 266/91. La gratuità a un
grande significato etico: esalta l’altruismo e si presenta come profezia di un
mondo nuovo nel contesto attuale dominato dalla logica del profitto.
La solidarietà è il legame che tiene insieme le persone e
può essere sia religiosa che laica. Entrambe convergono nel considerare la
società in una prospettiva organica nella quale vigono interdipendenza e
complementarietà tra le persone. La visione laica considera il bisogno e la
convenienza, quella religiosa nasce dall’incarnazione del Figlio di Dio che
unisce a sé le persone facendone un solo corpo.
La responsabilità
vuol dire sentirsi chiamati a rispondere degli altri, avere a cuore la vita
degli altri, l’I care di don Milani. Implica anche la preoccupazione di
garantire un esito positivo al servizio che si realizza, per garantire
l’impegno di una inclusione nella società dei destinatari del servizio
volontario.
La scelta dei
più deboli è l’apertura della solidarietà che si fa vicino a chi più ha
bisogno. E’ un gesto di giustizia per raggiungere l’uguaglianza dei cittadini
che la Costituzione dichiara come obiettivo della convivenza civile. Questo
implica una lettura della povertà puntuale e aggiornata e l’individuazione
delle cause che la producono.
Il volontariato è quindi
un modo di essere cittadini non solo per perseguire obiettivi di
realizzazione personale nella famiglia, nel lavoro, con gli amici, ma per cercare
di attuare la convivenza umana che ci renda tutti più uomini e donne realizzati,
capaci cioè di relazioni pacifiche, giuste, comunitarie, in istituzioni
inclusive.
2.2 Volontariato di una associazione di promozione
sociale (non di una associazione di
volontari)
Le Acli non sono una associazione
di volontariato. Una associazione di volontariato mette assieme persone che
hanno come identità specifica e centrale il fatto di essere volontari. Le Acli
non sono questo.
Le acli sono un'associazione di
promozione sociale, associando persone
che hanno come identità specifica quella di avere in comune alcune idee
e valori.
Nel sistema Acli ci sono alcune
esperienze che sono associazioni di volontariato, ad esempio molte sedi Ipsia e
l'Aval. Nelle Acli esiste un dibattito sul tema della forma organizzativa del
volontariato. E una certa volontà/interesse per provare ad avere la forma
giusta per intercettare i finanziamenti legati al volontariato. Ma in linea
generale non partirei da questo né sosterrei questa linea.
Per le Acli il fare volontariato
(l'essere volontari) è una parte di un più ampio esercizio di cittadinanza e
partecipazione, che si concretizzi con una tessera o no. Comunque non è il
fine ultimo e non è il tutto. Quindi promuoverei proposte di volontariato con
la consapevolezza del quadro generale, che approfondiscano e sviluppino
l'identità di associazione di promozione
sociale, e che non sviluppino identità differenti e/o alternative.
Oggi esistono diverse esperienze
di volontariato nel nostro sistema.
Alcune sono molto diffuse e strutturate:
- promotori sociali legati ad i
servizi,
- volontari internazionali di Terre
e libertà, Ipsia;
altre sono magari diffuse ma non strutturate:
- volontari legati ai circoli,
- volontari legati all'Unione Sportiva;
altre ancora sono molto locali e mirate:
- volontari dei gas,
- volontari di botteghe del
commercio equo,
- volontari di corsi di italiano
per stranieri,
- volontari dei bar acli,
- volontari dei punti famiglia,
- volontari di gruppi
adolescenti...
Sono esperienze diverse, che
coinvolgono persone diverse che hanno interessi diversi.
E poi c'è il servizio civile volontario, che è diffuso e molto strutturato (anche in base a norme esterne
specifiche) ed ha un dato di retribuzione economica, il che lo colloca in una
posizione differente e specifica rispetto al volontariato in quanto tale.
Le esperienze strutturate hanno propri
pensieri, riflessioni, formazioni, spesso non unitarie a livello nazionale ma
differenti a seconda dei territori.
Non mi risulta che esistano
riflessioni comuni, formazioni comuni, pensieri comuni e trasversali aclisti
sul volontariato. Un momento comune è stato il laboratorio di Bergamo di 2 anni
fa' promosso da Stefano Tassinari - che allora aveva la delega - e che ha
tenuto insieme il tema del volontariato e quello dell'aggregazione giovanile, intrecciando
l'esperienza di Fuori Orario dell'Enaip Veneto e Progetto Giovani.
L’obiettivo generale non è portare ad unità queste esperienze, che
sono giustamente anche molto differenti tra loro, ma portarle ad avere una base di denominatore comune, per
poi trovare declinazioni pratiche ed operative positivamente differenti.
Occorre definire una base di caratteristiche che noi riteniamo debba avere
il volontariato aclista, indipendentemente da dove si realizza e di cosa si
occupa. Una prima bozza, naturalmente parziale e tutta da elaborare, sulla
quale avviare una riflessione con le esperienze attive, mi pare possa essere:
- avere attenzione formativa: che non è solo
informativa delle materie tecniche (delle pratiche per il patronato, della
realtà internazionale per terre e libertà, delle discipline sportive per
l'USAcli, dei prodotti del commercio equo per i volontari di bottega, ecc.)
ma è formativa in generale. E non è nemmeno solo spiegare le Acli e la sua
storia e valori nei momenti formativi. Se una persona offre il suo tempo e
la sua energia per fare volontariato con noi, noi dobbiamo offrire attenzione
ed investimento per fare in modo che l'esperienza sia positiva (per il volontario
e per la cittadinanza).
- non essere una esperienza individuale ma
comunitaria: perché siamo un'associazione e perché promuoviamo
socialità. Questo significa, dove possibile, cercare di pensare
all'organizzazione del volontariato in modo che la persona non sia sola, che
abbia riferimenti, compagni di viaggio, sperimentazioni di relazioni, con
altri volontari o con altre figure. Ma anche promuovere momenti comuni di
aggregazione o riflessione sull'esperienza o formazione.
- avere attenzione alla politicità
dell'esperienza: si possono fare cose anche molto pratiche, in
pratica. Ma il volontariato con le Acli deve sempre tenere aperta una
riflessione sulle cause dei fenomeni e sulle possibili soluzioni.
- avere attenzione per la dimensione del lavoro e
delle competenze: che non significa vivere il volontariato come uno
stage che apre all’esperienza professionale. Significa, come associazione
di lavoratori, avere un approccio chiaro rispetto alla separatezza tra
volontario e lavoratore. E significa fare in modo che l'esperienza di
volontariato sia anche acquisizione di competenze (per i giovani in
particolare) o che nel volontariato si possano mettere a frutto
socialmente competenze proprie maturate nel mondo del lavoro (giovani
pensionati) o che nel lavoro non sono mai state valorizzate (adulti che
nel lavoro “fanno altro”).
- avere attenzione per la dimensione di
innovazione del volontario nel sistema: il volontario nell’organizzazione
è altro, viene da fuori, torna fuori. Fare volontariato all'interno di una
organizzazione che non è solo di volontari ma che intreccia i lavoratori è
complesso. Mette in moto conflittualità e difficoltà. Occorre esserne
consapevoli per lavorare sulla dimensione organizzativa. Ma occorre anche
valorizzare la restituzione di una lettura dei volontari all'associazione:
della sua dimensione di lavoro, organizzativa, politica ed associativa.
Significa dare spazio all’ascolto dei volontari, dando loro parola, poiché
i volontari ci vedono nel quotidiano, da dentro. E possono dirci davvero molto
di noi.
2.4 Un ventaglio di proposte prendibili
Affinché il volontariato presente
in Acli possa essere una proposta aperta c’è necessità che la proposta sia “prendibile”,
cioè deve essere descrivibile,
comunicabile e definita.
Deve chiedere in modo chiaro: vieni con me a fare questo, per questo
tempo, con questi impegni, con queste caratteristiche. Non può essere solo: “vieni
a fare il volontario alle Acli”.
Io penso che noi dovremmo costruire una mappatura delle esperienze
esistenti e poi organizzare una proposta complessiva che compone le
differenti forme di volontariato possibile alle Acli, che ne declinino le
caratteristiche specifiche, che siano pubblicizzabili e diffondibili in senso
generale ed una per una. Questo può diventare in un secondo tempo un volantino,
un manifesto, un parte del sito, ma
prima deve essere la costruzione di una
proposta, oltre a saper immaginare il percorso del volontario e il “chi” si
prende cura della sua accoglienza od orientamento.
2.5 Volontario del Patronato? Volontario del Caf? O volontario
delle Acli (compreso UsAcli, Ipsia, Fap...)
La logica con cui costruire
queste proposte e questo ragionamento per me non può che essere di sistema ma anche associativa.
Si può prestare servizio volontario
a contatto con un servizio. Ma si è volontari dell'associazione non del
servizio. Non si è volontari “del Patronato”. Non si è volontari “del Caf” (che
tra l’altro è una realtà profit e non ha senso che abbia volontari).
Si è volontari delle Acli (e
delle sue associazioni specifiche: UsAcli, Ipsia, Aclicolf, Fap...). Ma le Acli
sono un soggetto promotore di servizi. E tra i vari ruoli che svolgono rispetto
ai servizi si riconoscono quello di scegliere i servizi come luoghi di
esercizio di parte di questo volontariato, consapevoli della molteplicità dei
bisogni che i servizi intercettano, della difficoltà/impossibilità degli
operatori di farsene carico, della ricchezza di incontri e letture che sono
presenti nei servizi.
Questo è un nodo critico e profondo.
Quanto più stiamo lavorando per
far diventare i servizi delle imprese anche capaci di stare sul mercato, di
intraprendere, di fare impresa, tanto più abbiamo la necessità di riassumere
l'esperienza del volontariato come Acli, altrimenti rischiamo di promuovere un volontariato che anche senza volerlo
diventa sfruttamento di personale sotto costo (o a costo zero).
Le dimensioni del patto con il
volontario che intercetta i servizi devono comprendere:
-
contenuto
tecnico e di organizzazione del
lavoro (che sono di competenza dei servizi),
-
dimensioni della relazione (che non può essere solo tra servizi e volontario ma deve
essere tra Acli e volontario),
-
dimensione dell'oggetto di impegno del volontario (che non può essere
sovrapponibile a quella del lavoratore, che deve contenere alcune cose “in
meno” e questo è in parte normato anche per legge, ma anche alcune cose “in
più” che la legge non norma ma che interessano a noi),
-
dimensione di organizzazione del volontariato (tempi, percorso, formazione),
-
dimensione di progetto di volontariato (che non può essere “aiutare a fare più
pratiche o più punti” al servizio, ma deve rispondere a obiettivi politici e
associativi delle Acli).
In questo senso, le sale d'attesa dei servizi potrebbero
essere luoghi in cui, come Acli, incontriamo persone che vorremmo incontrare, e
quindi potrebbero essere luoghi di sperimentazione di integrazione culturale,
di aggregazione tra famiglie, di innovazione.
Non credo che questo vada
“contro” i servizi perché da questo lavoro, per esempio, può arrivare una sperimentazione
di attività che più avanti, strutturandosi, possono diventare nuovi servizi. In
fondo il volontariato ha sempre avuto un ruolo di anticipatore del welfare
futuro.
3. Quindi....
cosa fare?
3.1 Mappatura dell'esistente
Lettura delle esperienze attuali di volontariato delle loro
caratteristiche, dimensioni...
3.2 Definizione delle caratteristiche del volontariato aclista
Un gruppo di lavoro che coinvolga le diverse esperienze.
3.3 Definizione di una primo ventaglio di proposte comunicabili
Partire dalle esperienze sufficientemente strutturate e
prendibili e coerenti con le caratteristiche che avremmo individuato.
Si possono valorizzare
le risorse territoriali del 5x1000, le proposte progettuali del Patronato, i
piani di sviluppo associativo.
Ovviamente dipende molto anche
dalla possibilità di investire risorse in questo senso.
Se ci sono risorse mi parrebbe interessante anche lavorare su:
- percorsi di formazione formatori comuni a più
esperienze,
- sperimentazioni di nuove attività di volontariato,
- rilettura delle caratteristiche delle esperienze di volontariato per
andare a vedere come accompagnare i
processi organizzativi in ottica di maggiore conformità con le
caratteristiche del volontariato aclista.
Se non ci sono risorse i punti precedenti sono il livello minimo
attuabile.
Se non ci sono risorse ma c'è
condivisione dell'approccio è possibile anche provare a presentare proposte
progettuali per cercare le risorse necessarie.
(Documento consegnato in Presidenza Nazionale il 20.11.2013)