Ut unum sint


di Marco Livia 
Parto da una prima considerazione: non c’è solo un modo + giusto e uno + sbagliato di fare le cose, ma si deve ricercare, il più delle volte, una terza via.
È l’essenza della democrazia la mediazione, che non significa accontentare o accontentarsi di un risultato minore, ma mettersi in gioco, per andare oltre l’ostacolo, condividere con gli altri le proprie idee con la capacità tutta cristiana di perderle per ritrovarle insieme agli altri nuove, rigenerate, migliorate.
Conoscere ed imparare dal passato, confrontarsi con il presente, immaginare il futuro, decidere la rotta, fare scelte anche difficili o piene di incognite è tutto ciò che rende affascinante la vita di un uomo e di una donna, di un socio, di un membro attivo di un’associazione, di un suo dirigente. È questo un continuo lavoro politico che va poi misurato nel suo esplicarsi: raggiungere gli obiettivi andando alla scoperta di quale siano gli aggiustamenti da fare, la modalità più efficiente ed efficace da applicare!
Eh già, poi alla fine farsi misurare: quanto è difficile, e quanto è rischioso soprattutto se si opera in squadra e non da soli.
Ma la passione di fare le ACLI deve trascendere da tutto ciò. È necessario investire ed anche rischiare insieme, ma con entusiasmo, sapendo che ogni azione porta con sé un certo numero di conseguenze: guadagni e perdite ed è quindi necessario, per quanto possibile, “farci i conti” per valorizzare i primi e nel caso, poi, far tesoro delle seconde.
Far tesoro degli errori e registrarli per non ripeterli. Accantonare le vittorie e non “sprecarle”.
Ancora oggi lo “sconosciuto” fa un po’ paura, ma la curiosità è vincente in battaglia, il più delle volte, ed alla fine o nel mentre, ci accorgiamo che abbiamo camminato; e per me questo è l’importante: non fermarsi mai, ma guardare avanti, oltre il problema a testa alta, sognando ma con i piedi piantati bene in terra, con l’ottimismo di chi sta guidando una squadra alla vittoria, o di chi dirige un’orchestra dove ognuno è necessario per “suonare” l’overture della vita.
Infine una riflessione sul metodo che si può utilizzare. Oggi mi è tornato in mente l’ideale evangelico dell’unità: ut omnes unum sint. Esso è anche l’ideale che ha ispirato Chiara Lubich la fondatrice del Movimento dei Focolari.
Gesù muore in croce per salvare l’umanità e da quella morte necessaria, deriva la salvezza attraverso la resurrezione.
Possiamo provare a mettere in gioco noi stessi e le nostre aspettative affinché tutti siano uno: dall’unità e dalla morte delle nostre certezze risorgera’ una nuova strada: confrontiamci con il metodo dell’unità che ci ha insegnato Cristo: morire per l’altro, per gli altri per la nostra associazione, per risorgere nuovi, rigenerati nell’altro al servizio degli altri, della comunità che bussa alle nostre porte chiedendoci un aiuto sempre più complesso e diversificato.
Per quanto mi riguarda farò di tutto per essere portatore di unità e non di divisione per il bene della nostra grande e appassionante associazione.

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