L'animazione di comunità come cura?


Intervento a cura degli animatori del percorso Acli all'interno del Festival dei Diritti del CSV Lombardia Sud copromosso dal circolo Acli Crema. 

La burocrazia non va semplificata!

 

Abbiamo detto che i due cardini sono: facilitatori e democrazia partecipativa. Ma bisogna anche essere consapevoli che, per fare questo, dobbiamo radicalmente mettere in discussione come oggi funziona la burocrazia. Dobbiamo esigere una pubblica amministrazione capace di crowd soursing. Una pubblica amministrazione che, per affrontare i problemi, ricorre al sapere collettivo e così facendo mobilita le risorse. In Italia questo è un tabù, più che in altri paesi. 

 

La pubblica amministrazione, per favorire queste cose, per non impedire ai singoli di essere effettivamente utili e facilitatori del processo, cosa deve fare? Deve ripensarsi radicalmente, uscendo dal blocco di regolamenti, di uffici, di selva oscura di codicilli, per avere la capacità di mettersi in contatto al territorio e dare voce ai saperi che ci sono sul territorio. 

 

Per esempio: La ricostruzione post terremoto. Ho in mente il libro di Giulia Scandolara. Ho preso il terremoto. Racconta il terremoto del 2016 in centro Italia. Le persone “prendono il terremoto”. Si ritrovano la casa distrutta la casa, i parenti morti… E’ un trauma profondissimo. A fronte di questo si trovano la pubblica amministrazione che dice loro: per avere questo e questo devi fare domanda, ma sappiate che prima di una qualsiasi risposta ci vuole almeno un anno. Questo è una cosa assurda. Assurda in generale. Ancora più assurda se detta a della gente che ha appena subito un trauma enorme. L’ho visto quando anche io ho lavorato ad una ricostruzione. A Camerino. Anche se operi molto bene sul territorio nell’ideare e fare. E tutti ti dicono “bravissimi”. Poi quando arrivi all’amministrazione ciò che è stato scritto in modo partecipato, è stato stravolto attraverso gli organismi burocratici. E’ venuto fuori che ogni singolo cittadino singolo doveva compilare, entro un mese, un modulo, l’amministrazione doveva rispondere, entro un mese…  tutto si è irrigidito in un processo individuale e ciò che ne è emerso è l’esperienza che non è possibile affrontare i problemi con un rapporto capace di crowdsoursing. Perché nel crowd soursing l’amministrazione non viene tagliata fuori. Anzi. 

 

Ho scritto un articolo su Sbilanciamoci: Al di là del muro della burocrazia. Ci sono una serie di esempi. Prendete il caso dei drenaggi dei  fiumi. Hai il problema della cura del territorio, fondamentale e drammatico. Non di rado la situazione è: i fondi ci sono, ma sono bloccati. Perché c’è sovraccarico degli uffici, perché c’è un motivo, un altro… a volte sono bloccati per anni. Hai il problema, hai i soldi, non riesci a intervenire. Come si può aggirare questa situazione con un approccio che mobilita le risorse? Con approccio di democrazia deliberativa. I cittadini, insieme all’amministrazione, vogliono affrontare il problema. La macchina pubblica è intoppata. Che fanno?  Puoi fare un’indagine attraverso i cittadini che hanno a cuore il problema e che vivono lì vicino. Puoi dialogare con esperti sulle possibili soluzioni. Se l’amministrazione non è in grado di affrontare rapidamente il problema, puoi ricorrere ai professionisti che fanno le analisi di fattibilità che l’amministrazione non è in grado di fare. 

 

C’è l’idea dell’accaparramento dei saperi da parte dell’amministrazione pubblica. L’idea che controllo e monitoraggio sono appannaggio della pubblica amministrazione, perché è l’unica che possa garantire che il lavoro non venga fatto in modo partigiano. Queste idee non funzionano. L’accaparramento di queste funzioni da parte della attuale burocrazia non è efficace. L’attuale burocrazia deve imparare a dialogare con i saperi nella comunità. E’ un po’ l’idea di ruolo del terzo settore oggi. Ma la vera rivoluzione è cambiare il ruolo della pubblica amministrazione. Non perché è morale. Perché questo è il modo di funzionare possibile di una amministrazione che vive nel 21esimo secolo. 

 

Riguarda anche il linguaggio. Non si può agire in gergo burocratico. Dobbiamo togliere ai giuristi del diritto pubblico il monopolio del dibattito pubblico.

 

Come si fa a cambiare? Noi abbiamo la sensazione che si stia andando nella direzione giusta, ma che ci voglia tempo. Perché la burocrazia è così impastoiata in leggi e regolamenti e codicilli che non si può semplificare da un giorno all’altro. Ci vorrà qualche anno, almeno. Ma la verità è che non è vero che ci vuole del tempo. Ci vuole un cambiamento drastico della burocrazia. 

 

Il problema della nostra burocrazia non è semplificarla. Le basi della burocrazia sono semplicistiche. La mossa per innovare oggi non è semplificare, è fare emergere la complessità. La nostra burocrazia non riesce a governare il presente perché è incapace di fare emergere la complessità. Ogni volta che si confronta con la complessità, impazzisce e complica le cose. La semplificazione nasce solo dopo che hai fatto emergere la complessità. Altrimenti ti resta la complicazione. La burocrazia non devi semplificarla, dei riformarla. E devi farlo attingendo ai saperi diversi. 

 

L’invenzione è sempre creatività, è capacità di guardare con occhi nuovi ciò che l’abitudine ha reso opaco. E’ una competenza dell’essere umano, prima ancora che una competenza del facilitatore. La burocrazia guarda la realtà con occhi routinari, a partire da quello sguardo lì non riesce ad inventare. E’ impossibilitata ad inventare. Ed è impossibilitata a muoversi nella complessità. 

 

Appunti tratti dall'intervento di Marianella Sclavi durante l'ultima giornata del convegno "Invenzioni di comunità: annodare fili dentro città fragili" organizzato da Animazione Sociale, Ordine Assistenti Sociali Puglia, Firss. 5.12.2020

Il facilitatore. Come può legittimarsi? Che potere agisce?




Il facilitatore. Come può legittimarsi? Che potere agisce? 

 

Il facilitatore nasce attraverso una serie di esperienze fatte dagli anni 80 in poi. Molto spesso in ambienti ambientalisti. Il facilitatore diventa l’organizzatore di dinamiche di decisione dal basso, di dinamiche di decisione inclusiva. Non si esclude nessuno, purchè accetti le regole del confronto creativo. 

 

Questa figura non viene legittimata da un ruolo o da un nome. Viene legittimata nella misura in cui c’è. Grazie alle esperienze che abbiamo iniziato a fare, dagli anni 90 in poi, ormai in italia si sono create una serie di competenze. Se prendete il libro “Coltivare partecipazione”, trovate che è scritto da una ventina di facilitatori. In Italia molte sono donne. Sono persone che oggi sono capaci di mettere in piedi un processo di dibattito pubblico. 

 

In Francia c’è un organismo che seleziona i facilitatori. Qualsiasi investimento oltre una certa cifra, in Francia, vede come obbligatorio la previsione di dibattito pubblico e la creazione di una sottocommissione che ha il compito di fare questa apertura al territorio, agli abitanti, ai saperi diffusi. 

 

Il facilitatore è nuova figura nata al di fuori da un intervento legislativo. Nata dalla necessità di operare in modo diverso e di superare la partigianeria dei partiti. Il facilitatore è il garante di una modalità di rappresentanza democrazia diversa da quella partitica. Complementare a quella partitica. Una modalità che per il solo fatto di esserci richiede che i partiti rivedano la loro funzione. 

 

Il facilitatore è il garante della rappresentatività del territorio, garante del fatto che c’è la presenza di tutte le posizioni. Devo garantire che tutti coloro che vogliono avere voce in capitolo si sentano rappresentati da qualcuno nel gruppo. Non tutti possono essere nel gruppo. Ma tutte le posizioni devono essere presenti nel gruppo.  Il marginale, il non ascoltato, il rompiballe che non ascolta ed è contro per principio. Tutti possano fare parte del consesso. Che è la creazione di un contesto di mutuo apprendimento. Ormai queste cose girano, di esperienze ce ne sono molte in giro. Il facilitatore ha questo ruolo di mettere in piedi questo processo di ascolto. 

 

Il parlamento non funziona. Abbiamo problemi concreti, urgenti, drammatici sul territorio che non sono mai al centro della discussione. Se riesci a mettere al centro il territorio, viene fuori una modalità di diagnosi e di elaborazione delle soluzioni che è completamente diversa da quella attuale a cui il potere politico ricorre. Su tante cose si può continuare ad operare come si sta facendo. Su altre serve un nuovo approccio…

 

Pensate alla sanità territoriale. La soluzione olandese è che esiste un gruppo di infermieri che ha detto: vogliamo curare la gente a casa loro, trattandola come persone. Vanno lì, bevono il the, portano la spesa, fanno le medicazioni, hanno il computer per parlare con il medico in diretta... E’ una figura di assistenza a 360 gradi, che ha avuto un successo enorme ed è diventata la modalità principale di cura in Olanda. Siccome in Olanda l’assistenza sanitaria è pagata con assicurazione, quello che è successo è che l’assicurazione paga loro al posto di pagare gli ospedali, per una serie di prestazioni. Questi infermieri sono organizzati territorialmente. Prendono in affitto insieme un posto, assieme costruiscono un rapporto di imprenditorialità, assieme affrontano i problemi del territorio, insieme formano i nuovi che si aggiungono… E’ una cosa che affonda estremamente le radici nel territorio, ma che usa anche internet. Una cosa che ha capacità di essere radicato e insieme capacità di innovazione. Devi avere, assieme, il senso del grande cambiamento in atto e la capacità di guardarlo a partire dalla concretezza delle persone. Questa oggi è una possibilità ed è una possibilità meravigliosa.


Appunti tratti dall'intervento di Marianella Sclavi durante l'ultima giornata del convegno "Invenzioni di comunità: annodare fili dentro città fragili" organizzato da Animazione Sociale, Ordine Assistenti Sociali Puglia, Firss. 5.12.2020

Hanno lavorato per 9 mesi con metodi di democrazia deliberativa


Un esempio. La conferenza dei cittadini sul clima, 150 cittadini presi con un campione statistico e stratificato, rappresentativi della Francia. Hanno avuto il compito di definire le linee guida per arrivare nel 2030 soddisfacendo gli impegni per il clima. E’ molto divertente vedere come sono stati convocati. Uno era una badante. Uno era un professore. C’erano 6 minorenni… Hanno lavorato 9 mesi, con metodi di democrazia deliberativa. Hanno prodotto 149 proposte, su 5 temi. Iniziative da prendere per iniziare a risolvere il problema della trasformazione ecologica e climatica. Praticamente accogliendo tutte le idee più avanzate sul tema e facendolo anche in modo molto concreto. In 9 mesi hanno fatto una operazione che hanno consegnato a Macron, che si è impegnato a proporla in Parlamento. 

 

Come mai 150 cittadini in 9 mesi sono riusciti a fare una operazione di questo tipo? Adesso si sono costituiti in gruppo, per vedere se le loro proposte sono ascoltate e messe in pratica davvero.  Hanno messo su sito le loro proposte ed hanno avuto 1 milione di visualizzazioni e feedback dai francesi. Come mai sono riusciti, mentre i parlamenti hanno questo problema da almeno 30 anni e non ci sono riusciti? La domanda è importante. Ti obbliga a riflettere sugli impedimenti che il sistema parlamentare partitico di oggi pone. In teoria le commissioni dovrebbero poter funzionare bene. Ci sono tutte le posizioni. Ci sono gli esperti. Ormai si può anche ascoltare in diretta ciò che vanno a dire gli esperti. E’ che gli esperti vanno lì a dare dati astratti. La soluzione non si costruisce da quei dati. Per risolvere tu non puoi partire dall’astratto. Devi partire dai territori concreti e avere delle soluzioni che funzionano in quel territorio concreto, usando l’unicità di quel territorio. Questi cittadini che sono stati selezionati erano portatori di questa esigenza di concretezza ed erano molto attenti a non essere manipolati. C’è tutta discussione tra loro su questo. 

 

Questa estate ero nel sud di Francia. In un piccolo paese. Entro in un negozio e trovo il cartello: facciamo la conferenza locale sul clima qui. Sono elementi di innovazione del dibattito pubblico che passano. In Italia sono assenti dalla discussione politica, mentre sono fondamentali.

 

Con questi miliardi che arrivano dall’Europa per la ricostruzione, io adesso sono terrorizzata. Il fatto che pensino di usare i soldi con 300 esperti, vuol dire che non hanno capito come far funzionare un investimento sul territorio in modo efficace.

 

L’ascolto attivo, la capacità di accogliere l’esperienza diversa e di farla fruttare, non è una questione morale ed etica. Non è questione di avere riconoscimento e rispetto per l’altro. E’ questione di efficacia. Il tuo investimento non funziona se non riesci a cogliere le risorse locale e a sfruttarle. Ogni volta che affronti questi problemi in un atteggiamento di chiusura, di professionalità esclusiva, trasformi la complessità in complicazione. La complichi e non la cogli. Rimani prigioniero di un reticolo che ti impedisce di operare concretamente e di verificare in progress quello che stai facendo. Ti impedisce di fare in itinere le correzioni che devi fare. 

 

Abbiamo bisogno del recupero della intelligenza collettiva ma per fare questo bisogna mettere al centro la democrazia deliberativa e una pubblica amministrazione capace di crowd soursing.


Appunti tratti dall'intervento di Marianella Sclavi durante l'ultima giornata del convegno "Invenzioni di comunità: annodare fili dentro città fragili" organizzato da Animazione Sociale, Ordine Assistenti Sociali Puglia, Firss. 5.12.2020

Crowd Sourcing: Alla ricerca dei saperi diffusi



Io penso che sia utile partire dalla consapevolezza che siamo in un’epoca di enorme innovazione. Ci siamo dentro. Siamo an march, on the road. C’è innovazione in atto, fondamentalmente legata al passaggio al web, alla comunicazione attraverso la rete. Che ha messo in atto una rivoluzione che è paragonabile a quella della rivoluzione industriale ma che può essere di segno inverso. E’ utile avere presente questo.

 

Mentre la rivoluzione industriale ha funzionato attraverso un irrigidimento, come Marx raccontava, trasformando l’artigiano in forza lavoro. Portandolo alla ripetizione di un compito privo di senso, dentro un progetto non suo. Oggi c’è la possibilità, non inevitabile, di recuperare quel lavoratore che da forza lavoro torna ad essere soggetto, entra in contatto con gli altri e riesce a diventare coprotagonista di progetto sociale. 

 

Wikipedia è l’esempio tipico di capacità di attingere a riserve di sapere che la collettività ha e che nella organizzazione moderna non è chiamata a portare ma che, con i giusti strumenti, non è proibito esprimere.  E’ quello che si chiama crowd soursing: la possibilità di attingere al sapere di una comunità. E’ un sapere che c’è. Ma non sai dove è. 

 

Abbiamo questo problema, chi è interessato? Chi ha qualcosa da dire? Le persone arrivano, se riesci a mettere assieme le esperienze, riesci a trovare soluzioni creative ai problemi. Oggi questa è una possibilità che abbiamo. E questa è la vera rivoluzione. Bisogna sapere come trasformare questa ricchezza in operatività concreta. 

 

Nell’affrontare questi temi ormai c’è tutto un patrimonio di esperienze. I due nodi centrali sono: 

-       Il ruolo del facilitatore.

-       La democrazia deliberativa.

 

Le esperienze consistono nel chiamare i territori interessati ad un certo tipo di cambiamento, nel chiamarli ad essere protagonisti di questo cambiamento, attraverso la figura di un facilitatore, che è garante del fatto che c’è un dialogo. Garante del fatto che siano convocati, per affrontare quello specifico problema, tutti quelli che l’hanno a cuore.  Anche gli antipatici. Anche i non amici. Anche chi non è già d’accordo con l’idea di soluzione che hai. Anzi, specialmente chi è in disaccordo con l’idea della maggioranza. 

 

Convochi un territorio e costituisci un “parlamento”. Può anche essere fatto, in parte, da un campione statistico stratificato della popolazione. Ma devi sapere come gestirlo. Attraverso le regole semplici del confronto creativo. Il facilitatore è garante del processo. Della possibilità che tutti partecipino. Chiunque può partecipare. A patto che accetti alcune regole: 

-       Ascoltare gli altri

-       Cercare di capire le loro ragioni

-       Una volta raccolte tutte le ragioni, moltiplicarle ancora. 

-       Trovare la soluzione al compito in modo collettivo, facendo una emersione di intelligenza collettiva

-      Sulla base di questo, arrivi al momento in cui puoi co-progettare

-   La co-progettazione avviene in piccolo gruppo designato, che si mette lì, sulla base della discussione ampia, ed elabora un progetto, che poi viene discusso.

 

Se fai questo, nella stragrande maggioranza dei casi, quasi il 100% si trova d’accordo sul progetto finale. Non per magia. Non perché ha cambiato idea. Ma perché ognuno si è sentito davvero ascoltato. Quando senti che hanno preso davvero in considerazione le tue motivazioni, anche se in quel momento quelle tue preoccupazioni non sono accolte completamente, nel tempo di dialogo ti sei convinto che il processo è sano e che la soluzione ideata magari non è la migliore, ma è una delle possibile. E sei anche disponibile, in virtù del processo, a mettere da parte qualche tua preoccupazione non ascoltata. 

 

Possono esserne promotori tutti: i cittadini, gli enti di terzo settore, l’amministrazione... Quando promuovi devi rivolgerti alla comunità. Non è questione di un comitato o di una associazione o di un gruppo. L’inizio può essere un comitato, un gruppo, ma il punto è che fai un processo in cui tu fai out sourcing. In cui vai a scovare sul territorio competenze, esperienze, persone che siano in grado di “Coltivare partecipazione” (come il titolo del libro di Chiara Pignari). Il libro racconta come in un comune hanno messo in piedi una capacità di intervento e di cura del territorio e di prevenzione che ha davvero le sue radici nel territorio. E’ fatto dai cittadini che hanno a cuore quel problema, assieme all’amministrazione. 

Ma su questi temi sto ancora riflettendo


L'incontro fu ad una Agorà dei Giovani delle Acli, agli inizi degli anni 90. Portò una riflessione sulla partecipazione: lamentarsi della altrui non partecipazione è inutile. In molti casi persino ingiusto. Non possiamo chiedere partecipazione se avanziamo proposte non dotate di "parti prendibili". E "prendibile" è inteso come immagine anche fisica, pratica. Ed è connesso con "visibile", "dicibile", "comprensibile" e "possibile". Ed anche con l'idea stessa di "parte", e con il bisogno di smetterla di chiedere sempre e per forza "tutto". 

Ieri, rileggendo Canta il merlo sul frumento (Lidia Menapace. 2015. Manni Editori) mi sono appuntata alcuni spunti che rimandano l'idea di lei. E offrono piste per proseguire riflessione, discussione, azione. 


Discutevo alla follia sempre, di tutto, specialmente di politica e di religione, ne parlerò molto e sempre, restano temi che innervano tutta la mia vita. 

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Non so se fosse leggerezza o presunzione: fatto sta che feci tutto con la massima tranquillità. Se ci si rende conto della importanza e non rinviabilità di una incombenza, ce ne si fa carico, come si può.

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Bisogna dunque cominciare a lavorare su una alternativa che, secondo me, è una alternativa culturale. Bisogna cominciare a lavorare sulle relazioni umane, su tutte le cose della quotidianità, su tutti gli aspetti della vita democratica. 

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E' importante tornare al concetto di complessità della nostra società, che non è più divisa solo in ricchi e poveri: è appunto più complessa, con varie stratificazioni sociali. Bisogna fare i conti con la complessità, anche perchè la complessità porta problemi di governabilità. 

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Oggi occorre trovare forme politiche che possano governare la complessità e non pensare che la complessità è ingovernabile a meno che non si faccia un governo antidemocratico. 

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Nel discorso sulla complessità e sulla sua governabilità non rientra l'organizzazione del partito. Il partito non è più possibile. Il partito non riesce più a governare, a gestire e a rappresentare questa complessità, nella società complessa. Quindi è inutile dire faccio un partito di sinistra, non serve, il partito è inadeguato nell'attuale situazione, non è in grado di ricomprendere in sé e di governare le relazioni economiche e sociali: è il partito in sé, che pure ha rappresentato una delle più grandi invenzioni politiche, che ha finito la sua storia. 

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Bisogna allora vedere quali sono i movimenti che oggi sono soggetti politici. 

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Sono soggetti politici coloro che danno una loro interpretazione. 

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Ma su questi temi sto ancora riflettendo. 



I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...