L'onomastico cambia con l'età


Figlio: i nonni e gli amici dei nonni si ricordano sempre dell'onomastico. Anche per i nomi normali, non solo per quelli importanti. E certe volte c'è pure la busta. Lo fanno sembrare importante, l'onomastico.
Quelli come voi (ndr genitori) certe volte si ricordano dell'onomastico e certe volte no. Ma anche quando fate gli auguri, non sembra davvero importante.
I miei amici non mi hanno mai fatto gli auguri dell'onomastico. E nemmeno io li faccio.
L'onomastico cambia importanza con l'età.
Mi sa che voi come nonni non farete le buste.
(Io: Da "non giovane" con nome di persona importante ringrazio degli auguri e ricambio a tutti gli omonimi e le omonime, ma lo faccio in ritardo).

Damiano - Mario Boccia


Non sarà bella come le “storie di calcio” del maestro Osvaldo Soriano, ma per me é un bel ricordo.
Tra il 2000 e il 2001 ho incontrato due campioni dello sport più popolare, inquinato e divisivo del mondo, ma che amo da quando ero bambino. Non due campioni a caso, in un momento qualsiasi, ma due della mia squadra e in un momento sportivamente storico, cioè l’ultima volta che la Roma ha vinto uno scudetto.

Damiano Tommasi e Eusebio Di Francesco arrivarono all’aeroporto di Pristina a novembre del 2000. Non vedevo l’ora di incontrarli. Il campionato stava andando bene, ma non feci domande dirette. Salutandoci, a Eusebio sfuggí: “se non ci riusciamo quest’anno, non ci riusciamo più”. Un colpo basso. Sorrisi, facendo scongiuri.

Damiano e Eusebio erano lí perché avevano proposto alla A.S. Roma di dedicare il tesoretto delle multe inflitte ai calciatori ad iniziative di solidarietà sportiva nei Balcani del dopoguerra.
Era un progetto di ACLI-IPSIA, che faceva parte del Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS).

Prevedeva la costruzione di un centro sportivo giovanile a Pristina e sostenere attività sportive per invalidi di guerra a Sarajevo. Li salutai quasi subito, dopo una foto insieme, perché dovevo raggiungere i miei amici Rom e Askalija nel campo profughi di Plementina (Obilic). C’era il funerale di quattro di loro (due uomini e due ragazzi) uccisi per aver osato cercare di tornare nelle case da dove erano stati cacciati dalla pulizia etnica dei vincitori dell’UCK.

Nel successivo viaggio in Bosnia, a giugno del 2001, il gruppo dei calciatori si era ingrandito (e la Roma aveva vinto lo scudetto). Con Damiano e Eusebio c’erano anche Di Biagio, che allora giocava nell’Inter, De Ascentis e Delli Carri del Torino, Mangone della Roma e il fratello di Tommasi che giocava in serie C (chiedo scusa a chi non ricordo).

Quando arrivammo a Sarajevo pioveva. Cosí, dopo gli incontri ufficiali, si giocò una partita di calcetto al coperto (a Skenderija), contro una selezione locale. La palestra era piena di ragazzini che facevano il tifo, urlavano, si divertivano e chiedevano autografi. Tra loro quelli di “Bubamara” (la coccinella) la squadra allenata da Predrag Pašić, che non smisero mai di giocare nemmeno durante la guerra. Mi sono sempre chiesto se tra quei ragazzini ci fossero anche Edin Džeko o Ervin Zukanović, ma non sono riuscito a riconoscerli nelle foto che ho scattato allora.

L’atteggiamento di Damiano e Eusebio mi colpí dai tempi del nostro primo incontro a Pristina. Si guardavano intorno con rispetto, senza nascondere lo stupore di fronte ai segni della guerra. Un sentimento proprio delle persone oneste. Facevano domande senza arroganza o “cattiveria” (termine abusato da commentatori sportivi senza argomenti).

Cinque anni dopo, Damiano Tommasi raccontò del nostro incontro sulla rivista Italia Caritas. Questo é il suo articolo e alcune foto di quei giorni, tra Pristina e Sarajevo. Con questo post volevo fargli gli auguri per la sua nuova partita, e dirgli una cosa inutile: rimani sempre te stesso.

Mario Boccia
(e foto di Mario Boccia)

Non vanno a cercare i pericoli


Non vanno a cercare i pericoli, ma i segni del Regno di Dio che viene, in mezzo ai poveri, tra coloro che sono importanti solo per Dio e ignorati da tutti.
Amano la vita, non vanno a cercare la morte là dove quattro spiccioli contano più di una santa donna; vanno a seminare parole di Vangelo, perché anche ai Paesi disperati si aprano via di speranza.
Non vanno con programmi e presunzioni, con dottrine e pretese, vanno a offrire amicizia, in nome del Signore, vanno a dire la loro impotenza perseverando nella preghiera.
Non scelgono dove andare, vanno dove sono chiamate dal gemito meno ascoltato, vanno dove sono mandate per diventare preghiera, offerta, amiche, seme che muore per portare frutto.
Così vanno tante donne che percorrono le strade più pericolose del mondo, che abitano le case più indifese. Vanno e non fanno notizia.
La morte di suor Luisa Dell’Orto, piccola sorella del Vangelo, ci lascia straziati e sconcertati, diventa rivelazione del bene che ha compiuto e della vita santa che ha vissuto, diventa dolore e preghiera.
Esprimo a nome della Chiesa ambrosiana la partecipazione al lutto dei familiari, al ricordo grato e sofferto di quanti l’hanno conosciuta, la certezza che la sua morte, così simile alla morte di Charles de Foucauld, unita alla morte di Gesù possa essere seme di vita nuova per la terra di Haiti e per lei ingresso nella gloria.
Mario Delpini
Arcivescovo di Milano

Armi atomiche




Abbiamo bisogno di #giustiziasociale, non di atomiche. Il Premier Draghi ha disertato la conferenza di Vienna, l'Italia non ha preso parte, nemmeno come Paese osservatore, all'incontro dedicato all'abolizione delle #arminucleari.
Le #Acli insieme all'Azione Cattolica Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari Italia , Pax Christi Italia - Pagina Ufficiale e tante altre associazioni e movimenti cattolici ribadiscono il loro appello affinché le armi atomiche, vengano abolite in quanto armi di distruzione di massa.

Traiardare




Figlio: Aspetto che anche lui finisce e poi traiardiamo...
Madre: eh?
Figlio: Traiardiamo. Try- hard-iamo. Ci impegniamo forte.
(Ha un suo fascino. Tutto sommato. Il termine e l'avere sempre in testa nuovi progetti). 

Dal telegrafo al metaverso


Alla fine cos'è studiare?
Trovare un filo conduttore, incuriosirsi, porsi domande, approfondire, cercare, trovare il modo di sintetizzare, di spiegare, di connettere, di presentare.
E poi di nuovo farsi domande, cercare, capire...
Metterci fatica ed impegno, non solo intuizione.
Costruirsi un metodo.
La fine delle medie è la soddisfazione di vedere che questo può applicarsi alla scuola.
E vedere che il covid non ti ha spento la proiezione al futuro.
L'esame di terza media è un rito.
I riti servono.
A chiudere un'esperienza ed aprirne un'altra.
Sei pronto.
Chissà tra una decina d'anni questo sguardo futurista che effetto ti farà...

E c'è la fine della prima media


E c'è la fine della prima media.
Che invece, vista da fuori, ha solo il gusto della liberazione.
Niente cena, niente gavettoni, niente festa condivisa.
Solo la gioia del niente più alzarsi, niente più interrogazioni, niente più stress.
E la voglia di passare all'uscita a salutare le maestre delle elementari.
Magari é il mio osservatorio ad essere sfuocato.
Ma una prima media di pandemia é una relazione complicata e ancora tutta da costruire.
Confidiamo nel prossimo anno.

Rammendare

Rammendare. Il lavoro sociale ed educativo come leva per lo sviluppo.

Acli Napoli con Paola Villa, Anna Cristofaro, Patrizia Luongo, Andrea Morniroli, Marco Rossi Doria

https://fb.watch/g419jj3hbz/

Chiara metafora


Chiara metafora del lavoro sociale e educativo.
Per esperienza pluridecennale sai che nessuna pianta sopravvive a casa nostra.
A sorpresa un figlio decide ugualmente di piantare i bulbi di tulipano ricevuti in regalo.
A sorpresa (ulteriore) si mette una sveglia sul telefono come promemoria e si ricorda con costanza di innaffiare, da gennaio a maggio.
Con sorpresa (massima) non cresce un tulipano (questo era chiaro da tempo) ma (attestato da consulto telefonico con la nonna ieri) una pianta di malva.

Tornare




Tornare è un modo diverso di esplorare.
Inserisce una nuova dimensione all'osservazione.
La possibilità di notare ciò che é diverso.
E ciò che diversamente risuona in noi.
Corviale post pandemia è il km verde.
I citofoni in gabbia.
Un boulevard di murales ed il crossbooking.
Sguardo condiviso con la cooperativa San Martino ed Irene Ranaldi.

La fine della scuola quest'anno è un animale strano




La fine della scuola quest'anno è un animale strano.
C'è la fine della terza media. Che é più fine delle altre fini. Perché si chiude un ciclo che è stato tutto in pandemia. Ma ci sono gli esami. Quindi non é ancora finito.
E c'è ancora la cena dei ragazzi con i prof (e pure l'ex prof andata in pensione lo scorso anno). Alla fine, sulla carta, ci sono (quasi) tutti. E dopo dad, mascherine, docenti covid e gite mancate è un po' un evento...
Ma é tutto un po' strano.
Da un lato noi (genitori) serviamo ancora un sacco. Per lanciare stimoli, raccogliere, mediare, sintetizzare, finalizzare, comunicare (nonché ovviamente pagare, ma non é questo il punto).
Dall'altro è chiaro (nella cena, come nei festeggiamenti di oggi a gavettoni al parco) che la scuola in realtà è cosa loro, tra ragazzi e prof. Noi ne siamo fuori.
Ed è chiaro anche che (nonostante il covid e tutto il resto, in un modo o nell'altro, un po' a pezzi più che a classe) un senso di gruppo tra loro si è sviluppato.
(E poi, praticamente tutto online ed in modo del tutto diverso dalle elementari, ma pure noi genitori siamo stati qualcosa. Reduci dall'aver attraversato assieme una emergenza, mi verrebbe da dire...)

3 non ammessi


Invece...3 non ammessi alla seconda media, nella stessa classe.
Da mamma e da rappresentante non posso dire che non comprendo, anzi, spero che la classe l'anno prossimo trovi un po' di serenità...
Ma da mamma e cittadina non posso non riconoscere che questo é segnale di un problema enorme che non si può far finta di non vedere.

Senza mascherina


Oggi per la prima volta arrivo in ufficio dimenticando la mascherina.
Vuol dire che dimentico le cose, si.
Ma prima di arrivare in ufficio sono stata in due negozi, passata al bar e visto gente. E me ne sono accorta solo all'entrata del palazzo.
Per cui vuol dire che la mascherina non è più un riflesso automatico uscendo di casa. E questo mi pare cosa buona

I circoli di lavoratori: cellula base del movimento aclista dalle origini

I circoli esistono da quando esistono le Acli. Nella Acli della nascita, il circolo di lavoratori è la “cellula base” del movimento. I nucle...