Il secondo miglior momento









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Non ci serve una riforma organizzativa. Non ci basta una rifondazione etica o una riscoperta delle radici. Ci serve una profonda trasformazione. E’ tremendamente urgente. Ed io credo che lo sappiamo tutti.
La paura del cambiamento è un fatto naturale. Ma se riusciamo a guardare in faccia la paura e gli errori che stiamo commettendo (intenzionali e no), possiamo riconoscere che ci stiamo aggrappando alle conflittualità interne per scaricarci di dosso la responsabilità di ciò che non riusciamo ad essere. E ci siamo dentro tutti.
Solo le cose senza vita restano sempre uguali. Tutte le cose vive si trasformano. E la realtà, che è sempre superiore all’idea, dall’esterno ci spinge fortemente nella stessa direzione.
Smettiamo di contrapporci alla realtà e allo scorrere della vita. Smettiamo di vivere il cambiamento come una minaccia o come un tradimento. Non c’è alcun luogo sicuro dentro cui restare tranquilli. Il mondo cambia velocemente e vanifica piccole e grandi posizioni di rendita.
Se ancora crediamo nelle Acli e nelle ragioni per le quali esistono, mettiamo da parte la paura di fallire, i ruoli istituzionali usati come scudi dietro i quali nascondersi e gli schieramenti precostituiti. Nella consapevolezza dei nostri limiti,  mettiamoci comunque la faccia, la testa ed il cuore e facciamo emergere tutte le risorse e competenze che abbiamo, per unirle in una impresa comune: la scelta di avviare un grande processo di trasformazione, inserito in un orizzonte di senso in cui riconoscersi.
Un blog non è uno spazio esaustivo. Salto l’analisi (nostra e del paese) e salto ciò che già c’è in un lavoro di gruppo post assemblea. Lascio solo qualche traccia d’uscita.
L’identità associativa reale
 Le Acli (Associazione) sono il centro. Tutto il resto (servizi e associazioni specifiche) è corollario. Il circolo è l’unico soggetto identitario di valore. Il resto è importante ma parziale e propedeutico (associazioni specifiche come identità incomplete, anticamere e porte di ingresso alla vita associativa vera) o strumentale (servizi ed imprese come luoghi del fare e del realizzare, in risposta ad un mandato, o soggetti cui è delegato l’onere della sostenibilità economica). 
Ecco. Questa visione ha bisogno di trasformazione. Se le sfide del Paese sono: riscrivere un vocabolario ed un’esperienza del lavoro, ridisegnare un sistema di welfare, restituire alla politica il governo dell’economia e far ripartire un Paese bloccato, in un’ottica di maggiore giustizia sociale e in un quadro di convivenza, non è solo l’identità associativa il nostro punto di forza. O meglio, da molto tempo ormai l’identità associativa reale, quella che gli altri concretamente incontrano e percepiscono, è data dall’insieme di ciò che siamo. Che è più della somma delle singole parti. Il tutto delle Acli che si presenta assieme è un’esperienza spesso declamata ma mai concretamente realizzata. E porta uno specifico anche nel mondo dei corpi intermedi e del terzo settore.
Le questioni organizzative che ne derivano sono molte. Qui ne sottolineo solo due: la necessità di un luogo ben definito e legittimato che assuma la visione e il governo di insieme (a livello territoriale e nazionale) e la necessità di tenere a questo livello lo spazio di studio, ricerca ed innovazione, nonché l’interlocuzione e la proposta politica.
Due aree
Quello che oggi chiamiamo “sistema” è di fatto un groviglio di rapporti sostanziali, formali ed informali di cui non possediamo nemmeno una rappresentazione. Possiamo ridisegnare la mappa individuando due aree:
  • area associativa 
Una rete (non tante reti) di realtà di base leggere, diffuse, costituite da cittadini che si associano, in legame con un territorio, con interessi specifici ed attività differenziate. Ma con alcuni punti comuni di una proposta associativa riscritta assieme (il gruppo, l’apertura ad una dimensione di fede e di discernimento spirituale sulla realtà, l’impegno volontario come esercizio di cittadinanza, la formazione delle coscienze al senso critico e la tensione verso il bene comune…).
Una struttura (provinciale, regionale e soprattutto nazionale) alleggerita, semplificata e ridisegnata in supporto all’esperienza dell’associarsi nelle realtà di base.
E’ lo spazio dell’essere e dello stare assieme. Della relazione con/nelle parrocchie e con le scuole e con le istituzioni locali. Dell’associazione consapevole e sostenibile che recupera la dimensione del movimento. E di un fare sperimentale che nasce dalle esigenze locali e dalle sensibilità e che non è ancora definitivo o strutturato.
  • area dell’impresa sociale 
Un gruppo di imprese a base territoriale, organizzato a livello nazionale (e magari a breve europeo), che orienta la propria azione di costruzione creativa di risposta ai bisogni emergenti secondo linee di produzione tra cui:
– un servizio di sportelli (in presenza e online) di presa in carico, assistenza e consulenza dei bisogni delle famiglie (che comprende cittadini, lavoratori, consumatori…)
– la costruzione di servizi di conciliazione e welfare generativo e partecipato, valorizzando le nuove tecnologie, gli scambi, l’economia di condivisione e la partecipazione, in rete con famiglie, istituzioni ed imprese.
E magari anche un servizio che (a partire dalla realtà delle colf) provi a organizzare le occasioni di promozione di lavoro in forma associata.
Due aree distinte che fanno capo ad una governance comune che non si limiti a coordinarle ma le progetti e le faccia agire dentro obiettivi e strategie d’insieme.
Si, ma…” lo so, ci sono infiniti “ma” da affrontare per andare in questa direzione. E quasi tutti sono veri ed utili. Questo non significa che non si possano prendere in mano, per scioglierli uno ad uno, e fare finalmente un passo avanti!
E se l’orizzonte non è questo che qualcuno ne proponga un altro. Ma, iniziamo a costruire gli scenari per domani smettendo di guardarci l’ombelico nelle singole mosse dell’oggi. Ed iniziamo oggi. Perchè i tempi della vita sono dettati dalla realtà, non dai ritmi dei nostri infiniti congressi. E perché il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa. Il secondo momento migliore è adesso.
(pubblicato su www.piugiusto.org)

La specificità delle Acli parrebbe quella di non avere specificità -

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