Umanesimo



Appunti (presi in diretta e non rivisti dall'autore) dall'intervento di Pier Paolo Triani (Professore associato di didattica generale e Pedagogia speciale c/o Università Cattolica del Sacro Cuore e membro del comitato preparatorio del convegno ecclesiale di Firenze) alla giornata annuale di www.benecomune.net  

  
Preoccupazione e desiderio.
Preoccupazione: umanesimo esclusivo, chiuso in orizzonte di presente e propri interessi singoli. Autoreferenziale.
Desiderio: una visione e uno sguardo. L’importanza di riprendere sul serio il tema della dignità dell’uomo e dell’irriducibilità dell’uomo stesso a qualcuna delle sue parti.

Dignità.
Integrità.

Obiezioni
Come è possibile oggi parlare di umanesimo, quando esiste una pluralità di visioni del mondo?
Cosa può unire le diverse culture? I diritti dell’Umano. Ed il fatto che dentro la pluralità delle culture si va costruendo una cultura umana più condivisa ed unitaria del rispetto delle differenze.

Ha ancora senso educare?
Oggi, proprio perché manca una visione condivisa, sembra che educare sia negare la libertà dei soggetti di autodefinirsi. Se educare è concorrere alla definizione del soggetto l’educazione rischia di essere visto come atto antilibertario. 
Rinunciare ad educare significa limitare l’educazione ad accudimento e funzione regolativa. Rinunciare alla consegna di un senso. E questo fa venire meno il legame intergenerazionale in cui passa il senso di una storia comune e di un destino comune. Che è in realtà lo specifico dell’educazione.

Come educare
Ritenere che educare sia limitare la libertà non è assurdo. Parla di una cosa seria. Perché nel tempo è stato così. 
Ma l’educazione, in prospettiva cristiana, non può essere educazione totalitaria.
Deve essere una educazione problematizzante.
Freire Pedagogia degli oppressi.
Ma necessità di oggetti e contenuti.
La negazione dell’educazione non è libertà. E’ un servizio reso a chi ha più potere.

Quale umanesimo

Umanesimo plurale.
Il nucleo dell’uomo è uno. Ma la declinazione storica della vita dell’uomo avviene in modo plurale. L’antropologia cristiana ha un nucleo ma è fatta di antropologie. E di pedagogie.
Lo stesso Vangelo è plurale. Sono 4 pedagogie diverse.
C’è una tenuta di unità dentro una dinamica di pluralità. E solo salvaguardando la dinamica di pluralità si mantiene la vitalità dell’unita.

Umanesimo dinamico.  
Non costruttivista. Non deduttivamente definito. Dinamicamente costruito.

Umanesimo trascendente.
Non esclusivo.
Non autoreferenziale.
L’uomo non basta a se stesso.

Umanesimo integrale.
Il soggetto umano è irriducibile ad una delle sue parti.

Umanesimo della fragilità
Non è un umanesimo dell’onnipotenza.
Riconosce la natura fragile e limitata dell’uomo. Che però è irriducibile anche al suo stesso limite.

Umanesimo della responsabilità.
Prendersi cura dell’altro e di sé stessi.

Umanesimo della fraternità.
La fraternità è il tratto distintivo dell’essere uomini.
Educare significa educare ad aprirsi all’altro. Vuol dire ridefinire il concetto di interiorità che non corrisponde al concetto di “dentro di sé”.
Non confondere l’espansione dell’io con la relazione.
Riportare la relazione all’incontro scontro con l’altro.

Umanesimo del limite
Fare i conti con il limite.
C’è confusione tra fatica e sofferenza.
Per crescere non è necessario soffrire.
Mentre è bene ed è normale fare fatica.
Una volta si diceva: per imparare devi soffrire.
Oggi si rischia di dire: per imparare puoi non fare fatica.

Umanesimo di desiderio
C’è confusione tra desiderio e impulso.
Rischiamo di correre dietro alla risposta agli impulsi e non alla realizzazione dei desideri.

Umanesimo di liberazione
La libertà presuppone una liberazione, non solo una possibilità.
Non solo posso. Ma faccio esercizio ed esperienza di liberazione.

Le sfide
Riporre il tema del futuro e del futuro al plurale.
Rendere popolare (accessibile a tutti) ciò che è stato riservato all’elite. E cioè la formazione al senso critico e all’uso della coscienza.
Rideclinare uguaglianza e fraternità.


Grazie a Roberto Rossini e Leonardo Becchetti (e Andrea Casavecchia  e Fabio Cucculelli) per il lavoro e per l'invito. E a tutti gli altri che generosamente l'hanno accettato.  

Qui sotto, ancora meno in ordine, alcuni appunti di pensieri che dalla giornata mi sono nati...


1. 
Dimensione nazionale: massiccia presenza di regole. 
Dimensione internazionale: assenza di regole (tutto basato su prassi e consuetudini).
In entrambi i casi fatichiamo a dire che funziona. Per cui forse il problema non risiede lì. 

2. 
Di sicuro assistiamo al fallimento delle due dimensioni: Pace e Uguaglianza. 
Allora mi chiedo, che ruolo abbia la democrazia in questo. Democrazia che è strumento e non fine. 
La pace non si ottiene perché non c’è sufficiente democrazia?
O la pace non si ottiene perché la democrazia ha fallito nel produrre uguaglianza e quindi giustizia? 

3. 
Sia sul piano della democrazia che su quello dell’educazione c’è uno schiacciamento sul piano delle regole. Che non riesce ad incidere realmente, senza un piano di formazione personale e sociale. Senza costruzione di piano culturale condiviso.  

4. 
Spesso vediamo l’educazione come formazione di una coscienza in grado di scegliere tra bene e male. Mentre la prima fatica è la scelta tra beni diversi che non siamo in grado di tenere assieme e ricomporre. 

5. 
Credo che per tanto tempo abbiamo sovrapposto il valore con la declinazione culturale storica di quel valore. La realtà di oggi la vediamo come rifiuto dei valori ma in realtà è un portare ad evidenza questo fraintendimento.  In questo è importante il recupero della pluralità. 

6. 
Viviamo in una sorta di nostalgia dell’ordine precedente. Mentre credo ci serva la capacità di vivere il disordine presente cercando di costruire un ordine (provvisorio) successivo. Fatto di acquisizioni dinamiche e progressive. Parliamo di padri che non passano il vuoto ai figli pensando di essere figli, mentre siamo padri. 











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