La specificità delle Acli parrebbe quella di non avere specificità -



Tra religione e organizzazione 
Il caso delle Acli – A cura di Ilvo Diamanti e Enzo Pace
Pubblicazioni della facoltà di scienze politiche dell’Università di Padova, dipartimento Sociologia – 
Ed. Liviana – 1987

1984-1985 ricerca volta a ricostruire in chiave sociologica l’esperienza delle Acli venete nel dopoguerra, attraverso modelli capaci di ricomporre e in qualche misura spiegarne le vicende, le forme di impegno, i caratteri sociali ed organizzativi. 

Studio delle Acli venete, che (almeno in parte) racconta le Acli in generale, semmai con accentuazione di alcuni aspetti. 

Le Acli costituiscono un caso emblematico che consente di osservare le molteplici soluzioni che emergono da un intreccio tra religione, società e politica. Il fattore religioso rappresenta infatti una dimensione importante di questa associazione ma, come si vedrà meglio in seguito, non risolutivo. Né comunque importante quanto per altre associazioni di area. Cattolica. 

Le Acli sorgono e si sviluppano nel mondo cattolico ma non sono un’articolazione della chiesa. La loro azione non si svolge in ambito ecclesiale ma prevalentemente “sul territorio”, in prospettiva sindacale, politica, assistenziale.

Le Acli si prestano a dimostrare come un’associazione, seppure a matrice religiosa, possa venire studiata e compresa solo attraverso approcci disciplinari di segno diverso, in particolar modo analizzandola in quanto “organizzazione”, al cui interno la religione è solo una tra le risorse (ed i vincoli) che entrano in gioco. 

Ci si è quindi avvalsi di metodologie e tecniche diverse: 

- Sondaggio sulle caratteristiche sociali e sugli orientamenti culturali e politici dei quadri delle Acli. Questionario distribuito ai delegati presenti ai congressi provinciali 85/86. 

- Il grado di informalità che ha presieduto e presiede alla storia organizzativa delle Acli si presenta elevato e si riflette in una sorta di assenza di memoria collettiva, questa appare quasi completamente relegata all’interno del ricordo e dell’esperienza dei militanti. 

Il recupero attuale della memoria e delle memorie diffuse (interviste, archivi…) come forma di risposta… 

Cattolicesimo sociale: accettazione da parte di una componente del mondo cattolico della centralità della classe operaia nei processi produttivi che viene ad incontrarsi con una tematica cara a molti gruppi del dissenso veneto anni 65/70, secondo la quale l’operaio è la traduzione in termini capitalistici del povero, evangelico segno di contraddizione per i cristiani, dall’altro costruzione di esperienze di presenze in fabbrica che, soprattutto agli inizi anni 70 si concretizza, grazie a GA; in nuclei di fabbrica. Si sforza, durate tutto l’arco della prima metà degli anni 70, di anticipare e tradurre in modo operativo la linea emersa da Vallomborsa concretizzandola in alcuni obiettivi strategici precisi: 
- Unità sindacale
- Democrazia in fabbrica
- Rifiuto di una contrattazione verticistica. 

Spinta dal basso che dopo il 1971 parte dalle Acli e da altre realtà e dalla GIOC che si coagula attorno alla pastorale del lavoro. In alcune diocesi il vescovo dà l’impressione di assecondare tali spinte e desiderare che esse promuovano una nuova sintesi: prendere posizione e autonomia del sociale e dell’economico con uso di linguaggio laico accanto o intrecciato con quello evangelico (piramide rovesciata). 

Una associazione come le Acli che funge, negli anni che vanno dal 1968 al 1976, da vera e propria cerniera tra il vecchio modo cattolico di considerare il mondo dele lavoro e le nuove forme dell’impegno della realtà sindacale, inteso in modo laico. Non più cinghia di trasmissione tra strati popolari e la DC, ma cerniera che filtra il passaggio consistente di operai, dirigenti e quadri intermedi, dalle associazioni cattoliche al sindacato (in particolare la CISL). 

Tra il 1965 e il 1970 accanto alia tradizionali modi di presenza nel territorio delle Acli trevigiane (patronato, Enaip, leva del lavoro, turismo sociale) si venivano manifestando prese di posizione sempre più attente alle realtà di fabbrica e si moltiplicavano, soprattutto nella sinistra piave e nell’area di castelfranco e montebelluna, nuclei di fabbrica animati da giovani aclisti o giovani operaie cattoliche. 

La scoperta da parte di giovani operai aclisti, agli inizi degli anni 60, della possibilità sul terreno sindacale e delle lotte di fabbrica di trasferire gli ideali religiosi maturati all’ombra delle Acli si fa concreta. Quali ideali? Le letture di Mounier e Mazzolari costituiscono in ambiente operaio e aiutano ad approfondire da un punto di vista non marxista la critica alla società capitalista. Ora esistenza, entro a certi limiti in alcune frange del movimento e del pensiero sociale cattolici, un atteggiamento di rifiuto istintivo e radicale nei confronti di una società fondata sul primato del denaro. 

Negli anni 60 questa tradizionale ostilità subisce una modificazione sostanziale. Uno dei ritardi più vistosi dell’elaborazione cattolica è infatti l’insufficiente concetto di economia capitalista. Proprio perché la chiesa ha sempre pensato in termini giusnaturalistici (di diritto di proprietà) i rapporti economici sociali borghesi essa ha sempre concepito i rapporti produttivi come sostanzialmente paritari tra chi dà e chi presta lavoro, trasferendo eventuali ingiustizie al momento della distribuzione. Così facendo la chiesa cattolica ha sempre colto più l’apparenza che la sostanza della società capitalistica. 

Differenza con oggi, quando la Chiesa è pienamente presente, sulla critica all’economia capitalista.

C’è un bisogno di partecipazione non delegata dal basso che contagia CISL e ACLI. Queste ultime vengono coinvolte nel 1965 in un dibattito estremamente interessante circa la scarsa rappresentatività operaia negli organismi dirigenti dell’associazione. “l’attuale sistema elettivo non sembra, ad alcuni, in grado di assicurare alle varie categorie rappresentanza che rispecchi con sufficiente fedeltà e non solo quantitativamente, l’ambiente sociale e culturale che essi esprimono”. L’eventuale riconoscimento della fondatezza di questa preoccupazione non deve comunque comportare una visione grettamente operaistica della composizione sociologica dell’organizzazione sindacale, soprattutto ai vertici di essa. La storia del movimento operaio e contadino insegna che le espressioni più significative della sua attività e della sua ideologia sono state frutto di una sintesi stretta e feconda del mondo del lavoro e di quello della cultura. 

significativo che 8 giugno 1969 il comitato provinciale di GA di Treviso prenda posizione decisa affermando la completa autonomia dalle Acli, il principio del voto libero e la fine del collateralismo con la DC. Questa decisione seguiva di un anno un’analoga presa di posizione delle Acli provinciali, questo nel maggio 68, comunicarono alla commissione elettorale della DC provinciale: di aver deciso di non formulare nessuna indicazione di rappresentanza del movimento per le liste elettorali della camera dei deputati e senato. I rapporti con la chiesa locale non si interrompono, ma anzi, trovano sul terreno della questione del mondo del lavoro motivi per ritessere un nuovo sistema di relazioni tra chiesa-associazioni cattoliche impegnate nel sociale-lavoratori, viene confermata la struttura della pastorale del lavoro. 

La PDL nasce prima della cosiddetta scissione delle ACLI anche se dopo il ritiro dell’appoggio della cei alle acli questa potrà apparire come uno strumento sostitutivo delle Acli da parte della Chiesa nei rapporti con il mondo del lavoro. 

Vuole dire assumere un linguaggio autonomo e laico delle cose di questo mondo. Per farsi capire dai lavoratori. L’incidenza delle Acli e di altri gruppi id laicato cattolico nello spostare l’attenzione da generiche analisi moralistiche ad attente ricognizioni di campo dove le contraddizioni esplodevano, è indubbio. 

Documento PDL 1975: vivere la lotta di classe con amore e non con odio, mirando cioè ad eliminare le oppressioni e le ingiustizie e non a sostituirsi agli ingiusti e agli oppressi. 

Documento PDL: E’ necessario riconoscere la legittimità della lotta operaia. 

Da autonomia a segno di contraddizione

Si accetta, da parre della chiesa, della differenziazione, cioè del fatto che essa non riesca più a mediare posizioni sociali e culturali diverse, perché nel frattempo una parte del laicato e di clero sta dalla parte delle lotte del movimento operaio…

A Venezia Ruolo autonomo delle Acli, scelta classista e anima cristiana dell’azione sociale, fine del collateralismo con la DC e con ogni altro partito politico, impegno per l’unità sindacale, ricerca di una risposta autonoma alla nuova domanda politica che si registra nel paese, ma non gestione in proprio di un discorso partitico. “convertirsi come associazione, fluidificare l’associazione in movimento, non più un movimento che diventa istituzione, il carisma che si fa ordine, ma l’ordine che promuove il carisma, l’istituzione che si dissolve in movimento”. 

Vicenda originalissima del Circolo di Mirano, che si trasforma in partito politico ADP che raccoglie nelle elezioni amministrative 1970 una tale massa di voti da strappare 4 consiglieri, lacerando i rapporti con la DC e rafforzando quelli con la sinistra e mantenendo i rapporti con la parrocchia. 

La specificità delle Acli parrebbe quella di non avere specificità, o meglio, di seguire molte strade, in apparenza praticate già da altri movimenti, associazioni, organizzazioni…Un contatto anche superficiale con i documenti e le cronache della loro iniziativa e del loro impegno sembra infatti insufficiente a osservare il loro campo professionale si traduca in un ventaglio ampio di abilità e di capacità. Le Acli infatti esercitano molteplici mestieri nel corso del tempo, nelle diverse situazioni territoriali, ma anche all’interno di medesime fasi, nelle medesime aree. L’unico modo possibile di giungere ad una soluzione per questo problema è probabilmente quello di accettare questa molteplicità cercando di riannodare i fili… 

Interessante, da riprendere nell’ottica del ragionamento “Il gusto di fare le Acli” e simili sullo stile e sull’identità Acli. 

Le Acli vengono concepite secondo un modello razionale, in base al quale le organizzazioni sono, principalmente, strumenti per la realizzazione di scopi specifici (o ben specificabili) ben chiari di fronte ai leaders e ai militanti. (Panebianco 1982) 

Giacomantonio: 
Nella prima fase quindi il rapporto con la Chiesa viene letto in termini di acquisizione di senso, di radicamento, di fondamento dottrinario, mentre il mondo del lavoro e del sindacato, vengono concepiti come terreni nei quali realizzare la tutela degli interessi idali e materiali del campo cattolico. 

Nella seconda fase, mentre persistono la natura e il carattere del rapporto con l’ambito ecclesiale, il campo di realizzazione privilegiata degli scopi organizzativi si sposta verso il sociale. 
Il rapporto con la politica, soprattutto DC appare meno lineare. In una certa misura esso si configura in termini attivi (sede di rappresentanza) degli interessi e di trasmissione della domanda di un’area sociale (i lavoratori di matrice cristiana). 
Meno lineare il sistema di relazioni funzionali tra acli ed ambiente durante le successive fasi. 
Inadeguatezza di un approccio interpretativo di tipo teleologico. 

Rosati: 
due sembrano essere i piani di ricerca: 
Uno investe i vertici ecclesiali, politici, sindacali, delle acli stesse, l’altro riguarda il modo empirico con cui la gente comune, che vive le Acli e crede nelle Acli, riesce a dare concreta attuazione alle intuizioni, agli impegni programmatici, ai mandati dei primi. Solo il primo filone appare tuttavia percorso, mentre il secondo comincia solo ora ad essere esplorato. Ai fini, all’azione politico culturale svolta prevalentemente a livello centrale va quindi affiancata esperienza sociale, la pratica di militanza svolta, prevalentemente, in periferia. 

Rosati segnala la carenza (e necessità) di approcci di segno sociologico, che colleghino le Acli progetto, alle Acli espressione e Acli esperienza. 

Suddivisione delle Acli in Acli progetto (la politica), Acli espressione, Acli esperienza. Da comprendere da dove deriva e da recuperare in qualche ragionamento. Il concetto di esperienza è molto “moderno”. 

Rosati prevede per i militanti e gli iscritti delle Acli (gente comune) compito e destino di dare concreta attuazione alle intuizioni, agli impegni programmatici, ai mandati dei vertici. E il paradigma della priorità dei progetti ricompare sullo sfondo. 

Il paradigma dei fini (l’affermazione della continuità tra gli obiettivi le modalità organizzative, per le letture dell’esperienza delle Acli realizzate all’interno) costituisce qualcosa di più di una semplice articolazione del modello. Costituisce piuttosto la chiave di lettura globale, il presupposto ineludibile e sostanziale. Ma è proprio questo l’aspetto che ci pare più discutibile nell’intera costruzione teorica interpretativa. 

Il paradigma dei fini come premessa dell’azione delle associazioni, ha subito numerose e sostanziose critiche sul piano teorico, confermate a livello empirico. 

Panebianco
1. Gli scopi di una organizzazione non sono mai determinati a priori. Spesso sono obiettivi informali, non dichiarati, talora consapevoli ad ispirare l’azione. D’altronde non è raro osservare effetti perversi, risultati contraddittori rispetto a quelli previsti dalle strategie organizzative
2. Gli scopi sono sempre molteplici e di diversa natura, coinvolgendo aspetti non solo collettivi, ma anche individuali e dei membri
3. L’aspetto organizzativo, il complesso delle risorse, strutture, persone, relazioni che si definiscono attorno all’azione e alle scelte organizzative tende a diventare quasi sempre condizione determinante per il mantenimento dell’organizzazione, cioè tende a proporsi e imporsi come movente reale sotteso o intrecciato a quello formale, come vincolo per i fini annunziati. Ed esso stesso come fine. 
4. Parallelamente la posta in gioco, la base dell’aggregazione, della legittimità, non appare mai interamente risolvibile nell’aspetto progettuale e complessivo ma si allarga a quello materiale e individuale. 

Non sono mai solo benefici collettivi di identità a permeare e fondare le scelte di un’organizzazione e dei suoi membri ma anche benefici selettivi e materiali (di status). 

Nel momento in cui si esamina il significato del rapporto che la gente comune instaura con le acli non è quindi lecito attendersi che esso avvenga solamente sulla base di benefici collettivi di identità, dell’identificazione oltre che con l’ideologia di fondo, con i programmi, con le scelte. E’ probabile che esso si realizzi anche sulla base di benefici selettivi materiali, offerta di prestazioni concrete espresse dall’apparato e dai suoi servizi, oppure sulla base di benefici di status, del riconoscimento interno/esterno all’organizzazione, per chi vi accede. 

L’eterogenesi dei fini, il ruolo dell’apparato e dei quadri

(Quadri intesi come dirigenti, non come “tecnici”. I  tecnici qui sono chiamati funzionari)

Difficoltà di individuare disegni programmatici lineari, a vantaggio di programmi compositivi e flessibili, perché frutto di modalità complesse, di dialettica, di negoziato, conflitto, compromesso, interno esterno. 

Anni 50
paese cristiano, pragmatico solidarista diffusione dei servizi, programmazione cogestione economia e impresa. Peso crescente che, nel corso dell’esperienza storica, l’apparato e i quadri assumono. 

Anni 60-72

Le Acli vedono privilegiare, di fatto, al di là delle definizioni che esse danno di se stesse, il terreno ideologico, partitico (Ranci Ortigosa 1973 p.3)
Le Acli si configurano tentando di definire e perseguire un progetto di cambiamento sociale, di alternativa al socialismo, sino a raggiungere a Vallombrosa a formulare l’ipotesi socialista e la fine del collateralismo. 
Fratture e i conflitti con i rapporti originali (Chirds, mondo cattolico).

L’identità contesa: il rapporto con gli ambienti esterni, fra autonomia e dipendenza

Un’organizzazione si distingue per lo specifico ambiente in cui svolge una specifica attività che non condivide con nessun altro attore organizzato, ci pare che le Acli si presentino come una caso specifico nel campo dell’associazionismo proprio in quanto non hanno questa specificità. Oppure perché ne hanno molte. E queste molte specificità possono costituire (e a volte a volta costituiscono) per essa motivo di forza come di debolezza. 

Le Acli si trovano ad operare in un ambiente dove agiscono attori dotati di rilievo e ruolo prioritario: i partiti, il sindacato, l’associazionismo confessionale… La loro plasticità, il loro mutar di rotta e di obiettivo nel corso del tempo, riflette, dunque, la loro costante ricerca di spazio, ruolo, peso. Ma testimonia al contempo la debolezza della premessa. La forza delle Acli quindi sta nella capacità (quando effettivamente riescono ad esprimerla) di organizzare la debolezza. Di dare forma e senso ad un’azione che si svolge al crocevia tra più ambienti sociali e culturali in cui altri sono attori egemoni. 

Le Acli, sin dalle origini, sono una lunga crisi alla ricerca di una identità, mai completamente trovata (Giacomantonio, 1973) e si tratta di una identità continuamente contesa, messa in discussione, negoziata, minacciata da altri soggetti, da altre organizzazioni. 

Le Acli sono portatrici di una bizzarra miscela di laicità e confessionalismo che ne favorisce, in qualche misura, la legittimazione anche oltre i due ambienti a cui si connettono in prima istanza. Il campo cattolico sociale, il campo della politica, quello dell’associazionismo cattolico…in tutti questi ambienti operano senza legami totali, senza vincoli irresolubile. In tutti gli ambienti operano come componente dotata di una certa autonomia. Essere luogo di rielaborazione del messaggio della Chiesa, senza esserne articolazione interna, essere soggetto di rappresentanza e proposta all’interno del mercato del lavoro, senza esserne organismo istituzionale, consente alle Acli di muoversi, sia rispetto alla Chiesa, sia rispetto al movimento operaio, sia rispetto alla politica, con un buon grado di capacità contrattuale, dettato da quel livello di distanza che la separa da certi ambienti. Questa autonomia (seppure limitata) consente alle Acli di muoversi all’interno di percorsi prefissati, senza mappe precostituite. Consente di potersi misurare e confrontare, risultando credibili, anche con attori organizzati di diversa e magari divergente matrice, in termini di maggiore libertà. 

La debolezza è il coniugare ambienti e livelli di difficile composizione. Le Acli non si muovono solamente tra ambienti ed attori differenti. Dialogano, comunicano, interagiscono anche con livelli e strati di società e individui differenti: militanti, dirigenti, funzionari direttamente coinvolti nella gestione dei servizi o nel dibattito politico delle sedi centrali, ma anche con persone e individui sparsi a livello periferico, nei circoli di paese o persino esterni con cui le Acli hanno rapporti di contatto per motivi di aggregazione, comunicazione di base, utenza assistenziale. Quale collante adoperare per tenere assieme pezzi, talore schegge, tanto differenti e lontani? A nostro avviso quando il collante chiesa a partire dagli anni 60, esprime la minore capacità di coesione, il problema rimarrà per molti versi insoluto… 

Sempre su stile e identità Acli 

Il rapporto con la Chiesa

Al mondo del lavoro e al movimento operaio le Acli guardano, come contesto da rappresentare, ma anche come terreno da cui attingere valori da rielaborare, coniugandoli con il messaggio evangelico e con la dottrina della chiesa. Solo a partire dalla seconda metà del 60 movimento operaio diventa fonte di valori cui attingere. 

La Chiesa funge da matrice originaria, ma influisce anche sulla forma organizzativa. Le Acli infatti si espandono e consolidano per diffusione ricalcando i modi della rete dell’insediamento della struttura ecclesiale e alla chiesa e ai canali di comunicazione della chiesa si affidano sia in fase di avvio che di consolidamento. Bollettini diocesani, stampa di parrocchia, pulpiti… 

Il ragionamento su “luoghi matrice” e “luoghi di azione” e “oggetti di azione” è interessante. Si potrebbe riprendere i grafici e vedere come è mutato nel tempo.

I molti mestieri delle Acli 
Le Acli si specializzano e si attrezzano al fine di praticare alcuni specifici mestieri (Ranci Ortigosa 1973). Si professionalizzano nella realizzazione di alcune attività di particolare importanza, sia per gli ambienti che per gli attori del contesto in cui operano. 
Da un lato si specializzano in quanto associazione delle associazioni, in grado di tradurre sul piano culturale, normativo ma anche di formazione le connessioni tra gli ambienti e soprattutto tra gli attori del campo di appartenenza. 
Dall’altro si propongono come centro servizi, volto a produrre ed erogare prestazioni, per singoli ambienti, in rapporto a domande emergenti e non soddisfatte. 

La definizione di associazione di associazione (che differenza c’è tra questo e la definizione attuale di rete?). Da notare che qui scrive prima che nasca il Caf e l’USACLI. 

Produzione, rielaborazione, trasmissione ideologica
Le Acli si innescano nel circuito Fede- Chiesa – Storia producendo orientamenti progettuali, piste di riflessione che talora si traducono in strategie rivolte al terreno sindacale, politico oppure religioso. Si tratta della lunga e composita teoria dei programmi e dei fini palesi che attenta trattazione ha trovato nei teorici interni. 
L’importanza del ruolo delle Acli in questa direzione non sta tanto nella specifica produzione di tali strategie quanto nella loro gestione politica sindacale. L’importante è che le Acli associano l’attività, di portata profonda, della trasmissione. I progetti infatti vengono volta a volta tradotti alla luce dei problemi del contesto locale della vita quotidiana e riprodotti a livello periferico, attraverso la stampa di bandiera, le attività di circolo, l’attività formativa di base… le catene di incontri, organizzati a livello periferico, sulla base di piste che rileggono orientamenti etico-politici delle Acli all’interno dei piccoli ma prioritari temi dell’esistenza individuale e sociale ne forniscono dimostrazione. 

La circolarità tra pensiero (politica) ed azione che viene recuperata e che è centrale per oggi.
Ciò che rende specifico l’intervento Acli non è la originalità del suo pensiero ma la capacità di tradurre quel pensiero in azioni di base sul territorio con le persone. Ancora più prezioso sarebbe se chiudesse il cerchio con una politica capace di fare sintesi delle esperienze di base (da servizi e circoli e progetti). 

L’Azione Cristiana, la funzione delle associazioni politiche, i rapporti umani tra datori di lavoro e lavoratori, sono titoli di alcuni argomenti tradotti in schemi di 2-3 cartelle che facevano da base standard per lezioni dei dirigenti delle Acli vicentine negli anni 50. 
A questa attività di vera e propria formazione di base se ne accosta un’altra, orientata selettivamente ma anch’essa di importanza e di incidenza estrema per gli attori collettivi del mondo cattolico. E’ l’attività di formazione, reclutamento e selezione dei quadri, a cui le Acli riservano, anche nel veneto, attenzione notevole e ampie risorse. 
Le Acli fino agli anni 60 organizzano e gestiscono corsi e seminari volti a formare sindacalisti e amministratori. Corsi ritenuti dalle organizzazioni sindacali e dai partiti requisito di effettiva legittimazione. Nelle storie di vita dei militanti veneti della Cisl l’esperienza delle Acli funge da iniziale meccanismo di promozione “Sono state le Acli che mi hanno insegnato come studiare, come affrontare i problemi”. In anni più recenti questo orientamento si è ridimensionato. Negli anni 70-80 la formazione ha utilizzato il mondo del lavoro e del sindacato come temi di riflessione non più come luoghi di destinazione di quadri. 

Erogazione di servizi collettivi e individuali 
Tra la fine 60 e metà 70 i servizi sopravvivono alla crisi politica, di adesioni e di radicamento delle Acli. Il loro declino è molto ridotto e si protrae per tempo minore. Il sistema di prestazioni ed iniziative avviato in tutti i campi pare davvero proporsi come una sorta di welfare state a misura del modello veneto. La forma policentrica e articolata che caratterizza il contesto economico e sociale fornisce più di una precondizione di successo per un’offerta di servizi diversificata e diffusa come quella espressa dalle Acli, che si presenta come sistema di garanzia e tutela dei ceti più esposti, in particolar modo in tempi nei quali il mercato fa sentire con violenza le sue tensioni e lo stato è tutt’altro che orientato in senso assistenziale. 

Aggregazione sociale e produzione simbolica
Questo aspetto è strettamente connesso a quelli precedenti, ne costituisce la diretta implicazione. Elaborare e trasmettere a livello microsociale una cultura del lavoro e un’etica sociale coerenti con la dottrina sociale della Chiesa, organizzare servizi e iniziative di risposta alle domande di assistenza, formazione professionale, ricreazione significa costruire un sistema di relazioni che pongono le Acli come naturale centro di produzione simbolica e regolazione sociale. 
Le Acli si propongono come organismo che detiene la capacità di spiegare le ragioni e il senso del lavoro, in una prospettiva legittimata dalla chiesa, ottenendo in cambio legittimazione sociale. Si configura quindi una sorta di scambio ineguale, all’interno del quale ai benefici simbolici e normativi di organizzazione e orientamento sociale espressi dalle Acli, la società locale risponde attribuendo loro autorità e consenso. Oltre a ciò che le Acli forniscono un substrato di benefici concreti che consolidano ulteriormente questo circuito di relazioni, allargando il campo dei beni strumentale. 

Il senso, come capacità di orientare, che non è solo indicare il posto in cui, è accompagnare nella ricerca della direzione. Mestiere e funzione, quindi non da oggi, preziosa per le Acli e che potrebbero (attraverso volontari/promotori e un rapporto più stretto tra associazione e servizi) svolgere anche maggiormente nel punto di incontro delle persone nei servizi. 

Centro di regolazione normativa, cioè le Acli si presentano come un centro di soddisfazione della domanda sociale di servizi assistenziali e solidali. 

Alcune tra le iniziative di servizio coordinate dalle Acli, infine, si situano specificamente nei gangli della socialità elementare, dell’aggregazione di base, tra la gente. I bar, i circoli ricreativi, le mescite di vino non costituiscono semplici luoghi di consumo, sono luoghi della socialità della comunicazione espressiva. 

Sede di elaborazione, di trasmissione, di dibattito politico culturale, centro servizi per i bisogni della società e dei singoli, luogo di aggregazione e soggetto di produzione di senso: le Acli percorrono itinerari molteplici e differenziati nella costante ricerca di spazi. Oppure nella costante ricerca di mantenere il loro campo, il loro specifico mercato, sempre pericolosamente in bilico tra più soggetti. 

I luoghi, anche quelli puramente aggregativi, come luoghi di senso. Capacità di agire su luoghi che sono “allestimento di ciò che serve perché le cose possano accadere”.  Qui volendo si potrebbe recuperare anche parte dei luoghi sportivi USACLI. 

Non sempre tra i diversi mestieri e i diversi soggetti e organismi interni questo equilibrio riesce effettivamente a realizzarsi. Inoltre, nelle fasi più recenti, mentre da un lato minore è la capacità del riferimento tradizionale (la chiesa) di supportare all’interno del contesto la loro multiforme azione, dall’altro nuovi soggetti si insinuano su questa pista. Altri attori organizzati, dotati di capacità di espansione e di consolidamento emergono e si affermano occupando i medesimi terreni e i medesimi campi d’azione. 

Una risorsa centrale per l’azione e per l’autonomia: L’organizzazione
I problemi che abbiamo individuato alla base dell’azione e del consolidamento delle Acli sono tutti connessi alla capacità dell’associazione di stare assieme e di procedere, pur muovendosi tra terreni, livelli, settori, ambi enti, attori esterni differenti. Risorse di prioritario livello vengono fornite dal soggetto di riferimento originario: la Chiesa. Ma se la chiesa dopo essersi posta come fattore generativo fosse rimasta come unico elemento propulsivo e permissivo di azione le Acli si sarebbero risolte in una articolazione interna alla Chiesa. Ma ciò non è. 

La differenziazione e la non specificità, in fondo, raccontati come peculiarità e potenzialità. La difficoltà che ne deriva è la capacità di tenere insieme l’interno e riuscire a muoversi. 

Se sono importanti gli obiettivi e gli interessi, altrettanto significativo è l’aspetto organizzativo  connesso sia alla struttura associativa che a quella dei servizi. 
L’organizzazione dei servizi materiali prende via via peso. E costituiscono la base cui attingere nella gestione dei compiti anche di quelli di segno politico e sociale. 
D’altro canto questa organizzazione dei servizi detta le modalità di effettiva attuazione dei fini organizzativi e produce nuovi fini, espliciti o anco di più impliciti. 
L’0rganizzazione da un lato precondizione di autonomia e risorsa per l’azione, dall’altro nuovo vincolo e nuova dipendenza. 

L’organizzazione (il modo con cui ci organizziamo per…) finisce per influire anche sul modo con cui pensiamo le cose e sulle priorità che ci diamo etc… 

Doppia logica di Olson (1982)
Le organizzazioni riusciranno a sostenersi e affermarsi solo a condizione di garantire beni e opportunità individuali accanto al bene pubblico offerto. In caso contrario la sola offerta di public good non tutelerà l’organizzazione né da defezioni, né da soluzioni opportunistiche.

Questo viene realizzato allargando progressivamente lo spazio per le opere sociali e le strutture di servizio. Da beneficio selettivo ed incentivo alla militanza e a partecipazione attiva, piuttosto sembrano fungere da promozione di status e legittimazione che i quadri delle Acli ottengono nei confronti di altre organizzazioni, partiti e sindacato soprattutto. L’accesso alle attività formative e ancor più l’accesso a ruoli direttivi costituisce per lungo tempo pre-requisito per il reclutamento e la cooptazione nelle leadership politico e sindacale. 

Il periodo appena trascorso (e per quanto riguarda i territori in parte ancora attuale) di conflitto associativo che si esprime più in termini di conflitto tra persone che tra idee, può essere una indiretta conseguenza di questo? 

Alcune ipotesi.
Il modello Acli
1. L’autonomizzazione dell’ambito organizzativo da quello dei progetti e delle idee. Il rapporto tra i due ambiti è di reciprocità, non risolto attraverso la sussunzione dal primo al secondo. Organizzazione e progetti si influenzano a vicenda e anzi, progressivamente, la prima assume capacità vincolante e prefigurativa sempre più forte. All’interno dell’organizzazione via distinta la componente legata alle politiche associative da quella legata ai servizi. 
2. Le attività e le funzioni svolte dalle Acli vanno in ampia parte ricondotte all’ambito organizzativo (servizi, aggregazione sociale, processo di reclutamento, formazione dei quadri)
3. L’ambito progettuale e culturale entra in gioco, in misura non determinante, nel reclutamento dei quadri. 
4. La matrice sostanziale resta quella originaria: la chiesa. Essa influisce sulle idee ma anche sull’organizzazione. Quest’ultima tuttavia crescendo e consolidandosi costituisce risorsa e fattore di autonomizzazione per le acli, oltre a struttura a cui la Chiesa stessa deve rapportarsi per mantenere alcuni importanti contatti con società e territorio. 
5. Anche il mondo del lavoro costituisce ambiente di riferimento, cui le acli si ispirano. Ma ciò si traduce sul terreno di progetti e contenuti della rappresentanza. quasi per nulla su quello organizzativo. Solamente nella stagione di confine 60/70 il movimento operaio assume peso prioritario nella formazione dei principi ispiratori. 
6. I beneficiari/destinatari delle acli sono individuali in tutti gli ambienti/settori con cui interagiscono. Si individua comunque una sorta di divisione dei mercati: il livello sociale e simbolico è coperto dall’ambito organizzativo (associativo e soprattutto servizi), quello selettivo del sistema politico ed istituzionale da ambito associativo.
7. Chiesa e organizzazione costituiscono gli elementi che in maggiore misura caratterizzano l’esperienze delle Acli. E’ l’equilibrio che le Acli riescono a realizzare tra questi ed altri elementi, a spiegare il corso della loro azione, il loro mutare, le loro sconfitte e le loro crisi e successi. 

L’identità Acli nella storia: 
Confronto con il modello originario
Conflitto intra-organizzativo

45-48 tra sindacato e territorio: l’organizzazione al servizio del progetto
48-68 il welfare state a misura del modello veneto
68—76 la svolta socialità, il ritorno al primato dei progetti
76- 86 fase attuale: la ricerca dell’identità perduta
Ricerca della identità perduta, senza rassegnarsi alla mera restaurazione di quella antica. 
Le Acli stemperano le punte più radicali degli obiettivi e dei progetti trasferendosi sul terreno della riforma del rapporto tra società civile e sistema politico, riaccostandosi ai bisogni della società, promuovendo e guidando mobilitazioni sulle questioni emergenti (pace…). 

Si ricostruisce il rapporto con la Chiesa.
Con il sindacato il rapporto cambia natura. Non più fonte di identità, ma spazio di confronto. 
Processo di ricomposizione di squilibri interni tra ambito progettuale, organizzativo, tra associazione socio-politica e servizi. Ma molti problemi appaiono irrisolti. 

Si stenta a scorgere lo specifico. Altri soggetti ecclesiali vanno oltre i confini del sacro (CL, Gioc, Agesci, Pastorale del lavoro…). 

Le dinamiche della società fanno nascere domande e forme di aggregazione su cui le Acli faticano ad innervarsi. L’aggregazione a livello di base è più faticosa. Più faticoso il porsi come centro di produzione di senso, di identità culturale condivisa e vissuta.  La legittimazione sul mercato politico e sindacale non risulta più tale da influire in maniera decisiva sulle scelte degli attori. 
Il progetto di porsi come movimento della società civile non pare essersi realizzato. Le Acli non riescono più ad incidere e a rappresentare sulla scena politica nella misura auspicata. 

Seppure non hanno smesso di riflettere e pensare, magari in grande, risulta assai difficile diffondere su scala sociale i loro progetti e le loro proposte. I canali interni di trasmissione non bastano più allo scopo. Occorrerebbero conoscenza e controllo delle forme e dei mezzi di comunicazione di massa. E ciò non pare essere plausibile né forse compiutamente colto. 
Da crocevia e centro le Acli rischiano di divenire margine. 

I servizi si ripresentano non solo come fonte prioritaria sul piano organizzativo e dell’alimentazione dell’associazione ma anche come contrassegno associativo negli ambienti in cui opera. Il rischio è che sui servizi si ripieghi l’intera vita associativa, divenendone al più complementare. E il rischio è tanto maggiore in quanto la crisi del welfare state, che può fornire al sistema dei servizi nuove ragioni di crescita e di sviluppo, può al tempo stesso provocarne il rallentamento e l’inceppo. 

Rischio ancora attuale. 

Progetti culturali: attraverso i percorsi dell’attività formativa
La formazione rappresenta un anello di congiunzione tra linee progettuali, realizzazioni, tensioni provenienti da interno ed esterno.

Base sociale e insediamento territoriale
Confronto del tesseramento Acli con altri (CISL, DC, AC). 
Le associazioni sono sempre più costrette ad uno sguardo corto sulla loro storia, coinvolte da turbinio di eventi ed attività. Tutto ciò le porta a dimenticare una parte di informazioni utili alla ricostruzione storico-sociologica degli aderenti della loro quantità numerica, della composizione sociale, delle presenze sul territorio. In un certo senso si potrebbe affermare che vi è una tendenza a bruciare la terra alle proprie spalle. 

La ricerca sui profili dei dirigenti sarebbe interessante da rifare anche oggi.
Che mestieri? 

Circoli
Il trend di lungo periodo ricalca quello del tesseramento.
periodo della fondazione, periodo dello sviluppo, progressiva caduta, stabilizzazione.
Con continua inversione di tendenza, continuo saliscendi perché è da tenersi presente l’incidenza di abbandoni, trasferimenti, migrazioni… 

Quadri
I politologi sono soliti affermare che l’accesso alla carriera politica è più facile per i ceti medi che per i lavoratori salariati. Per i maggior tempo libero e per il più elevato grado di istruzione. La leadership di una associazione nazionale, a tutti i livelli, anche provinciale, richiede partecipazione assidua ad attività organizzative, presenza a riunioni e comitati, conoscenza approfondita dei problemi che il movimento affronta in quel momento. 
Chi dice organizzazione dice oligarchia (Michels 1966). Anche i dati relativi ai quadri dirigenti Acli confermano. 

Tuttavia le Acli si autodefiniscono movimento sociale dei lavoratori cattolici. Come è assicurata la comunicazione tra quadri e ambiente? Studio dei quadri intermedi come presupposto che siano il legame tra associazione e la sua base. 

Come intercettare e includere i nuovi italiani, i lavoratori, i ceti medi ed i lavoratori e cittadini con più fatica oggi? Come non trasformarsi in una associazione di gente che sta bene e fa qualcosa per chi non sta bene? Attenzione generale, ma anche capacità di individuare singole persone da “chiamare”. 

Gramsci (1971) importanza dell’elemento medio, chiamato a mediare tra dirigenza nazionale e militanza di base. Inoltre i quadri dirigenti intermedi costituiscono l’area di reclutamento della dirigenza nazionale. 

La nostra tesi è che il ruolo dei dirigenti aclisti cambi per effetto combinato del concilio e della contestazione ecclesiale che fa saltare i meccanismi di controllo sociale che la chiesa esercitava tradizionalmente nei confronti del mondo cattolico veneto. Si apre un conflitto politico a livello di dirigenza tra la linea di Vallombrosa (pluralismo politico) e tradizionale (apostolato sociale e collateralismo democristiano). L’incidenza sul sociale tende a diminuire a causa di questo scontro interno. Il risultato è emorragia degli iscritti e esodo di quadri medi e intermedi. Questa è l’opinione corrente. A noi sembra che serve una ipotesi più articolata: le acli a partire dagli anni 70 diventano sempre più un movimento che si muove liberamente nella società senza forti condizionamenti da parte della Chiesa e della DC. Essa dunque sperimenta un nuovo rapporto con la società. Non è più l’iscrizione formale che conta per definirne il peso e il ruolo. Questo muta anche la relazione tra dirigenti e base. 

Melucci (1984): La situazione normale oggi è una rete di piccoli gruppi sommersi nella vita quotidiana che richiedono una implicazione personale nel sperimentare e nel praticare modelli culturali. Questi reticoli emergono solo su specifici problemi (la pace, l’aborto, nucleare…). La rete sommersa, sebbene sia composta da piccoli gruppi separati è un circuito di scambio. Individui e informazioni circolano lungo il reticolo tramite alcune agenzie, come radio libere locali, librerie, riviste… assicurano una unità dell’area. La rete sommersa permette una appartenenza multipla, la militanza part time e per breve periodo e l’implicazione personale e la solidarietà effettiva sono una condizione per la partecipazione. 

Se le cose stanno effettivamente così le Acli partecipano in qualche modo alla logica delle aree di movimento. Con questo alcuni problemi dell’associazione si risolvono nel mentre se ne propongono altri. Il problema risolto è la capacità di mobilitazione dell’associazione che va oltre il numero degli iscritti (ma solo su specifici problemi) ed è fondata su una simbiosi dirigenti base (ma è una relazione informale). 
Il problema che viene dalla matrice originaria delle Acli, cioè la sua attività sociale che è concentrata su erogazione dei servizi, formativi, assistenziali, cooperativistici, continua a fornire risorse per tutto l’agire politico, sociale delle Acli stesse. 
I conflitti politici anni 70 hanno prodotto una fattura tra attività politica e attività sociale. Da qui la mobilitazione politica dei dipendenti dei servizi (coinvolti sempre direttamente nella gestione anche politica del movimento) senza questa mobilitazione e valorizzazione politica gli stesi servizi perderebbero significato e legittimità. 

Il lavoro sociale come professione

I servizi hanno rivestito una duplice funzione: di risposta a bisogni diffusi dei lavoratori e di attrazione al movimento di masse sempre maggiori di potenzialità aderenti. 
- Anni 40 si espande
- Anni 50 svago degli iscritti 
- Anno 60 patronato cresce e ENAIP si stabilizza, cresce attività sportiva
- Anni 70 patronato ed Enaip proseguono 
- Anni 80 fiorire di attività sport, turismo, sicet, Mopl, enars

I servizi, laddove riflettono esigenze generali e come tali sono organizzati, sono su base provinciale, con erogazione del servizio dal centro verso la periferia, riescono con il tempo ad acquisire peso e autonomia rispetto al movimento aclista (patronato, Enaip) 

Quando i servizi sono autoprodotti e autorganizzati dai circoli, senza che vi sia appoggio stabile e concreto da parte delle sedi provinciali, ma soprattutto senza un raccordo tra esperienze simili, si ha dipendenza totale del servizio dalla capacità di sopravvivenza del circolo. 

E’ possibile, in questo senso, pensare alla fase attuale come ad una fase in cui alcune modalità di “azione sociale” siano sostenute e organizzate e non lasciate solo al circolo? Lo sviluppo di azione sociale potrebbe andare in questo senso. 

2 servizi a istituzionalizzazione forte: Enaip e Patronato
Molti a istituzionalizzazione debole: ricreazione, cooperazione, attività sportive… 
Per i primi vale l’ipotesi che li vede polo alternativo (complementare) a quello politico, per i secondi si deve parlare di residualità rispetto alle strategie del movimento (almeno fino al 1980). 

Il concetto di residualità va chiarito. Lungo tutto il decennio 50/60 i servizi (le opere sociali) sono stati al centro dell’attività aclista, secondo quanto stabilito dal progetto Paese cristiano. Mentre però i servizi assistenziali e quelli formativo addestrativi hanno conosciuto consolidamento e sviluppo, le attività ricreative e sportive, pur numerose, non hanno trovato momenti di raccordo a livello provinciale che non fossero episodici, finendo per occupare lo spazio esiguo nelle strategie e nelle scelte dell’organizzazione. Non va disconosciuta però la loro importanza particolare (nel senso di dare risposta a bisogni esistenti in un dato momento in un dato luogo). 

Modello di evoluzione dei servizi (I tanti volti del welfare dal basso). 
Due servizi hanno costituito nei 40 anni di storia delle Acli la struttura principale del movimento: si tratta di Patronato ed Enaip. Sia Patronato che Enaip hanno avuto origine in tempi molto prossimi a quelli di nascita delle Acli, nel 1948 si costituiscono i patronati provinciali e nascono le prime esperienze formative, nel 1951 si costituisce formalmente l’Enaip a livello nazionale. 

Tanto il patronato quanto l’enaip nascono e si sviluppano come risposte a bisogni diffusi (di aiuto nei rapporti tra cittadino con lo stato erogatore di assistenza o previdenza, di avviamento al lavoro tramite la formazione) ma la loro costituzione formale è successiva al recepimento di tali bisogni da parte del legislatore. Così il patronato si diffonde a seguito della legge 804 del 29 luglio 1947. 
Analogamente l’Enaip costituisce il momento organizzativo che le Acli si danno nel campo della formazione sulla scia della legge 264 del 29 aprile 1949. 

Altri due elementi comuni ai due servizi sono l’essere dipendenti da finanziamenti pubblici (statali o regionali) e la gratuità della prestazione offerta. 

Il fatto che oggi non ci sia più totale gratuità, come influisce? Che effetto ha (identitariamente) sul servizio?

La dipendenza dal denaro pubblico costituirà da un lato l’elemento stabilizzante dei servizi anche negli anni della crisi delle Acli ammortizzandone in maniera consistente gli effetti, dall’altro porterà le strutture di Patronato ed Enaip ad autonomizzarsi rispetto alle Acli movimento, dalle quali finiranno per ricevere solo il marchio originale. 

D’altra parte il finanziamento statale risulta, almeno i primi anni, insufficiente rispetto ai costi e viene integrato massicciamente dal mondo cattolico con offerte raccolte durante la giornata dell’azione sociale. 

Un quarto elemento comune è la notevole diffusione sul territorio sia pure con modalità diverse che tali servizi raggiungono: nel caso dell’Enaip tramite attivazione di corsi professionali in moltissime località, nel caso del patronato tramite l’attivazione di segretariati del popolo, punti di riferimento (sportelli decentrati) per la consegna delle domande di assistenza e per una prima consulenza previdenziale. I responsabili dei segretariati del popolo (gli addetti sociali) acquistano via via maggiore autonomia dai circoli, arrivando a continuare la loro opera anche quando questi cessano di esistere (nel veneto 1/3 di addetti sociali opera senza fare riferimento a segretariati del popolo istituiti presso circoli acli, in italia nel 1980 solo 1370 addetti sociali su 5048 facevano capo a segretariati del popolo di circoli acli). 

I promotori sociali di oggi sono una realtà molto più complessa degli addetti sociali di ieri. Ma anche oggi, si potrebbe valorizzare la dicitura usata dal Papa “volontari Acli che prestano servizio presso il Patronato”. Le Acli hanno bisogno di riprendere in mano il tema volontari con una proposta che tenga assieme nazionale e territori e che sia co-gestita con i servizi (patronato). Se resta solo in mano al Patronato le Acli perdono una grandissima opportunità…

Patronato ed Enaip costituiscono due casi esemplari dell’approccio delle Acli con l’ambiente. Sviluppano la propria presenza non all’interno delle fabbriche, ma presso le parrocchie. Questa strategia di penetrazione deriva da molteplici fattori: 
- In primo luogo la forte matrice cattolica ecclesiale del movimeto lo porta a svilupparsi più nelle parrocchie che nelle fabbriche
- In secondo luogo vi è la perdita di peso Acli nelle fabbriche dovuta alla nascita della CISL 
- In terzo luogo la scarsa coincidenza tra mondo operaio e utenza dei servizi. Il patronato non serve solamente (né prioritariamente) lavoratori ma anche e soprattutto invalidi, casalinghe, contadini, persone che stanno per emigrare… L’Enaip si rivolge soprattutto a disoccupati e a giovani che vogliono entrare nel mondo del lavoro. 
- Infine le Acli, dal 1949, perseguono una politica di riorientamento del proprio centro gravitazionale dai luoghi di lavoro (luogo del conflitto) alle parrocchie (luogo della confluenza interclassista) deliberando il famoso programma Paese Cristiano. 

La policentricità territoriale gravitante sulle parrocchie è un fenomeno che interessa anche i servizi ricreativi e sportivi, per i quali si ha però diffusione dal basso (dalla periferia verso il centro) piuttosto che il contrario. 
In realtà non è del tutto proprio parlare di servizi quando ci si riferisce ad attività ricreative e sportive. Si tratta infatti di iniziative spontanee, a carattere eminentemente locale (il circolo) e senza collegamenti con altre realtà simili. D’altra parte il ruolo del centro (provinciale) come fornitore di servizi ricreativi, sportivi e culturale è fino alla costituzione dell’ENARS (72-74) molto poco significativo. Molte volte le attività ricreative si sviluppano nella forma circolo ricreativo che sorge attorno allo spaccio di vini o alla sua versione evoluta, bar Acli, altre volte è il circolo Acli che, sfruttando le strutture parrocchiali (teatri, sale riunioni…) attiva manifestazioni varie (cineforum, serate musicali. Serate teatrali…). 
Tutti i tentativi di centralizzare l’attività di spezzoni del servizio ricreativo (ad esempio turistica) effettuati prima della costituzione dell’ENARS ha mancato di continuità. 

Fin dall’inizio i circoli si occupano di svago e ricreazione, ma in termini quantitativi si tratta di poca cosa. L’interesse per le Acli verso il settore ricreativo si formalizza a fine anni 40 in corrispondenza dell’avvio del programma Paese Cristiano, che in quanto si propone come risposta totalizzante alle esigenze degli aclisti, assegna al terzo settore un posto di rilevo. 

L’intervento della sede provinciale Acli è, almeno nei primi anni 50, solo di stimolo: “ogni circolo Acli studi la possibilità di almeno una tra queste iniziative e la realizzi subito. La stagione buona è questa”. 

Un metodo usato per promuovere attività ricreative è il concorso. 

Note di sintesi
La parabola della società religiosa può essere descritta come il passaggio da un mondo fortemente strutturato ad un insieme di aree di movimento aperte e sensibili alle sollecitazioni del mondo esterno. …. 

(analisi della realtà veneta cattolica da anni 50 ad anni 80, interessante per ricostruire il passaggio precedente di ciò che ha portato oggi a una realtà in cui la realtà di partecipazione religiosa cala ma la religione diventa asse di mobilitazione politica attuale, non più così legato alle Acli, ma anche non più così legato a regia della Chiesa/Parrocchia). 

4 sono i confini con cui le Acli si trovano a fare i conti: 
il confine chiesa
il confine partito politico
il confine sindacato
il confine società civile
I 4 lati del quadrato costituiscono le mobili frontiere nella storia dell’associazione. Possono allargarsi o restringersi, essere superate o abbandonate, costituire terreni di assestamento o di ritirata strategia. Anche la frontiera apparentemente più solida, la chiesa, viene in alcune realtà e in certi momenti smobilitata. In ogni caso l’immagine del quadrato e delle frontiere suggerisce un concetto teorico che ci sembra legittimo applicare alle Acli. Esse sembrano molto vicine al modello di sistema naturale di cui parla Panebianco. 

Per sistema naturale si intende un’organizzazione che è capace di rispondere e di adattarsi ad una pluralità di domande che vengono avanzate da una pluralità di soggetit e attori sociali e politici, cercando, nei limiti del possibile, di mantenerle in equilibrio e di mediarle in una parola.
(vedi schema).

Lo schema si presta ad una pluralità di letture: 
a) Il fondamento dell’identità delle Acli deriva originariamente dall’attore religioso-chiesa. 
b) Il terreno o lo spagno che segna l’area di insediamento originario dell’associazione è ricavato dall’interstizio che si situa tra provincia di significato e di azione collettiva della politica e quella del sindacato. 
c) Da qui la necessità per l’associazione, in una fase successiva, di radicarsi molecolarmente, nella società civile e nella società religiosa. 
Le Acli si trovano in una situazione complessa perché in qualche modo il baricentro si trova fuori di essa, nella Chiesa, che la legittima e la sostiene. 
In secondo luogo perché le funzioni di rappresentanza sociale e politica sono svolte da altri soggetti (partito e sindacato) per molti aspetti in teoria e in pratica, concorrenti. In questo senso si può dire che le Acli sono un’istituzione debole (Panebianco). Può sembrare paradossale, esse nascono con una forte legittimazione da parte della Chiesa, quindi con una potente convalida istituzionale. Ma nel momento in cui si costituiscono come associazione relativamente autonoma, alla ricerca diun loro specifico terreno di intervento e di presenza nella società, le Acli rivelano la contraddizione originaria che ne segna la nascita: essere un’associazione di laici che si rivolge ai lavoratori indistintamente con una identità che deriva dall’esterno, dalla chiesa. In altri termini sono movimenti politico e sociale che affonda le sue ragioni d’essere in una provincia di significato esterno. 

Sin dalle origini le Acli nascono per impulso primario della Chiesa, per germinazione forzata e distacco endogeno dal corpo del laicato cattolico organizzato ufficialmente dalla Chiesa (Azione Cattolica in primis). 

Diversi esempi di vescovi e monsignori che promuovono e si attivano praticamente per la nascita delle Acli nei diversi territori. Il centro dell’identità è dunque spostato al di fuori dell’associazione. 
per molti aspetti è proprio questo ultimo a rappresentare l’invenzione originale delle Acli. 
L’aver varcato la frontiera della società civile e l’aver tentato, con un certo successo, di insediarvisi, è uno dei punti chiave del ragionamento che faremo sull’autonomizzazione delle Acli. 

Come funziona il modello della militanza per fede e della religione come macchina di comunicazione. 

Militanza per fede è evidente in fase di avvio. 
- Fedeltà ad una causa ecclesiale prima ancora che politica. Uso del linguaggio religioso come surrogato di quello politico e idea di stato di missione
- Costruzione simbolica dell’avversario. Il comunismo
- Elaborazione utopica di un modello di società cristianizzata.
Religione come mezzo di comunicazione sociale. Questo si traduce nella creazione di un sistema di connessioni sociali, costruite nel territorio che possiamo definire welfare dal basso. Le acli funzionano come sistema di solidarietà. 

Le acli non nascono in prima istanza perché si hanno idee chiare e progetti nitidi sul che fare per risolvere i problemi del lavoro (se ci sono restano relegate sul fondo o annegate in un lessico culturalmente povero), ma perché si vuole affermare e difendere una identità, nel mondo del lavoro, l’identità cattolica. 
Da qui il volontarismo e l’attivismo pioneristico di tanti giovani cattolici che entrano in associazione consci di adempiere un compito intramondano, una sorta di missione che mobilita emozioni e razionalità. 

L’organizzazione così è modellata su quella della Chiesa: una forte solidarietà interna e un capo carismatico con il conseguente corollario di obbedienza (al capo) come ascesi e come virtù. L’entusiasmo poteva far agio sulla povertà dei mezzi. I dirigenti profondevano enormi supplendo alla mancanza di strumenti materiali con l’ardore di star svolgendo un compito religioso, sociale e politico al contempo. Gli incentivi, in questa fase, non potevano che essere collettivi. Di tipo morale ed ideale, più che materiale. Incentivi collettivi che servivano a rafforzare la coesione del gruppo. Il presidente provinciale veniva a volte acclamato come segno del riconoscimento indiscusso. E’ importante sottolineare questo dato perché mi pare sveli l’osmosi stretta tra associazione e modello istituzionale materna (la chiesa). 

Modello di dirigente 
(da manuale Mons. Brys movimento operaio belga) La formazione spirituale classe operaia

“Ci occorre un’organizzazione nettamente operaia, secondo la formula per gli operai, attraverso gli operai. Dunque una organizzazione di classe, intendendo questa formula non in senso marxista. Ci occorre un’organizzazione che inquadri ad un tempo giovani, uomini, donne. Un’organizzazione di tutta la famiglia e di tutta intera la classe sociale. Un’organizzazione che faccia tutto per l’operaio, tenendo conto di tutti i suoi bisogni, sia materiali che spirituali. Una organizzazione che abbracci l’intera vita di questa classe. Ma tutto ciò secondo uno stile al cento per cento cristiano: un tutto cristiano che si edifica, si afferma e lotta in seno ad una società e uno stato cristiano”.

E’ il progetto di Paese Cristiano. Rumor (1949): il paese cristiano mira soprattutto a questo. A creare quel complesso di opere entro le quali i buoni di sempre e i buoni della nuova conquista sentano quanto è bello essere cristiani. Un continuum di bisogni che vanno dalla famiglia alla fabbrica si costruisce un sistema di solidarietà attiva. Un tentativo di welfare dal basso a basso contenuto ideologico.

Questo è un dato che colpisce (anni 50), il rapporto tra erogazione dei servizi e socializzazione ai valori cattolici non è diretto. Chi si rivolge alle acli per una pratica pensionistica, chi frequenta un corso di formazione, chi si ritrova a giocare a carte, chi va a fare la spesa negli spacci cooperativistici, non aderisce tanto ad un insieme di valori ideologici o ai fini espliciti dell’associazione (per lo meno non in prima istanza): chiede un servizio e ne gode gli effetti. La legittimazione dell’associazione su piano ideologico è indiretta: si tratta piuttosto di un riconoscimento di una presenza, l’attestazione popolare di insostituibilità e utilità di una istituzione che viene associata alla chiesa, alla parrocchia e in parte al partito cattolico. 

Per molti aspetti, rispetto ai meccanismi del consenso sociale e politico o per dirla meglio alla regolazione sociale, le Acli si presentano agli occhi di un osservatore disincantato come uno strumento laico di persuasione e di promozione delle forme di aggregazione molecolare del consenso politico e dell’adesione ideologica. Quanta ideologia c’era nelle masse che si rivolgevano alle Acli? Forse meno di quanto si pensa, c’era una naturale disposizione ad accettare la corposa presenza delle Acli. Fino agli anni 70 probabilmente la dimensione del quotidiano sopravanza quella ideologica. 

Le acli sono, in termini luhmaniani, un sub sistema nel sistema chiesa, il che vuol dire che la comunicazione è assicurata dalla chiesa, il codice che regola il flusso di comportamenti e degli scambi comunicativi è elaborato dalla chiesa. Le acli diventano un braccio secolare a basso contenuto ideologico perché la risorsa identità appartiene alla vita quotidiana massicciamente influenzata dall’ordinatore cattolico. In questo senso le acli appaiono uno strumento laico ad identità debole. 

Diverso per gruppi dirigenti e quadri intermedi che hanno bisogno di altro, di trovare uno specifico ideale capace di orientare l’azione sociale e politica. 


Il disegno dell’indagine
Sondaggio delegati congressi provinciali veneti 1984/85.
Obiettivi: conoscere i lineamenti sociografici, culturali, le forme di militanza e l’appartenenza organizzativa. 
Verifica delle ipotesi di lettura. 
713 delegati. 
297 risposte

Genere Su 297 risposte % donne (da 9% vicenza a 26% pd e treviso)
Età        54% tra 25 e 40 anni. 
              15% sotto i 25 anni 
                8% sopra i 55 anni 

Geografica 70% da comuni sotto i 20.000 abitanti 
Istruzione 39% scuola media 
                   38% superiori o laurea 
                   15% quinta elementare 

Lavoro   24% operaio 
  43% ceto medio (impiegato, tecnico, dirigenti)
    7% lavoratore autonomo 
    5% disoccupato o studente

Settore.  49% industria
                 25% pubblico impiego 
                19% commercio 
                   7% agricoltura 

Aspetti e percorsi della militanza
Le generazioni politiche.
- Militanti, entrati nel movimento tra gli anni 50/60 = conquistatori 
Sogno: cristianizzare la società 
37%

- Militanti arrivati in fase di crisi anni 70 = riformisti 
Sogno: combinare i fermenti del concilio con istanze di riforma sociale e politica
28%

- Iscritti arrivati successivamente, senza grande memoria storica = m0vimentisti moderni
Orientati sul concreto, attratti da quanto le acli concretamente individuano in rapporto ai bisogni che avvertono, meno preoccupati di definire se stessi in termini ideologici, meno interessati ad affermarsi con identità cattolica in campo sociale e politico, tutt’al più sensibili ad un umanesimo trascendente ispirato a valori cattolici. 
35%

Tipologia di appartenenza

42%  Appartenenza pura. Militanza aclista che inizia nelle acli e resta tale
46%  Appartenenza politica. Compresenza acli ed altri sindacato o partito 
12%  Appartenenza religiosa. Compresenza acli e impegno in altra associazione cattolica

Molta fiducia nei confronti della magistratura
35% aclista puro
44% aclista politico
36% aclista religioso

Molta fiducia nei confronti della polizia
46% aclista puro
40% aclista politico
36% aclista religioso

Militanti, dirigenti, funzionari
68% militanti di base  
16% dirigenti 
16% funzionari 
I funzionari solo nell’ultima fase hanno conquistato la possibilità di diventare dirigenti. 
Dallo spaccato di risposte risulta evidente la dialettica interna tra le diverse componenti organizzative acli. La dirigenza appare più inquieta e politicamente critica dei militanti di base e dei funzionari. 

Profilo del dirigente aclista veneto: un militante molto attivo
37%.  E’ o è stao presidente di circolo: 
15%.  Consigliere provinciale 
12%.  Componente presidenza prov 
12%.  Funzionari acli e servizi 
6%.    Consiglieri naz
5%     consiglieri reg 
2%.    Membri pres reg
1%.    Comp pres naz

11% iscritto o dirigente di altro soggetto di sistema acli 
Un militante aclista su 3 iscritto a partito o sindacato.
Pochissimi incarichi in partito o sindacato.

Riassumendo ci pare che il militante aclista sembra essere sempre più soggetto di movimento e sempre meno soggetto di apparato. 

L’orizzonte dei valori 
Se dovessimo usare tre aggettivi per descrivere i riferimenti culturali del militante aclista veneto diremmo: 
cattolici
democratici
culturalmente inquieti 
indagine svolta in momento complesso delle acli venete. Non più grande associazione di massa, attraversata da conflitti politici ed ideologici rilevanti, toccata dalla ventata riformatrice del concilio. 

Tra famiglia e parrocchia il sistema delle relazioni non entra in conflitto ma vi si inserisce come un interstizio di libertà: uno sceglie di impegnarsi nelle acli non tanto e non solo perché è nato e cresciuto in una famiglia cattolica o all’ombra di un patronato, ma perché la scoperta delle acli è il risultato di un sentire comune che matura tra persone che si conoscono e che si trovano a vivere assieme una stessa realtà sociale. In quella fetta di giovani di area cattolica che sente di doversi impegnare socialmente è probabile che si sviluppino sinergie. 

Questo ideale aclista, democratico, socialmente aperto ai valori della democrazia sostanziale e della giustizia sociale, religiosamente orientato, senza più militanze confessionali da anni 50, con profonde radici nella realtà cattolica veneta, in verità è inquieto. 

Emergente tentazione di diventare un movimento collettivo che pretende di insegnare qualcosa ai politici e ai sindacati. 
Emergente difficoltà a inventare un modo di tradurre nella realtà l’ispirazione cristiana senza ricadere nei vecchi schemi del confessionalismo pre-conciliare. 

Il futuro è quello di un militante senza più dimore definite con certezza, culturalmente più libero, quindi più inquieto. Dovendo farsi le ossa da soli senza poter più modellare la propria identità cultural-religiosa e politica in ambienti tradizionali (chiesa, partito…) resisi o distanti o poco interessati alle vicende acliste, i militanti delle Acli venete scontano le incertezze legate alla conquista di una laicità difficile. 

Gli orientamenti politici
26 sn
32 cs
36 centro
3 cd
2 destra

Generazioni politiche 
Sn cs centro cd de
Anni 80 24 25 35 7 5
Anni 70 31 25 38 5 2
Anni 50/60 27 42 30 0 1

Ruolo organizzativo 
Sn cs centro cd de
Militante 23 28 42 4 3
Dirigente 34 50 16 0 0
Funzionari servizi 32 26 32 5

Ricerche svolte nel medesimo periodo su settori della società veneta fanno emergere un profilo decisamente polarizzato al centro, schiacciato nelle mezze ali, piatto alle estreme. Le ricerche sull’Azione cattolica ripropongono questo maggiormente enfatizzato. 

Se si scava, differenze per provincia. 

Alla ricerca di un denominatore comune
Le acli ci sono parse come un’organizzazione che della molteplicità di riferimenti, culture, competenze ha fatto un contrassegno, una risorsa di fondo. Proprio sulla assenza di specificità di campo e funzione ha costruito la propria identità specifica. Ciò le ha costrette e le costringe a uno sforzo continuo di ridefinizione, di riassetto, a fronte dei mutamenti che attraversano i molteplici aspetti che in essa convivono, sempre esposte al rischio di perdere il ruolo di crocevia tra ambienti e culture. Al rischio di ridursi a semplice margine. 


Appunti estratti dal libro "Tra religione ed organizzazione".
In rosso alcune annotazioni personali. 






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