La nostra casa comune





Di Andrea Citron 
Prendo a prestito le parole che il Santo Padre ha usato per definire la terra per sviluppare il mio pensiero.
Nel condominio dove abito la partecipazione a quella che dovrebbe essere la casa comune in cui viviamo è praticamente pari allo zero. Basta prender parte ad una delle poche (una all’anno, quelle straordinarie le evita anche l’amministratrice) assemblee ordinarie per capirlo. La noia ti assale dopo una buona mezz’ora passata a sentire il lungo appello delle tante presenze per delega. In effetti in sala ci sono poco più di una decina di persona. Pochette se pensate che la mia palazzina (16 unità abitative) fa parte di un super condominio che si riunisce per una assemblea ordinaria di comparto che dovrebbe mettere insieme poco più di 160 condomini.
L’amministratore si presenta col suo pacco di deleghe… altri quattro o cinque più o meno interessati con i loro mazzetti.
Tutto si sviluppa molto velocemente, tutto accade per delega: la democrazia è salva, le decisioni vengono più o meno prese, sempre nell’interesse di qualcuno, quasi mai nell’interesse della casa comune, il super condominio.
Inutile dirsi che colei che amministra è contenta così: meno problemi, meno ore da investirci a compenso invariato, più libertà d’azione nel far tornare i “suoi” di conti.
Altrettanto inutile dirsi che tutti si lamentano di questa situazione: salvo uno sparuto gruppetto di non pervenuti nemmeno nella più classica e scontata delle lamentazioni: le spese condominiali.
Eccolo appunto, l’altro punto dolentissimo dopo la partecipazione per delega: i conti. I nostri conti, quelli della casa comune.
Avrete capito, non tornano mai! Ma proprio mai. Non ci sono mai soldi… perché la gente non paga le spese condominiali, perché ci portiamo appresso i debiti di passate amministrazioni, perché i tempi sono difficili, perché …., c’è sempre un perché, al solito, ma rimanda sempre a qualcun altro.
Ma il punto resta e resterà ahimè sempre che non si riesce a pensare d’insieme, a fare quel ragionamento semplice a dirsi ma difficile a realizzarsi di pensare quanto sarebbe bello lavorare tutti (amministratore, costruttore, condomini…) a rendere bello, piacevole per tutti il vivere in quello che il destino, la nostra libera scelta, i soldi del babbo, di qualche altro parente o i nostri, hanno destinato a farci da casa ..comune.
Tutti noi condomini viviamo il nostro spazio comune come se fosse il nostro di spazio …. come se a viverci in questo spazio non ci fossero altre persone, distribuite qualcuna più a nord, qualcuna più a sud, alcuni al piano terra altri nei piani alti. Come se questo spazio non fosse bello soprattutto perché ci permette di vivere in comune con altri. 
Ah..quelli degli attici, sono a priori un mondo a se, quasi non vivessero nel nostro spazio comune.
Questa è la vera e più grande difficoltà: vivere con gli altri. E non c’è amministratore che tenga. Anche il più bravo fallirà senza una squadra di condomini disposti a remare insieme per il bene comune. 
Venendo alle nostre Acli e lasciando il mio super condominio ai suoi problemi….penso che le possiamo definire “la nostra casa comune”.
Le Acli un po’ come la terra ci precedono e ci sono state date. Qualche problemino l’abbiamo ereditato, qualcuno probabilmente l’avremo anche creato. Ma per il bene che vogliamo loro e nel riconoscerle come lo spazio in cui viviamo, lavoriamo e cresciamo tutti assieme, meritano quella partecipazione non delegante e quello sforzo unisono per cambiarle in meglio, che purtroppo probabilmente mai avrà il mio super condominio …. ma che sono convinto ci potrà essere nella Mia Associazione.
Il cambiamento è qualcosa di auspicabile, necessario; ne va dell’esistenza di questa casa comune. Tutti i vari “condomini” di questa associazione dovranno mettere le migliori energie e forze nel portare il loro piccolo tassello nel mosaico del cambiamento …..avendo sempre presente l’interesse di tutti e mettendo per una volta da parte quello personale.
Dovranno partecipare tutti …. dall’attico al piano terra. Pensando che tutti viviamo le stanze della stessa associazione, che come la terra ci chiede in questo momento un sforzo ancora maggiore per continuare a far da “casa” a quanti in essa vivono.
Chiudo riprendendo da Papa Francesco poche frasi della sua “Laudato sì”…bellissime…. riferite alla terra. Pensiamole per un attimo rivolte anche alle nostre Acli.
“Dimentichiamo che noi stessi siamo terra. Il nostro stesso corpo è costituito degli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora”.

La specificità delle Acli parrebbe quella di non avere specificità -

Tra religione e organizzazione  Il caso delle Acli – A cura di Ilvo Diamanti e Enzo Pace Pubblicazioni della facoltà di scienze politiche de...