Cosa chiedere all'8 marzo? Una politica in grado di ripensare il welfare



La società che si era sviluppata nel secondo dopoguerra si basava su tre assunti fondamentali: un mercato del lavoro basato sulla figura del male bread-winner (uomo capofamiglia che porta a casa il cibo); la famiglia nucleare e un sistema di welfare complessivo. Tutti e tre questi aspetti sono andati modificandosi, assieme all'allungamento della durata di vita e all'insorgere della crisi economica. 

L'ingresso delle donne nel mondo del lavoro ha intrecciato questo processo alterando i singoli ruoli tradizionalmente ricoperti. Ma la società, nel suo complesso, non ha assestato i modelli ed ha lasciato ai singoli ogni responsabilità di riorganizzazione (pratica e culturale). Come se il ruolo di cura  (tradizionalmente affidato alle donne di casa) fosse talmente trasparente da non essere neppure percepito e quindi poter essere eliminato dallo schema senza dover pensare a come sostituirlo. E questo ha portato spesso ad un sommarsi del lavoro di cura e di lavoro extrafamigliare sulle donne.

Ma anche questa fase è ormai superata. Nel frattempo le famiglie (sempre più fragili e vulnerabili) hanno cercato risposta ai propri bisogni di cura ricorrendo all'aiuto della generazione precedente, facendo fondo ai risparmi per singoli aiuti esterni. Ne sono emerse disparità e diseguaglianze, situazioni di abbandono, concentrazione del peso del lavoro di cura su singole persone (prevalentemente donne) e sfruttamento di altre singole persone (prevalentemente donne e spesso straniere) in lavori senza diritti e senza tutela. Cioè, scaricare le inadeguatezze di un sistema sulle donne ha portato ad un danno per tutta la società. 

E non può essere considerata una sorpresa in questo quadro il registrare che, in tempo di crisi, con la nascita di un figlio, con l'invecchiare di un anziano, con l'intervenire di una malattia o con la presenza di una disabilità...le famiglie (specie quelle che non hanno un'entrata economica che permette accesso a supporti esterni) sono state obbligate a rinunciare ad uno dei due lavori di famiglia. E la scelta è ricaduta sul lavoro meno retribuito e sul modello sociale più accettato. Ed è questo il segnale che ci viene dai dati sull'uscita di molte donne dal mercato del lavoro. 

Ma la prospettiva che abbiamo di fronte è ancora più grave. Una quarantenne nata nel ‘40 condivideva il carico di cura di bambini e anziani con altri 9 adulti e aveva nella rete di parentela almeno un anziano per 12 anni. Una quarantenne nata nel 1970 può invece condividere la cura di bambini e anziani con soli altri 5 adulti e ha almeno un anziano nella rete di parentela per 22 anni

È chiaro che un maggiore ridistribuzione del carico familiare tra uomini e donne sarebbe auspicabile, ma è innegabile che le dimensioni epocali di questo problema chiamano in causa il ruolo cruciale delle politiche per il welfare.

E allora l'8 marzo dovrebbe essere il momento in cui ci si dovrebbe render conto che è l'intero sistema a dover essere riformulato. E che per farlo nella giusta prospettiva serve incrociare il punto di vista maschile con quello femminile.

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