Un 8 marzo così mi sembra inutile! E se fosse persino dannoso?



L'8 marzo (per come è vissuto oggi) mi pare la certificazione di un addomesticamento del termine femminismo, la celebrazione di (finti) riti di corteggiamento tra i sessi, un modo per de responsabilizzare completamente l'uomo dall'impegno verso la parità e quindi una giornata che ha come obiettivo il far di tutto per lasciare le cose come stanno.

Vi sembra troppo? Può essere ma... 4 prove a favore della tesi...

1. Maschilismo e femminismo. 
Perché "maschilismo" è male e "femminismo" è bene? I due termini non dovrebbero significare la stessa cosa? O entrambi negativi (considerazione del proprio genere come superiore all'altro) o entrambi positivi (battaglia che, a partire dalla propria identità, punta ad una parità tra i generi).
L'asimmetria del giudizio è (apparentemente) una posizione di privilegio per le donne.
In realtà è (subdolamente) un affidare la responsabilità della lotta per la parità alle donne. Con conseguente affidamento della responsabilità del fallimento per non averla raggiunta.
Come dire... cornute e mazziate...  

2. Un 8 marzo tutto rose e fiori
Gli uomini non sono (più) l'oggetto di una contrapposizione e rivendicazione delle donne. Non sono (ancora) alleati in una battaglia comune. L'8 marzo è diventato un surrogato di San Valentino con gli uomini che fanno pubbliche dichiarazioni d'amore, rispetto e riconoscimento alle donne. Nella giornata della donna il protagonista che compie l'azione è l'uomo.
E che vuoi fare di fronte a questi uomini così gentili e galanti, se non... dire grazie?

3. Tutto è relativo
Infibulazione, aborti selettivi, non accesso al voto....
Il messaggio (corretto) che viene veicolato è che l'Italia del 2015 non è il posto peggiore in assoluto. Il messaggio (scorretto) che viene sottinteso è che.... le cose principali ci sono... di cosa lamentarsi, in fondo. Quel che manca sono particolari, rifiniture, elementi non essenziali...
Può essere un punto di vista. Perché no?
Ma delle due l'una: o smettiamo con la dichiarazione ufficiale della necessità di raggiungere una maggiore parità, o mettiamo in moto, realmente, senza retorica, qualcosa per modificare la situazione. Le due cose assieme sono, francamente, insostenibili.

4. L'importante è andare nella giusta direzione 
L'8 marzo è anche un momento per celebrare le conquiste delle donne.
Il messaggio (corretto) che viene veicolato è che non siamo all'anno zero. Il messaggio (scorretto) è ormai abbiamo imboccato la giusta direzione. Come per ogni processo complesso ci vuole tempo. Si tratta di non essere impazienti. Passo, passo... le cose verranno da sè...
Su 142 paesi l'Italia è al 69° posto. Due posizioni guadagnate rispetto allo scorso anno, due perse rispetto all'anno migliore (il 2008). Più o meno stabile, verrebbe da dire.
Se non fosse che nel settore economico l'Italia passa dal 97° al 114° posto, la posizione più bassa mai registrata dal 2006. Con gli indici peggiori che riguardano la partecipazione delle donne al mondo del lavoro (88°) e la retribuzione a parità di mansioni (129° che significa che nel 2014 una donna ha guadagnato il 48 per cento dello stipendio medio di un uomo). E questi dati (a maggior ragione perchè intrecciati con gli ottimi risultati in ambito di studio ed università) dicono che...

No! Non è solo questione di tempo. No! Non basta aver pazienza ed aspettare. No! Non stiamo "naturalmente" andando nella giusta direzione. 

E l'8 marzo serve. Una giornata per mettere a fuoco il tema serve. Solo che serve prenderla più sul serio. Perché probabilmente c'è qualcosa di strutturale su cui serve intervenire. Probabilmente serve intervenire sulle norme, sui processi culturali e su una politica in grado di cambiare i modelli di welfare e di lavoro.






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