Fallire


Per essere innovativi serve assumere dei rischi. Ed è altamente probabile che le attività rischiose possano non funzionare. Ma se si ha paura di fallire non c'è innovazione.

Il fallimento è parte integrante del gioco quando si accetta la sfida dell'innovazione: assumersi il rischio di fallire é componente dell'apprendimento. 

Thomas Edison ha fatto migliaia di tentativi prima di inventare la lampadina e li descriveva dicendo "finora ho trovato 10.000 metodi non funzionanti".

Dispersivo, si dirà. 
Si perde tempo, si dirà. 
Costoso. 
Tutto vero. 
Ma non esiste alternativa al procedere per esperimenti. Continuamente. 

Perché il cambiamento non è un evento. È un processo. Ed il principio, anche per persone, imprese ed organizzazioni, é l'evoluzione. Sopravvive chi é in grado di adattarsi rapidamente ai continui cambiamenti cogliendo le opportunità, anche quelle che si presentano sotto forma di problemi.

La perfezione (impossibile) come obiettivo per sé e per gli altri produce frustrazione personale che diventa rabbia. Alimenta conflitti che servono a trovare un nemico esterno. Cui attribuire la colpa della distanza tra ciò che siamo e ciò che vorremmo (e forse potremmo) essere. Impedisce alleanze e cooperazione. E mantiene tutto fermo ed immobile, per paura di dover fare i conti con ciò che siamo. 

L'educazione all'innovazione passa per l'educazione al rischio. 
L'educazione al rischio poggia sull'educazione al limite ed al fallimento. 
L'educazione al limite previene la cultura dello scarto. 

Non ho ricette né personali né sociali. 
Solo sprazzi di consapevolezza. Mi pare.
Personale. Genitoriale. Associativa. Sociale. 

E, dopo questo week end ancora di più, l'idea che lo sport (praticato, non tifato) possa essere una grande leva per fare esperienza. 

E che la fede in un Dio che fa passare la salvezza da una morte di croce possa c'entrare qualcosa. 






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