Chi è fragile davvero nella notte della Magliana


Non c'entra l'amore. Non c'entra la passione.

E chiamarli femminicidi può fare pensare che sia qualcosa che riguarda solo singoli uomini che uccidono singole donne.
Invece è qualcosa che parte da molto prima e riguarda tutti.

Riguarda l'idea che, per qualsiasi motivo ed in qualsiasi campo, si possa disporre delle scelte dell'altro.

L'idea che la libera scelta dell'altro, anche se dichiarata, sia comunque tradimento, ignominia, sopruso. E che pertanto meriti anzi, richieda, punizione. Meglio se pubblica ed esemplare.

Riguarda l'estrema debolezza di quelli che si considerano forti.
Il rifiutarsi di guardare ed accettare la realtà che non piace. L'incapacità di riconoscere, gestire e rielaborare delusioni e frustrazioni. La fragilità di identità che senza l'altro o senza un ruolo sociale non sanno più consistere.

È culturale il lavoro da fare. Ma non riguarda solo l'educazione sentimentale. Riguarda il rapporto con il potere e con la fragilità. Proprio ed altrui. E vale in tutti i campi. Anche se questo è un campo specifico e se è prevalente da parte degli uomini nei confronti delle donne.

Il primo lavoro da fare è non raccontare questi uomini come forti e queste donne come deboli.

Qui non siamo di fronte alla necessità di proteggere donne deboli.

Siamo di fronte alla necessità di proteggere tutti dalla debolezza di maschi deboli. Così deboli che senza la forza della donna al fianco non sanno vivere. E così deboli che al posto di affrontare la fatica di ammettere un fallimento distruggono la vita propria ed altrui.

Raccontiamo la debolezza sul lato giusto.
O saremo inefficaci o collusi.

Riflessione pubblicata su Vinonuovo.it 

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