Cercare di capire




#Iosonocharlie è fortissimo perché la reazione è la paura per noi stessi.  Abbiamo sentito di essere stati colpiti noi, in casa nostra. E la paura è stata così forte da far superare la presa di distanza che ci sarebbe stata nei confronti di uno stile dissacrante come quello usato da Charlie. La reazione emotiva nei confronti di ciò che accade in Nigeria o altrove non sarà mai la stessa cosa. Anche se i numeri dei morti sono enormi, anche se l'(ab)uso di tre bambine come bombe è oltre ogni limite del concepibile come umano. Non ci fa onore, ma è così. La reazione di fronte ad una violenza che ci colpisce è diversa dalla reazione di fronte ad una violenza che colpisce altri. Le vittime di Parigi non sono le prime vittime. Non è scoppiata ora la guerra, c'era già la guerra, eravamo già in guerra
"solo che finora il campo di battaglia era geograficamente lontano, in Mali, in Afghanistan. Quindi ci siamo illusi che gli estremisti contro cui stavamo combattendo non avrebbe mai potuto colpirci. Oggi sappiamo che non è vero" (Pennac).  

#iosonocharlie non è solidarietà con altri, è soprattutto per noi stessi e per non sentirci soli con la nostra paura.
#iosonoahmed è il secondo punto di vista, serve per completare il quadro e avere prospettiva tridimensionale.

Io non sono Charlie. Io sono Ahmen, il poliziotto ucciso.
Charlie ridicolizzava la mia fede e la mia cultura
ed io sono morto per difendere il suo diritto a farlo. 


#iosonojuif è perché a Parigi sono stati uccisi 4 ebrei e non è stata una coincidenza. E poi...


La vera ragione per cui sono andato più volte a parlare con Levi è questa: Levi racconta la «distruzione degli altri», e questa distruzione a me pareva già compresa in ogni sistema per cui chi ha la verità ritiene massimo interesse degli altri lasciarsi convertire a quella verità, essendo la non assimilazione un danno infinitamente maggiore della morte stessa. Io, cristiano, andando da Levi andavo a Canossa. Siamo stati dentro a quel sistema. In pieno. Ne siamo usciti a fatica. Ma molte parti del mondo ci sono ancora dentro. (Camon)

On est toujours le juif de quelqu'un», anche un arabo può essere un "juif" (Camon)
 

Le religioni, tutte, senza eccezione, non serviranno mai per avvicinare e riconciliare gli uomini e, al contrario, sono state e continuano a essere causa di sofferenze inenarrabili, di stragi, di mostruose violenze fisiche e spirituali che costituiscono uno dei più tenebrosi capitoli della misera storia umana (Saramago).



Io non credo sia così. Ma non basta crederlo. Serve dimostrarlo. Oggi credo che dovremmo andare a fondo a questa domanda.  


Postilla: Sopra a tutto, per me, resta il bisogno di capire.

C''è il tema, primario, del rifiuto della violenza. Ma non basta.

C'è la libertà di espressione ma anche il rispetto delle diverse sensibilità.
C'è il rapporto tra fede (ogni fede) e politica e convivenza civile.
C'è una enorme ed insoluta questione sociale fatta di diseguaglianze, ingiustizie...
C'è il tema delle migrazioni e la necessità di prendere atto che non basta più dire che le migrazioni sono un fenomeno ineliminabile (e lo sono), che sono utili (e lo sono) e che si può convivere (e si può). Serve rendersi conto che i modelli di integrazione che abbiamo sotto mano sono abbastanza fallimentari. E che serve cercare di costruire qualcosa che possa funzionare.
E poi la globalizzazione, il ruolo dell'economia, il commercio delle armi, il tema delle periferie, la spinta generazionale... e persino il crollo delle ideologie (con l'impressione che non tutti i luoghi accettino il vuoto che si è generato e che in parte questo vuoto si stia riempiendo d'altro).

Cerco spunti, chiavi di lettura, interpretazioni. Per questo.... lista, sparsa ed incompleta, di cose utili a cercare il filo... E sono grata a chi mi segnala altro... 


Voi potete fare la differenza il discorso del primo ministro norvegese dopo la strage di Utoya con 76 persone uccise da un estremista di destra.

Se mi capitasse di venire ucciso il testamento spirituale di Padre Christian de Cherge, ucciso con altri 6 monaci sequestrati il 27 marzo 1996 in Algeria e decapitati dal Gruppo Islamico Armato.
Non in mio nome Della scrittrice italosomala Igiaba Scego
Io non sono in guerra intervento alla manifestazione di Milano di Sumaya Abdel Qader, nata a Perugia, figlia di giordano-palestinesi, vive a Milano da 14 anni.
Io non mi dissocio di Karim Metref, nato in Algeria, educatore e formatore in educazione alla pace, dal 1998 in Italia, a Torino.
Lettera aperta al mondo musulmano  di Abdennour Bidar (1971), di madre francese convertita al sufismo, professore di filosofia all’Università di Nizza. 
Rossanda "Vecchio o giovane che sia il tizio che maneggia la famosa Ibm, il suo schema è veterocomunismo puro. Cui innesta una conclusione che invece veterocomunista non è, la guerriglia".
Nui musulmani della periferia e la nostra voglia di Isis Un'intervista a chi è tornato a combattere. 
Umorismo yiddish Tre barzellette yiddish e la tesi del ridicolo come arma per sminuire l'autorità, per svelare la realtà o per aprire la mente.  

La specificità delle Acli parrebbe quella di non avere specificità -

Tra religione e organizzazione  Il caso delle Acli – A cura di Ilvo Diamanti e Enzo Pace Pubblicazioni della facoltà di scienze politiche de...