Pragmatici esercizi di umanità, spostamenti e trasformazioni.



La Bosnia. I profughi. L'Europa.
La Bosnia é un luogo che non ha più voglia di presentarsi come "quella della guerra". 30 anni dopo, ha pure molto senso. Anche se i segni delle smitragliate ci sono ancora su certi palazzi, non sono la prima cosa da vedere, in mezzo ai locali dello struscio, gli alberghi fighetti, le pubblicità per turisti e un gran fiorire di rose, di nuovi murales, di scuole pubbliche da cui partono futuri campioni di basket...
Diaspora. È una parola emersa molto nei racconti. Bosnia oggi é luogo di gente che va altrove, in cerca di opportunità, per sfuggire al presente di immobilismo, più che a ciò che resta del passato. Ma forse sono proprio i nodi irrisolti dal passato che impediscono lo sviluppo futuro che (in fondo) sarebbe così a portata di mano. Un paese ancora diviso in più parti. Partiti nazionalisti che ancora soffiano sulle braci dell'essersi fermati agli accordi di Dayton. Chissà se davvero la speranza può arrivare da una politica diversa, fatte dal crescere di livello di liste civiche non costruite su identità nazionali?
"Tra 15 minuti voi tornate in Europa", dice il vice sindaco sorridendo con il mano la bandiera europea che Emiliano gli ha appena consegnato. "Vi auguriamo di arrivarci presto anche voi" aggiunge Stefano. "Voi siete già Europa, ma speriamo che l'Unione Europea arrivi fino a qui" chiosa Daniele.
Locali che cambiano destinazione con il mutare delle emergenze e delle vicende. La Chiesa che (secoli orsono) diventa moschea. Il villaggio per gli scambi giovanili del tempo di Tito che prima resta in disuso, poi rinasce come "accoglienza" dei profughi in transito, poi quarantena del covid, poi un nuovo abbandono.
Profughi. Chi ha più di 40 anni non può non ricordarlo, cosa è stato essere profugo o vivere sotto assedio. Qui intorno. Adesso si fanno progetti nelle scuole per insegnare come si viveva sotto assedio e non perdere la memoria collettiva. Ed in piazza c'è un monumento ai caduti che é un bellissimo simbolo: un cerchio, tondo, intatto. Con un pezzo rotto, a terra. I caduti in guerra. Il pezzo di comunità che non c'è più.
Oggi qui i profughi sono coloro che arrivano da Bangladesh, Afghanistan e mezzo mondo e finiscono in mezzo a questi boschi, ad affidare la propria sorte ed i risparmi di famiglia ad un trafficante che permetta di fare l'ultimo pezzo di tragitto, varcare la frontiera ed entrare in Europa. "E tu vedi quanto scommettano tutto per arrivare. A qualsiasi costo, in tutti i sensi" racconta Claudia. "Come se l'arrivo fosse la fine della fatica. E tu che sai, non puoi non pensare che dopo è ancora un pezzo di inizio, forse peggio, perché non c'è più il sogno".
Un campo da 1500 persone in mezzo ai boschi. Prefabbricati bianchi su prato verde, dopo strada sterrata. Troppo pieno, poi troppo vuoto. La stagionalità e gli effetti del meteo, da un lato. La ricerca di sempre nuove rotte e nuovi modi di passare, dall'altro. La globalizzazione la respiri qui. Altro che battito d'ali di farfalla. Conflitti mediterranei ed asiatici, emergenze climatiche in Africa, decisioni europee altrove...producono effetti concreti sotto forma di persone qui, in mezzo a questo bosco nel nulla, ad un passo dall'Europa.
Il thè caldo distribuito, la gara di cucina, il lavoretto, due parole di lingua..."siamo qui come esseri umani con esseri umani" dice Silvia. "Ma non dovremmo essere qui". "Non dovremmo esserci, perché questo posto non dovrebbe esistere".
I campi nel bosco sono meglio del nulla. Un conteiner con thè caldo e legna per cucinare è meglio di nulla. I prefabbricati sono meglio delle tende. Un campo aperto è meglio di uno chiuso. Le famiglie in città sono meglio che tutti sui monti. La comunità per minori stranieri (in progetto) è meglio del campo. Esserci permette di provare a fare qualcosa. Esserci come precondizione per spostare di un poco l'asticella. Anche questo è pragmatico esercizio di umanità.
In un luogo dove tutto cambia funzione continuamente, non riesci a non pensare "Cosa diventerà questo luogo dopo?" C'è già il recinto, c'è già l'isolamento, c'è già l'essere appena fuori dai confini. Forse basterà poco per trasformarlo in centro di detenzione per trattenimento e rimpatri di vario tipo.
A breve si andrà a votare.
Ma noi, che Europa vogliamo essere?
Con tutta la consapevolezza che le scelte si fanno votando, ma anche molto essendoci qui a fare cose così.
Prime riflessioni informi, da treno di ritorno di una toccata e fuga 12 anni dopo dall'ultimo viaggio.
La Bosnia. I profughi. L'Europa.

Pragmatici esercizi di umanità, spostamenti e trasformazioni.

La Bosnia. I profughi. L'Europa. La Bosnia é un luogo che non ha più voglia di presentarsi come "quella della guerra". 30 anni...