We take care of our own


Pensando a questa due giorni di programmazione del Patronato Acli e cercando di seguire il filone musicale mi è venuta in mente questa... 


Perché il Patronato (e stamattina si è visto) è un soggetto già internazionale. E finora sono state citate solo canzoni italiane. 

Perché (parlando di welfare e di cambiamenti difficili) questa canzone è stata usata anche per la campagna elettorale di Obama che a parte essere il primo presidente nero può essere ricordato per aver portato a casa una riforma sanitaria in un luogo come gli Stati Uniti ... 

Ma soprattutto perché parla di “prendersi cura” e io credo che questo sia uno degli assi centrali dell’identità del Patronato.  

-       Ieri nelle slide si parlava di "quale è il mercato” del Patronato. Due giorni fa in Expo Padre Sorge parlava di "Quale è la frontiera del Patronato". Io credo che la frontiera del Patronato, il "mercato" del patronato sia il prendersi cura dei cittadini spersi e disorientati nella crisi. Che è un disorientamento a tutto tondo…

Dovè lamore che non mi ha abbandonato?
Dovè il lavoro che libererà le mie mani, la mia anima?
Dovè lo spirito che regna su di me? 
- 
Ma la risposta possibile al disorientamento non è attendersi l'arrivo dei salvatori della Patria  

Avevamo bisogno di aiuto ma la cavalleria è rimasta a casa
Non cè nessuno che sente la tromba suonare

We take care of our own. Siamo noi che ci prendiamo cura di noi stessi.

Lo scenario di fondo in cui ci muoviamo io credo sia questo: a fronte della crisi che provoca disorientamento, diseguaglianza, povertà, conflitti... rimboccarsi le maniche e mettersi assieme per trovare soluzioni ai problemi comuni. E credo che questo abbia molto a che fare con l’essere una associazione di promozione sociale come siamo. 

We take care of our own. Siamo noi che ci prendiamo cura della nostra gente. 

E questo mi pare si connetta anche con le trasformazioni del welfare che stiamo vivendo. Uno scenario che cambia come si diceva nelle relazioni ieri. Tra tutto quello che loro hanno citato io individuo alcuni filoni di cambiamento che mi pare si interconnettano con noi e con le sfide di oggi: 

1.    Da welfare state a welfare di comunità
Da un welfare state, in cui lo stato eroga servizi, il terzo settore li realizza e il cittadino è un utente che li riceve ad un welfare di comunità, in cui tutti i diversi settori della comunità (istituzioni, imprese, terzo settore ma anche famiglie e cittadini stessi) si mobilitano per costruire in modo partecipato risposte ai bisogni.

2. Da welfare erogativo a welfare generativo
Da un welfare erogativo o di pura prestazione ad un welfare generativo. Dove l’asse centrale non è la risposta al bisogno tramite il disbrigo di una pratica o l’erogazione di un sussidio. Ma è l’attivazione di tutto ciò che può essere messo in campo per mobilitare le risorse che lo stesso cittadino, la stessa famiglia  e la stessa comunità possiede. (Gli esempi e i ragionamenti di stamattina da Giacomo ad Anna Manunta da Marco a Pino se non mi sbaglio parlavano anche di questo).

3. Da welfare state a welfare di prossimità
Da un welfare state in cui i servizi sono tanti e specialistici e chiedono al cittadino di individuare il bisogno giusto per ogni servizio ad un welfare di prossimità in cui i servizi si ricompongono in agglomerati e filiere e si prendono l'impegno di accogliere la persona nella sua interezza. Perchè la centratura non è più il bisogno ma la persona nella sua famiglia e nella sua comunità.  

4. Da welfare state a welfare trasnazionale 
Forme di welfare informale e transazione sono già oggi in atto come supplenza di servizi che la crisi fiscale ha ridotto.  Sopratutto per quanto riguarda il settore della cura. Ma c'è bisogno di politiche pubbliche adeguate e sistemi di esperienze attrezzati per rendere sostenibile ciò che oggi è molto anarchico e con livelli troppo alti di sfruttamento ed esternalità negative nei confronti dei Paesi di origine. Ma lo spazio di azione è più ampio, c'è bisogno di costruire un sistema in cui i diritti acquisiti e le tutele non si fermino di fronte alle frontiere tra gli Stati ma seguano le persone nel loro spostarsi, volontario o involontario.

We take care of our own. Una comunità che si prende cura di se stessa. 

La crisi ci ha consegnato una società di impoverimento, di aumento delle diseguaglianze, di emergere di vecchie e nuove discriminazioni, di diminuzione dei diritti e delle opportunità. Serve un cambio di paradigma che ha una dimensione politica, economica, finanziaria.... Ma il primo cambio di paradigma è che il cambiamento non può più essere solo rivendicato come diritto verso le istituzioni. Va costruito, sperimentato e poi proposto per essere sostenuto e diffuso. E ad ogni diritto non può non corrispondere una responsabilità.  

Quindi.... quale è la nostra sfida? 

La sfida non è dare sostenibilità economica al Patronato a fronte dei tagli. La sfida è ridurre povertà e  diseguaglianze. E' chiamare le persone a partecipazione per rigenerare assieme la società costruendo assieme un nuovo sistema di cittadinanza, di welfare e di lavoro. 

Il milione di firme, le interviste del video, le testimonianze di oggi, le esperienze che chi lavora nel Patronato fa tutti i giorni... a me sembra dicano che il patrimonio del Patronato non è solo quello che si vede nel bilancio, non è nemmeno solo il personale o le strutture. Il Patrimonio del Patronato oggi a me pare siano soprattutto 4 cose: 
- le competenze 
- il radicamento
- le relazioni (interne ed esterne al Sistema Acli)
- la credibilità e la fiducia.

Io sono convinta che se mettiamo al centro dei nostri sforzi lo scenario, al centro delle nostre fatiche la sfida e al centro delle nostre scelte la valorizzazione del nostro patrimonio reale, del nostro capitale sociale... poi troveremo anche i modi per attraversare le complicatezze interne ed i problemi economici che oggi ci preoccupano…

In fondo mi pare anche Laura nel suo intervento facesse riferimento a questo. L'assenza di chiarezza su tutti gli obiettivi può non essere impedimento ad un andare comunque attento e competente. Che costruisce la strada mentre la percorre. Ma con alcuni punti di riferimento chiari.

Costruiamo piccoli spazi e tempi protetti dalle urgenze e dalle interferenze in cui confrontarci, studiare ed approfondire tutto questo. 


We take care of our own. Prendiamoci cura di noi…

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