Simmetricamente stretti nella morsa della paura - Islam, Europa.


Sono molteplici i possibili fili da seguire per parlare dell'incontro Islam, Europa. Un'occasione per comprendere e per discernere che si è svolto il 23 aprile 2015 in Acli. Io scelgo quello che mi ha colpito: il tentativo di discernere l'attualità, superando la dittatura della cronaca e tentando una narrazione diversa. Con la consapevolezza di avere a che fare con una dimensione profondamente emotiva e viscerale, al tempo stesso intima e sociale: la paura.
Le pratiche religiose che vediamo dai musulmani sono lontane dal nostro modo di esprimere la spiritualità. Questo ci fa pensare che in loro e nelle loro pratiche ci sia qualcosa di lontano e incomprensibile. E in queste incomprensibilità avvengono poi le tensioni.Quando vediamo che l'Isis sgozza le persone assimiliamo la non comprensione di quel gesto alla non comprensione che abbiamo delle pratiche religiose dei musulmani che vivono accanto a noi. E abbiamo la percezione che i musulmani siano qualcosa di lontano e incomprensibile e che i musulmani siano l'Isis che sgozza le persone. E pensiamo che i musulmani oggi sono separati ma che, chiamati a reagire, potrebbero coalizzarsi contro di noi e arrivare a gesti simili tra noi. Non è la verità. Ma è la percezione che la gente ha. E la percezione di un fatto anche se non reale produce fatti reali. 
Racconta Pino Gulia, provando a riportare quello che emerge quell'osservatorio quotidiano di vita reale che è il Patronato.
E simmetricamente, Fatma:
Noi come musulmani viviamo con la paura tutti i giorni. Siamo venuti per cercare di cambiare vita. Per cercare cambiamento. Per respirare altra aria. Anche per l'aspetto economico, ma non solo per quello. Lavoro con le ACLI. Ho il velo. L'ho messo per mia scelta. 3 anni fa.Io sono qui dal 98. Ho studiato. Lavoro con le Acli. Cosa ho fatto di male?Non siamo venuti per distruggere. Nè per autodistruggerci. Ma oggi viviamo nel terrore. Per le cose che vediamo in tv. Perché sentiamo sulla pelle che noi siamo assimilati a loro. Ma noi non c'entriamo niente.
Quel lavoro con le Acli (e non "lavoro alle Acli") sarebbe una pista da esplorare. Perché in quel "con" c'è già una forma di convivenza possibile, dentro casa nostra. Una convivenza molto pratica e pragmatica. Non strutturata. Non teorizzata e non pensata. Ma oggi non sono pochissimi i musulmani che vivono e animano e incontrano la nostra associazione. Come lavoratori, come persone coinvolte nelle attività. Come soci, forse, anche se non ne abbiamo contezza. E da questo è sicuramente nata una conoscenza e una pratica di soluzioni alle mille difficoltà.

Sono italiano, sardo, musulmano, marocchino. Sposato con una cristiana.
Dice Mohammed che nel presentarsi ha già fatto l'intervento.
Come nei matrimoni e nelle coppie miste. Dal 1999 al 2008 (ultimo periodo con dati disponibili) il 52% dei matrimoni interreligiosi in Italia sono stati matrimoni tra cristiani e musulmani. Ma la "burocrazia religiosa" di entrambe le religioni è talmente complicata che si stima che le convivenze e i matrimoni civili siano almeno il doppio. E non ci sono dati su questo. Ma è un peccato perché il dialogo (facile o difficile, possibile o impossibile) inizia in famiglia, ricorda Sara Braga. La richiesta di estrema cautela (espressa dalla burocrazia ma anche dai pronunciamenti e documenti ufficiali di entrambe le religioni) finisce per essere un invito (implicito e non voluto) alla rinuncia alla appartenenza alla propria comunità religiosa. E il tema del lasciar sole le famiglie nell'affrontare le fatiche mi pare molto interessante anche nell'ottica dei Sinodo della Famiglia e dell'Anno Santo della Misericordia.
Sono 17 anni che vado in giro a parlare di queste cose. Da 17 anni sento sempre le stesse domande. Ma di recente trovo una certa resistenza. Trovo una crisi di credibilità. Il terrorismo ha reso il mio compito più difficile. La mia posizione più in-credibile. (Adnane Mokrani) 
Il tema è quello della rappresentazione dell'Islam e della legittima rappresentanza dell'Islam. Chi può parlare a nome dell'Islam? Chi può rivendicare di essere "il vero musulmano"? Non è una novità nella storia l'uso della violenza, sottolineano sia Allievi che Mokrani. La violenza è sempre stata presente e non solo nel mondo musulmano. Ma l'ISIS oggi fa un uso propagandistico e competente. Si appropria del mondo islamico rivendicando di esserne rappresentante. A partire dal nome "Stato Islamico". Ed obbliga il "musulmano pacifico" a distinguersi aggiungendo la qualifica di moderato. Come se comunque fosse "meno vero musulmano", perché già contaminato dall'occidente.
Noi cittadini (vecchi e nuovi) europei, noi credenti (cristiani e musulmani), siamo stretti assieme nella morsa della paura e dei fondamentalismi. Da un lato c'è il fondamentalismo del terrorismo, dall'altro un populismo europeo che cerca di approfittare della situazione con un fondamentalismo simmetrico. E nel mezzo ci siamo noi. Con le nostre paure. Compresa quella paura di perdere la propria anima ed i propri valori, in caso di apertura e dialogo con l'altro. Ma mentre ci si arrocca in chiusure identitarie i fondamentalismi di entrambe le parti stanno già deprivandoci dell'anima e dei nostri valori, dai diritti alla capacità di solidarietà a molto altro.
Per uscire dalla situazione c'è da tentare una narrazione diversa, da avviare nuovi processi.
I musulmani non possono dire "non c'entro" con l'Isis. Così come la riflessione di sinistra degli anni 70 non poteva dire di non c'entrare con le Brigate Rosse. (Stefano Allievi) 


Le BR sono state vinte quando a sinistra si è smesso di dire che erano solo infiltrati fascisti. Si è smesso di dire solo "sono compagni che sbagliano". E si è detto "sono assassini". Sono state vinte anche con la repressione ma anche anche con una battaglia interna.La battaglia con Isis sarà con la repressione ma sarà anche all'interno del mondo musulmano. (Stefano Allievi) 

Una rete di centri di studio islamici per elaborare una teologia islamica europea. Un Islam europeo che serve all'unità (nel pluralismo) di questo continente. (Adnane Mokrani) 

L'Islam si presta ad essere l'oggetto transizionale per un'Europa alle prese con una trasformazione che non sa né comprendere né trattare. Questo è un problema, una opportunità ed una responsabilità. Per le istituzioni e la politica, in primo luogo. Ma anche per le comunità come luoghi di convivenza civile. E per le comunità religiose (cristiane e musulmane). La transizione è già in atto. La pluralità è già presente. E ci trasforma tutti. Possiamo arroccarci in chiusure difensive reciproche cercando di difenderci. Possiamo affrontare i problemi (reali) e gestire i conflitti (reali) prendendo decisioni e costruendo soluzioni. Sapendo che il tempo e l'incontro con l'altro modifica noi e l'altro. E nulla resta fermo come è.

Ma il cosa nascerà dalla trasformazione non è già scritto. E' da costruire.

(Post pubblicato su vinonuovo  .

Sull'incontro Islam, Europa. Un'occasione per comprendere e per discernere si possono approfondire anche altre piste di lettura attraversoi materiali preparatori e il pezzo di Fabio Pipinato su Unimondo)


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