La memoria dei padri è un atto di giustizia



Che senso ha far memoria dei nostri morti? La memoria non esiste in sé. Dipende dalle domande che noi rivolgiamo. Dipende dal luogo (le Acli) dalla fase (la crisi). 
La storia non esiste in sé. Dipende dagli eventi. Lo ripeteva Pietro Scoppola. L'importante sono le domande che poniamo alla memoria e alla storia. (Giovanni Bianchi) 

Ecco, parto da qui. Perché fare memoria? 

"I nostri morti" Fare memoria, oggi, in Acli, di Arturo significa porsi all'interno di un noi. 
"Per Arturo le Acli non sono state un luogo di lavoro. Sono state una famiglia" ha detto oggi Cesarina. 
Papa Francesco ricordando Martini ha detto "La memoria dei padri è un atto di giustizia". 

Una famiglia. I padri.... 

Su quali gambe si è mossa, nella quotidianità, la democrazia nel dopo guerra? Sulla figura del militante. 
Il militante aveva ideologie diversa. Ma sotto sotto aveva una stessa ideologia: lavorava per una società migliore. Per sé o per i nipoti. Non cercava il risultato oggi. Non cercava visibilità. (Giovanni Bianchi)

Il militante

Bello. E appassionante. Non cercare visibilità. Lavorare per una società migliore. Lo capisco. Mi piace. C'è sicuramente una chiave in questo ma... 

Nessuno di noi allora era senza rete. Nessuno era veramente solo. Nessuno era privo di una prospettiva. Magari fallace. Come quella che seguimmo con Labor che fu sconfitta. Ma, al contrario di oggi, anche dopo la sconfitta, nessuno era veramente solo. Le reti non servivano tanto a proteggere. Servivano a dare prospettive. (Luigi Covatta) 

La domanda che pongo alla storia e alla memoria oggi è questa. Come essere  (e proporre di essere) militanti? Come lavorare (e cercare gente che lavora) a lungo termine, oggi, senza reti? Senza prospettive?  

L'appartenenza ideologica è stata per molto tempo la chiave della partecipazione. Oggi non è più così.  
E' un male, perchè siamo più soli. Ma forse è anche un bene, perché le appartenenze ideologiche potevano essere a volte anche solo illusioni di prospettive. Effetti di luce. Riflessi senza profondità. E le militanze ideologiche vivevano di omogeneità. Cioè tendevano ad escludere "gli altri". E contrapponevano. 

Allora,  forse la chiave può essere il cercare di costruire (vivere, mobilitare) una partecipazione basata su una appartenenza trasversale, l'appartenenza ad una comunità. Comunità come luogo delle differenze. Che non parte da prospettive condivise date. Ma che cerca insieme di costruire prospettive comuni. Magari parziali, frammentate, meno assolute di quelle di un tempo. Ma in grado di offrire l'alternativa alla solitudine. Magari meno a lungo termine di quelle di un tempo. Ma comunque con uno sguardo in avanti. 

Il nostro è tempo precario, si sa. Non abbiamo contratti a tempo indeterminato nemmeno con le prospettive e le idee. 

Ma un buon rapporto di collaborazione a progetto con un impegno ed un sogno forse non è poi così male. Non è una idea Eurostar. Che con un colpo solo in 3 ore ci porta da Roma a Milano. E' una idea treno locale. Che è un po' sporca, si ferma, per arrivare da qui a lì hai 3 cambi e un po' di attesa. Ma può funzionare... ed il viaggio può essere avvincente. 

(il groppo alla gola resta. Così come la sensazione di scarto. Come quella che dicevo nelle prime righe di questo post http://rendicontare.blogspot.it/2014/01/attendendo-laurora.html )




    L'Azione sociale delle Acli nelle Comunità di base - Giovanni Bersani - 1956

      Giovanni Bersani è MCL. Quando ho trovato questo testo (che è parte di un numero speciale di Quaderni di Azione Sociale che raccoglieva tu...