La crisi della politica si è delineata come crisi della leadership


Il libro Politica ed Economia di Benedetta Zorzi e Natale Brescianini l'ho scoperto perché era tra le segnalazioni di Marco Bonarini su BeneComune.net e mi ha incuriosito per cui l'ho comprato (online) e letto (da cellulare). Cioè... non posso dire sia stata una meditazione profonda ma...si fa con ciò che c'è, come si può... 

Non è compresa nel libro, ma parto da una frase di Etty Hillesum "Occorre esercitarsi una vita intera per capire che, se si accetta una visione della vita, bisogna anche viverla; questa è probabilmente l'unica possibilità di ottenere un senso di armonia". 


E' una frase che mi aiuta a coltivare la speranza. Perché in fondo dice che il senso di disarmonia che proviamo segnala che non ci siamo ancora persi del tutto. Perché continuiamo ad avere in mente una visione di vita, e non abbiamo ancora mutato visione solo per assecondare ciò che viviamo e tacitare la disarmonia. 



Ma c'è da capire se quello che proviamo è un disagio che ci muove alla ricerca dell'armonia e dell'unità (monaco viene dal greco "uno" si interpreta come qualcuno che vive da solo, mentre è qualcuno che cerca di ricomporsi in un'unitarietà) o se è qualcosa in cui in fondo ci crogioliamo. Cioè (secondo il libro) se è  accidia. Parola assolutamente fuori moda. Ma che il libro riprende come il male che affligge in particolare la nostra epoca. Ritroviamo in questo l'eredità di questo antico male del deserto di annuì di Pascal, di angoscia di Kierkegaard e di nausee di Sartre. E' il disagio proprio dell'essere umano in quanto tale, togliendo Dio dal suo orizzonte viene risucchiato nell'abisso del nonsenso e del nulla. Quell'accidia che Dante sembra ritenere che sia persino un "vizio per difetto di ira". 

E' interessante,  perché anche al disagio e alla disarmonia (problema interiore) e all'ingiustizia (problema sociale) si finisce per assuefarsi. Oppure si può  reagire.


Il libro sottolinea che:  Lo sdegno etico è importante. Significa non essere indifferenti e provare a reagire con estremo interesse al fatto che il bene e la giustizia non siano realizzati. Lo sdegno etico fa parte della sana funzione dell'irascibile. 


Ma subito dopo specifica. Bisogna distinguere tra forza e violenza. La forza è il valore dell'essere (è infatti una virtù, anche etimologicamente) mentre la violenza è abuso della forza. L'unica forza che può opporsi alla violenza è la forza della giustizia. Alla violenza non può opporsi un eccesso di natura identica anche se contraria. Nè può opporsi la codardia. 


E quindi si torna alla nonviolenza. Non come qualcosa relegato solo al mondo dei conflitti violenti lontani da noi. Ma come qualcosa (in questo caso nell'elaborazione di Lanza del Vasto) di estremamente connesso con la politica e con la carità cristiana. 


Poiché nessuno possiede la verità, la rabbia di avere ragione rischia di diventare una passione forsennata e ci convince che il nemico è solo cattivo invece bisogna ammettere il bene che è in lui e il male che è in me, ma anche distinguere tra pretendere che una causa sia assolutamente buona perché mia e farla mia perché buona. Quindi nei conflitti bisogna sapersi chiedere quale sia la nostra parte di torto. 


Credo che tutto questo sia già di per sé interessante. Come cammino da percorrere per ogni persona che aspira ad essere in equilibrio e in armonia.  Ma il libro fa una passaggio ulteriore. Declina tutto questo come essenziale per esercitare la leadership. Specie la leadership politica. 


Ora et labora. La parola più importante è la congiunzione "et". Dice il libro. Perché il punto è quella capacità di riunificare e tenere assieme. Anche nella società. La crisi (dicono gli autori) sta anche nel fatto che viviamo una sorta di frattura fra tre dimensioni: abbiamo relegato la spiritualità alla sfera privata, il sociale al terzo settore e a coloro che non rientrano nel mercato e abbiamo lasciato il mercato abbandonato alle leggi della finanza che si allontana sempre di più da un'economia reale. 


La crisi della politica si è delineata come crisi della leadership, intesa come capacità di mettere in atto azioni e comportamenti in vista del raggiungimento di un obiettivo comune. Crisi generata solo in seconda istanza dall'assenza di personalità carismatiche, in primo luogo è una crisi di spiritualità. Il carisma, infatti, è l'effetto non la causa di una leadership efficace. Il capitale spirituale di cui si ha bisogno deve essere tesaurizzato tramite un lavoro interiore che formi la personalità politica.  



Quasi paradossale quando (ed è il tema di tutto l'ultimo numero di BeneComune.net) si tende ad interpretare la crisi come legata ai partiti e la leadership come il tentativo di soluzione. La storia del 900 si specchia nella storia dei partiti. Grandi obiettivi, grandi masse, grandi partiti. Ma ora progettare grandi mete non si addice ad un pensiero debole. Debole. Ecco, appunto: obiettivi deboli, masse indebolite, partiti debolmente organizzati. La scorciatoia diventa la figura del leader che in sé sussume le idee del partito e l'atteggiamento verso la politica nazionale. Il leader sa anche mobilitare la base, serviranno ancora le sezioni di partito? Scrive Roberto Rossini nell'introduzione. 

E qui mi pare si aprano due questioni: cosa è spiritualità. Cosa è politica. 

Definire la spiritualità è complesso. Nel libro ci sono molte piste di riflessione rispetto a questo. Ma in qualche modo mi pare utile scegliere quella in cui si dice che Non si intende far divenire tutti i dirigenti persone devote. E una persona si può definire spirituale quando diventa capace di carità, ovvero di una giusta relazione con sé e con il prossimo. E una città sarà giusta quando ciascuna delle componenti da cui è composta svolge il compito che le spetta e Ognuno di noi sarà giusto e compirà il proprio dovere quando ciascuna delle facoltà insite in lui svolgerà la propria funzione. (Platone). 

Fino a due secoli fa la facoltà di Economia e Commercio non esisteva, l'economia era studiata all'interno della Filosofia Morale e l'Economia era Economia Politica e fino ad un certo punto i grandi economisti erano filosofi. Abbiamo perso il quadro di riferimento. la cornice entro cui porre tutte le nostre attività. 

La politica è chiamata ad incarnare la spiritualità in cose concrete: strutture comunitarie e relazioni sociali. Politici che non coltivino in sé stessi atteggiamento di rispetto, fraternità, collaborazione per la ricerca del bene comune destineranno la società alla sterilità. 

C'è bisogno di persone in grado di intravedere e di realizzare nuove qualità umane e comunitarie, nuove dimensioni relazionali, affinché nella storia di oggi e di domani si possa incarnare un nuovo sviluppo, forse ancora inedito ma possibile, del regno di Dio. 




L'Azione sociale delle Acli nelle Comunità di base - Giovanni Bersani - 1956

  Giovanni Bersani è MCL. Quando ho trovato questo testo (che è parte di un numero speciale di Quaderni di Azione Sociale che raccoglieva tu...