Condivido alcune riflessioni e uno schema di sintesi di Vittorio Villa sulla storia delle Acli. Fatto in questi giorni sollecitato dai vari interventi di "Compleanno". Vittorio Villa come è noto è mio padre. Anzi, per dirla meglio, io sono sua figlia.
Io e mio padre siamo persone diverse. Abbiamo avuto esperienze diverse in fasi diverse. E molte volte non abbiamo avuto la stessa idea o lettura delle cose. Anche se a volte per similitudine a volte per reazione molto di ciò che sono viene pure da lì.
Comunque metto il suo contributo qui non perché è mio padre. Ma perché è uno che prima ha fatto l'operaio (il tornitore) e poi per tutto il resto della vita delle Acli. Acli che ha sempre vissuto e che continua a vivere in libertà e con passione.
E perché credo negli spazi di dibattito e nel confronto.
Alcune sue riflessioni a partire dall'intervento di Giovanni Bianchi:
Ø condivido il senso, l’importanza dell’autonomia, le possibilità delle Acli di continuare a volare e le esigenze di rielaborare gli obiettivi ed il modo di essere delle Acli
Ø ho l’impressione che l’interpretazione delle dinamiche delle Acli contenga delle inesattezze:
- il percorso di preparazione della loro costituzione è stato parallelo e non successivo a quello che è sfociato nella sottoscrizione del “Patto di unità sindacale” al quale hanno aderito in quanto associazioni cristiane dei lavoratori italiani ed hanno partecipato contemporaneamente alla partecipazione attiva alla vita della Chiesa, come dimostrano: il sostegno alla costituzione dei Circoli territoriali (che la CGIL non aveva), l’impegno per l’elezione di parlamentari ed amministratori collegati alle Acli e la costituzione del Patronato Acli che entrava di fatto in Concorrenza con quello della CGIL unitaria);
- sia un po' autogiustificatoria (rispetto all’impegno nella terza componente della Sinistra Acli), e rischi di essere semplicistica (un po’ come il riferimento alla lettura di Guerra e Pace). Nel senso che mi pare azzardato sostenere che è stata giusta la richiesta di autonomia anche dalla Chiesa; ricordo infatti l’insegnamento di Alessandro Buttè (che considero il più autorevole dirigente delle Acli milanesi) che spiegava che “in politica, come nella musica, se si sbagliano i tempi si sbaglia tutto”. E pensiamo alle pesantissime conseguenze che il ritiro del consenso ecclesiale, degli assistenti e dei contributi economici ha avuto sulle possibilità delle Acli di portare avanti il grande impegno formativo ed educativo e l’incisività dell’azione sociale e politica che avevano messo in campo negli anni ‘50 e ’60;. Nonostante lo straordinario impegno di Pio Parisi inoltre, non ho visto “il forte radicamento ecclesiale delle Acli” e per me il ritorno in piazza S Pietro con il “Papa polacco” non è stata una richiesta di “perdono” ma neppure una prova di vitalità.
Le Acli sono nate il 28 agosto 1944, mentre metà del Paese era ancora impegnata nella guerra contro l’esercito tedesco che, dopo l’armistizio del 1943, aveva occupato il Paese, per concretizzare il desiderio di partecipare alla ricostruzione del Paese dopo le distruzioni materiali e morali della guerra e le limitate possibilità dei cittadini e delle loro organizzazioni di partecipare all’organizzazione della vita del Paese.
La denominazione di Associazioni Cristiane
dei Lavoratori Italiani manifesta la consapevolezza della complessità:
- Del duplice riferimento alla Chiesa ed alla costituenda Confederazione Generale Italiana del Lavoro, formata dalle correnti socialista, comunista e cristiana,
- dell’importanza dell’unità sindacale per rispondere ai bisogni del Paese e realizzare gli obiettivi della libertà, della giustizia e del progresso economico e sociale;
- delle difficoltà che derivavano dai diversi riferimenti ideali e politici e dalle diffidenze e resistenze all’unità sindacale che esse alimentavano.
Il riconoscimento della complessità della
realtà e le possibilità di partecipare ai lavori della Costituente ed alla
formulazione delle scelte del Governo di unità nazionale e delle
Amministrazioni Locali, hanno di fatto contribuito a gestire le difficoltà, ad
accrescere le adesioni, grazie alla costituzione di Circoli territoriali ed a
sviluppare l’azione sindacale.
Le difficoltà dell’esperienza unitaria sono
cresciute a seguito dei mutati assetti internazionali, della guerra fredda tra
il blocco dei Paesi occidentali e quelli orientali, come hanno evidenziato:
- i toni dialettici del Congresso della CGIL del 1947, in merito al riconoscimento del Patronato Acli da parte del Ministro degli Interni, che è comunque stato accettato, grazie al realismo del Segretario Generale Giuseppe Di Vittorio;
- l’acuirsi delle difficoltà dopo la scissione del PSI e l’estromissione dei Comunisti dal Governo di unità nazionale, che sono esplose nel 1948, a seguito degli scioperi proclamati dopo l’attentato a Togliatti e sono formalizzate dai risultati del Congresso straordinario delle Acli che, grazie al sostegno dell’assistente nazionale Mons. Civardi, ha approvato ad ampia maggioranza la tesi di invitare i lavoratori cristiani a costituire un sindacato libero e democratico, che prevale sulle tesi di continuare, seppure in modo più dialettico, la partecipazione alla CGIL e di ricostituire il sindacato cristiano che si era organizzato all’inizio del secolo ed era stato disciolto dal Governo fascista.
La scelta del Papa Pio XII di
autorizzare la costituzione di un sindacato libero e democratico a fianco e non
in sostituzione delle Acli, confermava la loro complessità e le obbligava a
ridefinire gli obiettivi, il modello organizzativo che ha portato, nel 1953, a
ribadire la fedeltà ai lavoratori, alla democrazia ed alla Chiesa ed a
specificare il ruolo di Movimento dei Lavoratori Cristiani con finalità
educative, di azione sociale e di organizzazione di servizi per i lavoratori e
le loro famiglie.
L’esperienza della partecipazione alla CGIL
unitaria ha accentuato le sensibilità
politiche delle Acli e le ha arricchite della possibilità di organizzare
le attività avvalendosi delle conoscenze e delle relazioni sviluppate dai Servizi e dalle Imprese a finalità
sociale che, nelle società complesse, sono
ancora più importanti per rispondere ai bisogni dei cittadini e per
adeguare i programmi di attività alle mutate caratteristiche delle dinamiche
sociali.
Gli sviluppi dell’esperienza delle Acli
hanno confermato la delicatezza delle scelte politiche, la convivenza delle
potenzialità e delle limitate capacità delle Acli di rinnovare i loro programmi
di attività e l’importanza fondamentale:
- della formazione degli associati alla partecipazione attiva alla vita della società;
- dell’adeguamento dell’organizzazione e dei programmi di attività alle esigenze connesse alla complessità ed al dinamismo della realtà
- dello sviluppo delle sensibilità e capacità imprenditive, che sono sempre più determinanti per contribuire allo sviluppo economico e sociale, alla valorizzazione delle attività di volontariato ed alla sussidiarietà tra i servizi pubblici e sociali.
Il futuro delle ACLI è legato alle loro
capacità di tenere il passo delle trasformazioni in atto nel Paese, di
formulare proposte innovative, di sviluppare relazioni, ricercare convergenze e
definire sinergie progettuali con altre organizzazioni e di organizzare
attività che favoriscano la partecipazione attiva alla vita della società e
della Chiesa, con specifiche attenzioni alla formazione, all’orientamento ed
all’organizzazione degli impegni lavorativi, delle politiche sociali, della
promozione della pace, del rispetto
della natura e della valorizzazione dei beni ambientali.