Le Acli all'estero sono una risorsa o un peso?

Intervento in Assemblea Fai - marzo 2013 
Nettamente una risorsa. Anche perchè rendono più visibili i nodi che sono presenti in Italia. L'estero non è altro. Non funziona il noi/voi perchè il noi/voi presuppone il mettere la responsabilità e il potere solo da una parte. E perchè presuppone che le dinamiche siano diverse. In realtà tutti abbiamo potere, tutti abbiamo responsabilità e le dinamiche che ci attraversano sono le stesse. Nel bene e nel male. Quello che è diverso sono le dimensioni (il che ovviamente ha conseguenze non indifferenti) e le fasi storiche in cui le dinamiche si presentano (e l'estero è in una fase più avanzata).
Ma quali sono le dinamiche mi pare sia chiaro. Erano nodi presenti nel programma di elezione del presidente e di questa presidenza.
Essere associazione popolare. Che tradotto in altri termini significa che vogliamo interrogarci su quali persone aggreghiamo, quali non aggreghiamo, come interloquire con loro e cosa proporre. Questo vale per l'Italia e vale per l'estero. Non è un problema solo degli uni o solo degli altri.
Non ci si può chiedere di sdoppiarci o di rinnegare noi stessi ("Io sono io quando faccio il Patronato e quando faccio le Acli"). Che tradotto in altri linguaggi è il tema che citiamo sempre dell'integrazione di sistema. Che significa pensare ai modelli con cui agiamo e con cui ci organizziamo. Con l'attenzione a non negare le specificità (che esistono e sono importanti), con il tentativo di non perdere il valore dell'essere sistema, ma anche con la consapevolezza che ci diceva Rita e cioè che i modelli organizzativi che non funzionano portano il loro disagio nella vita delle persone che ci vivono e lavorano.
C'è Enaip che è in crisi e fa fatica, dicevano tutti gli svizzeri intervenuti. Che significa sapere che non è solo l'Enaip. Ma in generale abbiamo un problema di capire se siamo oggi sostenibili (e probabilmente non lo siamo) e come facciamo a tornare ad esserlo. In Italia e all'estero. Ed è il tema di cui (per le Acli in Italia) si occupa nello specifico Mariotto (ma che è responsabilità ovviamente dell'intera presidenza e in particolare del Presidente). 
Però, per tornare allo specifico Fai, io non credo che partiamo oggi dal punto zero. Nei documenti del passato recente a me pare che le linee ci fossero. La linea di Acli all'estero che siano radicate nelle realtà locali (e non solo sempre strabiche sull'Italia), la linea di Acli all'estero che tengano strettamente assieme Acli e Patronato (perché all'estero non è possibile scindere le due senza annientare una delle due), la linea di Acli che si relazionano con le nuove migrazioni italiane nel mondo. C'era già tutto.
Quello che finora non siamo riusciti a fare è tradurre quelle parole e linee in fatti e azioni. Però dobbiamo sapere che scegliere queste linee non è indolore. Significa anche sapere che bisogna prendere delle scelte e pagare dei prezzi e fare dei sacrifici. Il cambiamento non è indolore e non è gratis. Se lo scegliamo dobbiamo saperne portare le conseguenze.
Adesso penso che o sfruttiamo l'elemento di novità che c'è nell'elezione di Gianni Bottalico e quindi ripartiamo di slancio da lì per mettere in pratica le linee. Oppure ci ritroviamo tra 4 anni qui di nuovo a dirci le stesse cose. Più vecchi, più impoveriti, meno rappresentativi. E la linea che perseguiremo a quel punto sarà solo quella del lento deperimento, fisico e associativo.

Per una ricostruzione aclista del decennio 1969-1979 - Domenico Rosati

Per una ricostruzione aclista del decennio 1969-1979  Domenico Rosati  1. Far riaffiorare le informazioni sommerse Cade quest’anno il X anni...